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Attualità

SCONTRO EVITATO

SERGIO REDAELLI - 17/01/2020

papiRatzinger contro Bergoglio? Il papa emerito opposto al pontefice regnante? Un libro che in Italia nessuno ha ancora letto sembra mettere uno contro l’altro i due massimi inquilini del Vaticano. Lo ha scritto Benedetto XVI a quattro mani con il cardinale africano ultra-tradizionalista Robert Sarah e contiene affermazioni che sembrano un monito della Chiesa conservatrice al papa riformatore argentino: “Non posso tacere – scrive Ratzinger – il celibato dei sacerdoti è indispensabile e papa Francesco non permetta l’ordinazione sacerdotale dei diaconi sposati”. Anche nelle zone sperdute del pianeta – ci si chiede – dove mancano i preti e i fedeli non possono confessarsi, fare la comunione e ricevere l’unzione degli infermi?

Un avvertimento che evoca il fantasma dello scisma dopo le accuse di eresia dottrinale e la richiesta di dimissioni avanzate in passato dalla parte più integralista della Chiesa. Il libro s’intitola Dal profondo del nostro cuore, è pubblicato in Francia dall’editore Fayard e il giornale Le Figaro ne ha anticipato alcuni brani. Con effetti imprevisti. Dopo il clamore suscitato dalle indiscrezioni di stampa sull’imminente uscita del libro, Ratzinger – forse temendo di venire identificato come il capo dell’opposizione a Bergoglio – chiede di ritirare la firma. Lo fa attraverso il segretario George Gänswein: “Su indicazione del papa emerito ho chiesto al cardinale Robert Sarah di contattare gli editori del libro pregandoli di togliere il nome di Benedetto XVI come coautore”.

Pronta la smentita del porporato africano: “Affermo solennemente che Benedetto XVI sapeva che il nostro progetto avrebbe preso la forma di un libro. Abbiamo anzi scambiato le bozze delle correzioni”. Un contrasto imbarazzante e il quotidiano dei vescovi, Avvenire, si affretta a precisare che “la Chiesa non è divisa”. Alla fine, pare che il libro uscirà con la sola firma di Robert Sarah e che il contenuto non sarà toccato. Di certo godrà di una bella spinta pubblicitaria, che qualcuno insinua studiata a tavolino. Sta di fatto che per la seconda volta in pochi mesi il papa emerito – o il cardinale Sarah per lui – rompe l’“incondizionata obbedienza” che aveva promesso al futuro papa al momento della rinuncia.

Se un anno fa si trattava di “appunti” sulla pedofilia, questa volta il tema è il celibato dei sacerdoti, che non è un dogma ma una disciplina ecclesiastica. L’ipotesi dei preti sposati è emersa durante il Sinodo per l’Amazzonia convocato da Francesco in Vaticano il 26 ottobre 2019. Al momento non c’è nulla di definito. Il pontefice dovrà pronunciarsi sull’argomento tra poche settimane nell’esortazione post-sinodale, il documento che raccoglie le istanze dei padri per renderle magistero della Chiesa. Al momento fa testo ciò che Francesco ha avuto modo di dire in passato: “Penso che il celibato sia un dono per la Chiesa e non sono d’accordo di permettere il celibato opzionale. Qualche possibilità rimarrebbe nelle località più remote”.

Il testo approvato dai due terzi del sinodo (128 si, 41 no) suggerisce di “stabilire criteri e disposizioni per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, che abbiano un fecondo diaconato permanente e che ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia costituita e stabile”. Una proposta su cui Francesco sta riflettendo. “La Chiesa cattolica di rito orientale – spiega il suo portavoce Andrea Tornielli – prevede la possibilità di ordinare sacerdoti uomini sposati ed eccezioni sono state ammesse anche per la Chiesa latina proprio da Benedetto XVI nella Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, dedicata agli anglicani che chiedono la comunione con la Chiesa cattolica”.

L’atto promulgato dal papa tedesco prevede “di ammettere caso per caso all’Ordine Sacro del presbiterato anche uomini coniugati, secondo i criteri oggettivi approvati dalla Santa Sede. Sull’argomento – ricorda Tornielli – si è espresso anche papa Francesco che, da cardinale, disse di essere favorevole al mantenimento del celibato “con tutti i pro e i contro che comporta dopo dieci secoli di esperienze positive”. Benedetto XVI ha 92 anni e vive in carrozzella nel monastero Mater Ecclesiae all’interno delle mura vaticane. Nel libro, se non scritto quantomeno da lui condiviso, invita i fedeli a non lasciarsi impressionare da “cattive suppliche, spettacoli teatrali, diaboliche menzogne, errori di moda che vogliono svalutare il celibato sacerdotale”.

“La possibilità di ordinare uomini sposati – aggiunge – rappresenterebbe una catastrofe pastorale, una confusione ecclesiologica e un oscuramento della comprensione del sacerdozio”. Il suo timore (e quello dei tradizionalisti) è che la riforma possa uscire dai confini amazzonici e portare all’abolizione del celibato tout court nella prassi ecclesiale. Il coautore Robert Sarah, cardinale della Guinea e prefetto della Congregazione per il Culto divino, si è sempre dichiarato fedele al papa ma in questi anni ha assunto posizioni spesso divergenti, che Bergoglio in più di un’occasione ha corretto pubblicamente.

Professa “obbedienza filiale a papa Francesco” e “spirito d’amore per l’unità della Chiesa”. Scrive, d’accordo con il papa emerito, di volersi tenere lontano da manovre politiche, giochi di potere e manipolazioni ideologiche che fanno il gioco del diavolo. Ma i brani anticipati del libro hanno avuto l’effetto di una bomba. Benedetto XVI è l’alfiere di una Chiesa dottrinaria, dogmatica e clericale, una monarchia assoluta. La sua posizione sul celibato sacerdotale era già stata significativamente anticipata dal cardinale Camillo Ruini poche settimane fa sui giornali. Per Ratzinger il collasso morale della Chiesa è legato alla rivoluzione sessuale del ’68.

Per Francesco, invece, il problema sono gli abusi del clericalismo. E tra i due sono scintille. Nell’aprile scorso Ratzinger scrisse sulla rivista cattolica tedesca Klerusbatt che i casi di pedofilia e gli abusi sessuali all’interno della Chiesa sono dovuti alla laicizzazione del clero, negativamente influenzata dalla società civile. La risposta di Bergoglio fu di abolire il segreto pontificio che in passato aveva coperto denunce e insabbiamenti. Per il gesuita argentino la colpa dei reati commessi dai membri interni alla Chiesa non è da attribuire a cause esterne. Al contrario, la ricetta giusta è aprire il sacerdozio a nuove graduali opzioni innovative.

Il pontefice è per una casa comune che coinvolga nelle decisioni uomini, donne e laici, in dialogo con le altre chiese cristiane, ebrei, musulmani e aderenti ad altre religioni. A lui spetta guidare un miliardo e 300 milioni di cattolici e Benedetto XVI deve essersi reso conto che, al di là dei contenuti, il libro rischiava di suonare come un attacco alla leadership.

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