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Politica

EUROPA/2 LA POSTA IN PALIO

GIUSEPPE ADAMOLI - 24/05/2019

europaFino al 2014 le elezioni europee erano generalmente viste come dei test molto importanti sullo stato di salute delle forze politiche che si combattevano nei vari Paesi dell’Unione. Considerarle ancora oggi in questo modo sarebbe un tremendo errore.

Purtroppo, però, anche da noi il dibattito si è svolto in modo confuso sui temi prevalentemente interni per responsabilità di diversi partiti (non di tutti) ma anche della stampa scritta e parlata. I conflitti dentro il governo, in parte veri e in parte sceneggiati, hanno oscurato il quadro e il tema più dibattuto è stato se cadrà oppure no il governo dopo il 26 maggio. Non voglio entrare in questo merito perché cadrei nel tranello teso da chi si occupa solo di questo.

La scelta europea davanti a noi è nitida. Vogliamo andare verso una maggiore integrazione in politica estera, economica, fiscale, sociale, del lavoro? Oppure ci mettiamo sulla strada dell’indebolimento della funzione europea e della sua lenta involuzione regressiva?

Che questo secondo ed infausto sbocco non sia un allarme infondato lo dimostra la Brexit festeggiata dai sovranisti in varie parti d’Europa e lo dimostra anche il progressivo distacco dell’America di Trump che ha incoraggiato altri Paesi a seguire l’esempio britannico.

Bisogna essere netti su un punto cruciale del dibattito in corso. L’obiezione più solida verso l’Europa è che avrebbe potuto e dovuto attuare politiche di minore austerità e risolvere meglio il caso Grecia. Vero, e il margine di miglioramento è alto, ma una cosa appare però chiarissima: le istituzioni e i vincoli europei sono stati provvidenziali per l’Italia ed è impossibile ipotizzare che le cose sarebbero andate meglio senza l’Ue. Perfino della stessa Grecia, oggi fuori dal tunnel, cosa ne sarebbe stato senza le briglie europee seppure eccessive?

Fatta la scelta pro Europa, si discuta su come farla avanzare e funzionare meglio. Come dare più forza al Parlamento europeo? Come superare il vincolo dell’unanimità di tutti i governi nazionali per le decisioni importanti che è stata la pietra al collo dell’Unione? Si può attuare un ridisegno del sistema di governance con la revisione dei Trattati dopo la bocciatura francese e olandese della Costituzione europea?

E ancora, come realizzare una politica di Difesa comune? Si può immaginare un breve servizio civile per i giovani per far crescere il sentimento europeo e favorire l’apprendimento di linguaggi comuni? Come migliorare il trattato di Dublino e metter in capo all’Europa la gestione delle migrazioni dall’Africa e dall’Asia? Se si discuterà di tutto ciò vorrà dire che avrà vinto il progetto della maggiore unità politica.

Dal Trattato di Roma ad oggi molti traguardi sono stati raggiunti che sembravano quasi impossibili. La politica democratica si fonda sul consenso popolare. Se il voto di fine settimana sarà inequivocabilmente europeista potranno arrivare presto delle ricadute che gradualmente cambieranno in meglio l’Europa.

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