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Storia

IL MARTIRE CHE NON VALE UNA CAUSA

FRANCO GIANNANTONI - 06/04/2012

La lapide che ricorda l’eccidio di Borgo Ticino

Rimuovere dalla memoria, seppur durante il macchinoso percorso di un processo, un concittadino fucilato dai nazifascisti è un fatto che lascia amareggiati e perplessi. Per qualsiasi ragione la decisione venga assunta. Ma capita anche questo agli estremi confini nella ricca provincia dei “lumbard”.

Una decisione difficile da accettare quella della Giunta di centro-destra “Lega per la Libertà” del Comune di Sesto Calende retta dal sindaco dottor Marco Colombo che, in una lettera all’avvocato Chiara Belluzzi di Milano, incaricata in passato di seguire l’istruttoria processuale dell’eccidio di Borgo Ticino, ha comunicato che non si costituirà parte civile il 15 maggio prossimo al processo davanti al Tribunale Militare di Verona dove sarà giudicato in contumacia il sottotenente di vascello Ernst Wadenpfuhl di novantasette anni, dell’80° Reparto d’Assalto della Marina tedesca, coautore con il reparto del capitano Krumhar, della fucilazione, al cospetto della popolazione, di dodici ostaggi civili il 13 agosto 1944 in una delle più efferate stragi del tempo dell’occupazione.

Quel giorno per rappresaglia fu rastrellato fra le vie della cittadina piemontese, in festa per la giornata domenicale, il gruppo delle vittime del tutto innocenti, estraneo all’attacco partigiano che aveva al mattino ferito quattro militari germanici. Erano giovanotti che stavano per partecipare ad una gara bocciofila al Circolo della locale Cooperativa.

Se undici dei fucilati erano di Borgo Ticino il cui Comune sarà presente regolarmente al processo rappresentato dall’avvocato Andrea Speranzoni dello Studio Giuseppe Giampaolo di Bologna, uno, Virgilio Tognoli di 28 anni era del Comune di Sesto Calende che ora ha inopinatamente compiuto un passo indietro, dopo essere stato rappresentato puntualmente al tempo della giunta di centro-sinistra, in tutte le fasi processuali.

“Siamo senza parole – hanno commentato le signore Giovanna e Maddalena Gazzetta, nipoti del caduto Giovanni Fanchini di Borgo Ticino – ma questo non ci impedirà di batterci nel processo in sua memoria. Noi vogliamo solo giustizia, non vendetta né denaro”

Nella lettera all’avvocato Chiara Belluzzi, nominata a suo tempo dalla giunta di centro-sinistra che sinora si era occupata della lunga fase istruttoria, il sindaco Colombo ha fatto sapere che il concreto sostegno alla battaglia legale di Sesto Calende, entrata nella fase decisiva, si deve considerare terminato.

“Ringraziandola per il lavoro svolto – ha scritto il primo cittadino – ritengo che questo Comune abbia mostrato sufficiente impegno e sensibilità rispetto alla vicenda dell’eccidio di Borgo Ticino (Novara) al fine di assicurare alla giustizia i presunti responsabili”.

Insomma, par di capire è giunto il momento di interrompere la collaborazione dopo aver fatto il dovuto. “Ora spetta alla giustizia – ha precisato il sindaco – fare il suo corso. Infatti per tale motivo ritengo che non sussistano i presupposti affinché questo Comune si costituisca parte civile nell’eventuale processo”.

Una lettera per molti aspetti sorprendente (quali siano i presupposti non si sa) che aveva preso le mosse da quella che il 9 gennaio scorso lo stesso avvocato Chiara Belluzzi aveva inviato al sindaco di Sesto Calende nella quale, dopo aver segnalato che uno degli imputati Ernst Wadenpfuhl era risultato vivente e che il 10 febbraio si sarebbe svolta davanti al GUP militare l’udienza preliminare (conclusa con il rinvio a giudizio dell’ex militare tedesco e con la fissazione della prima udienza il 15 maggio prossimo) faceva presente come fosse possibile a quel punto per il Comune “costituirsi parte civile anche ai soli fini di contribuire a raggiungere la verità storica e giudiziaria sull’eccidio” affiancandosi così ai familiari delle vittime. Un simile sbocco giudiziario era stato del resto già prospettato come percorribile nella delibera della precedente Giunta del 24 agosto 2008.

Ora la doccia fredda che lascia esterrefatti.

Fatti salvi beninteso i legittimi interessi dell’amministrazione di un Comune che voglia compiere un passo di questa natura, un Comune, occorre ricordarlo che ha offerto alla Resistenza e alla Liberazione del Paese un contributo significativo (basta riandare con la memoria, oltre alla fucilazione di un suo cittadino a Borgo Ticino, alle centinaia di operai della Savoia Marchetti che raggiunsero le bande partigiane dell’Ossola e della Valsesia per combattere e in molti casi purtroppo a lasciare la vita) è evidente che non si possa liquidare come un episodio meramente burocratico questa amarissima storia e occorra fare qualche breve considerazione.

La prima è come la Giunta di cui la Lega Nord è un elemento importante (ricordate il minaccioso Bossi d’antan: “andremo a stanare i fascisti di casa in casa”) possa passare sopra ad una ferita tanto dolorosa che ha segnato in profondità la storia cittadina ricca di virtù civiche. Costituirsi parte civile contro i nazifascisti, massacratori di inermi giovani, anche se uno solo come nel caso di Sesto Calende, è un atto dovuto, un dovere qualunque possano essere le ragioni addotte in senso contrario.

Seconda considerazione: sgombrato il campo, ci auguriamo, dal sospetto che l’ostacolo sia stato di natura finanziaria (si sarebbe potuto a quel punto chiamare la cittadinanza con un appello ad una sottoscrizione in difesa della memoria di quel giovane martire e del fatto che i nazifascisti della Marina tedesca. supportati da unità della Decima Mas con Ongarillo Ungarelli, mossero proprio da Sesto Calende “la marcia della morte” verso Borgo Ticino), la presenza della parte civile accanto al Pubblico Ministero, titolare con l’Ufficio della Procura della Repubblica dell’azione giudiziaria, ha sempre un alto significato morale oltre che giuridico. Dà forza all’atto di accusa, fa sentire viva la partecipazione delle collettività a quella lontana ma pur sempre, in quanto sinora impunita, tragedia. Così fu per la strage fascista di Bologna e per quella di Brescia per fare due esempi della recente storia repubblicana. I rispettivi Comuni furono in prima linea nel sostenere l’accusa e i familiari dei caduti.

Terza considerazione: il sindaco invoca come si è ricordato l’inesistenza di “presupposti” per compiere una scelta così grave. Qualunque essi siano, a nostro parere, appaiono insopportabili.

L’augurio è che ci sia ancora tempo per meditare e tornare sui propri passi.

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