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Editoriale

AMICO CARO

MASSIMO LODI - 14/05/2020

maniglioÈ morto d’improvviso questa mattina Maniglio Botti. Aveva 70 anni, ha fatto parte di RMFonline dalla fondazione. Alla moglie Laura, ai figli Lucia e Carlo, a tutti i familiari le nostre condoglianze. I funerali si svolgeranno lunedì 18 maggio alle 14 nella chiesa parrocchiale di Masnago.

Trentatré anni fa, proprio di maggio, ci stavamo dedicando alla biografia di Giovanni Bagaini, fondatore della ‘Prealpina’, il giornale dove Maniglio ed io avevamo trovato casa da ragazzi. Vi capitammo, a fare apprendistato, subito dopo la maturità classica, la nostra personale Liberazione: promossi con gioiosa sofferenza. Alle spalle, cinque anni di vita scolastica banco a banco, prima al ginnasio, poi al liceo. Studio faticoso d’alcune materie, appassionato di altre. Nell’intervallo successivo a un’incomprensibile lezione di matematica, venne naturale confidarci, aspirando il fumo delle Muratti Ambassador nei bagni del ‘Cairoli’: sarà molto meglio quando faremo i giornalisti. Avevamo già scelto il nostro destino, qualora il destino fosse stato d’accordo. Lo fu, chissà se per fortuna o no.

Bagaini era un mito. I vecchi del mestiere ce ne magnificavano l’impresa ardita, il talento editoriale, la nobiltà etica, lo stile da galantuomo. Decidemmo di documentarne la vita professionale per modellarvi la nostra. Nella prefazione del libro, Egidio Sterpa -uno dei luogotenenti di Montanelli al ‘Giornale’- rese onore al personaggio: Bagaini, annotò, ha messo una in fila all’altra parole che potrebbero far parte di un ‘breviario’ per gli allievi della scuola di giornalismo. Le parole, nell’editoriale di presentazione della ‘Cronaca Prealpina’ il 2 dicembre 1888, erano le seguenti: “Scrivere con sincerità e con serenità, evitare le polemiche astiose, non ingiuriare gli avversari, ricordare sempre che il giornale deve soprattutto servire gli interessi della patria e della città”.

Antiretorica semplicità, patria a parte. Ma alla fine dell’Ottocento la patria era cosa diversa dalla patria d’oggi. L’antiretorica semplicità rimaneva attuale. Fu la bussola che ci guidò, assieme ai consigli dei maestri del tempo, sul finire dei favolosi Sessanta: Lodi senior, Miglierina, Vedani, Morgione, benemeriti altri. Sovrintesero con regole inflessibili e spirito d’armonia alla ‘nouvelle vague’ arruolata per rinnovare il quotidiano e di cui furono primi militi gli ‘assaltatori’  Tresca e Spartà. Vicino a Maniglio (chiamato così a causa d’un errore dell’impiegato all’anagrafe di Gualdo Tadino, dov’era nato) condivisi il tanto che in un quotidiano di provincia si condivide: la cronaca nera, la giudiziaria, i resoconti delle vicende amministrative, gli eventi sociali, culturali, sportivi. Poi il resto, off records: partite a carte, scherzi birbanteschi, bicchierate in allegria. E il tifo per l’amatissima Juve, che ci consolava dai triboli più bui e c’imponeva l’appellativo di ‘fratello’.

Il nostro sodalizio è proseguito qui, a RMFonline. Fatti due conti, scoprimmo di recente che durava ormai da cinquantacinque anni e qualche mese. Senza mai un dissapore, un’incomprensione, uno screzio. Merito di ‘Mani’, delle doti rese disponibili con slancio generoso: saggezza, garbo, umiltà e un nascosto ribellismo (o fanciullesco disincanto). La sua arma segreta di giacobino mite. Si deve a questo spirito liberal l’elevazione del mestiere di giornalista a modo di vivere: l’umanità prima d’ogni altra cosa. Quella che tiene insieme cifra identitaria e comunione popolare, così che il mondo non sia una folla di solitudini amare. La lezione del Bagaini.

Ci siamo sentiti l’ultima volta lunedì scorso. Il mattino mi annunciò che avrebbe ritardato nel ‘passare’ alcuni pezzi: doveva andare in ospedale per un controllo al cuore. La sera gliel’inviai, ricevendoli corretti e titolati. Parlò di situazione stabile: respiro talvolta corto, specie al momento di coricarsi, ma i farmaci avrebbero rimediato al problema. Concluse: “Ciao con diffuso pessimismo’. Lo interpretai come un sentiment dovuto alla tragedia del coronavirus, argomento al centro dei nostri frequenti scambi di mail. Sbagliavo. Come ho sbagliato un sacco di volte.

Perdonami, amico fraterno, dolce, leale. Sono certo che il luogo dell’anima dove sei ora è lo stesso che, suggerito da te, prendemmo in prestito da Piero Chiara per introdurre al libro sul Bagaini: “La sensazione di quiete e di serenità che sentiamo tornando al nostro paese, standoci, coi piedi sulla terra dove riposano i nostri vecchi, con gli occhi verso l’orizzonte che ci è apparso per primo al mondo, è un regalo della nostra semplicità e naturalezza. Non altro”. Grazie per tutto quello che mi hai regalato. Che ci hai regalato.

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