Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Il Mohicano

L’ACCENTO SBAGLIATO

ROCCO CORDI' - 29/05/2020

Un comizio di Claudio Donelli

Un comizio di Claudio Donelli

Del clima generale in cui si svolsero le elezioni regionali del 1970 e della loro rilevanza politica ho scritto la settimana scorsa. In quest’articolo, invece, racconto di come l’ho vissuta personalmente. Quell’anno al rinnovo dei Consigli comunali e provinciali si aggiungeva, per la prima volta, il voto per la elezione dei Consigli delle Regioni a statuto ordinario.

Anche per me era la prima volta. Il Segretario provinciale del PCI, Claudio Donelli, mi chiamò nel suo ufficio e senza tanti preamboli mi disse: “Te la sentiresti di fare la campagna elettorale in Valcuvia?”. “Sì, posso provarci” risposi chiedendomi dove fosse la Valcuvia e come avrei fatto. Interrogativi più che legittimi per me che di Varese e del Varesotto conoscevo ben poco, nonostante l’intenso impegno politico cominciato fin dall’arrivo. Qui, infatti, ero giunto da poco meno di due anni, lasciandomi alle spalle 1.300 km. In più non avevo mai fatto comizi, ero sprovvisto di auto ed ero pure minorenne (allora la maggiore età si conquistava a 21 anni e a me mancavano ancora un bel po’ di mesi). Convincere gli altri a votare quando tu non puoi farlo è paradosso alquanto originale.

Perciò quel “sì” mi sembrava un po’ azzardato. Comunque non potevo concedermi dubbi o ripensamenti anche perché, da poco e quasi per caso, ero stato eletto Segretario provinciale della FGCI, l’organizzazione giovanile del partito. Il dado ormai era tratto. Non mi restava altro che pensare a come organizzarsi per superare la prova. La mia ancora di salvezza fu Sergio Lucchina. Un compagno con qualche anno più di me, ma di consolidata esperienza. Lui la “militanza” l’aveva cominciata poco più che bambino quando, a soli dodici anni, finita la scuola elementare, aveva iniziato a provare sulla propria pelle il duro lavoro di apprendista operaio in una piccola fabbrica di scarpe. Qui, grazie ai compagni di lavoro, più esperti apprendeva i primi rudimenti dell’impegno sindacale e politico. Dopo undici anni di fabbrica entra a far parte, con Annamaria Ossola e Ierina Dabalà, dell’apparato tecnico del partito. Per me, giovane e principiante, la troika divenne ben presto una fonte inesauribile di informazioni. A loro dei fatti e fatterelli che si consumavano nel bunker di viale Monterosa non sfuggiva mai nulla. Sergio accettò volentieri la richiesta del Segretario di farmi da guida nella mia prima prova elettorale. Lui conosceva bene l’organizzazione del partito e il territorio. Poter contare su di lui totalmente e scoprire la generosità e la dedizione con cui svolgeva il suo compito mi aiutò moltissimo e ben presto il rapporto politico si tramutò in una amicizia sincera che dura tuttora.

Con la sua “500 giardinetta blu’”, confidenzialmente detta “la macchina del partito”, mezzo sempre utilizzabile e adattabile alla bisogna, avremmo fatto il miracolo. In un battibaleno riusciva a trasformarla in una attrezzatissima macchina di propaganda. Trombe, microfono, manifesti, colla, volantini e quant’altro necessario veniva caricato nello spazioso vano posteriore dell’auto apribile da dietro. Il nostro tour elettorale si sarebbe svolto nel “ponte” di fine maggio, una settimana prima del voto. Con inizio giovedì 28, festa del Corpus Domini, e chiusura domenica 31 maggio.

Finalmente arriva il gran giorno. Pronti. C’è tutto? Sì, però prima diamo un’occhiata alla mappa così vedi dove ti porto. Da Varese prendiamo per la Valganna fino a Ghirla, poi giriamo per Cunardo e scendiamo per arrivare a Grantola. Qui almeno c’è una sezione di partito. È la nostra base operativa per raggiungere le altre mete: Brissago, Mesenzana, Ferrera, Cassano Valcuvia, Rancio, Masciago e Bedero Valcuvia. Bene, allora andiamo! la Valcuvia ci attende. Forse.

Durante il tragitto ripassavo gli argomenti da trattare nei comizi.

Donelli mi aveva suggerito di usare l’arma della “improvvisazione”. Parlare a braccio era sempre meglio che leggere. Ti consente di guardare in faccia chi hai davanti e rivolgerti a loro direttamente, come dialogando. Leggere un testo per quanto ci si metta d’impegno dà sempre l’impressione che stai spiegando la lezione, crea un rapporto più freddo, meglio evitarlo. Una buona scaletta è più che sufficiente per ricordare gli argomenti e non perdere il filo. Ovviamente anche la scaletta non era figlia dell’improvvisazione. All’inizio della campagna elettorale c’erano state delle “serate di formazione”. Bisognava saper rispondere a tutte le domande degli elettori: dall’importanza politica di quelle elezioni al come si vota, dagli effetti prodotti nel nostro territorio da uno sviluppo intensivo e distorto alle soluzioni praticabili da Comuni, Provincia e Regione. Al centro di ogni discorso devono starci le domande e i bisogni primari dei cittadini. E a tutti loro bisogna rivolgersi parlando di cose concrete e spiegando il programma del partito. Niente svolazzi ideologici, solo proposte concrete. Il programma elettorale era stato sintetizzato in sette pagine dense. Documento che ho ritrovato, ormai ingiallito dal tempo, insieme a tanti altri, in questi mesi di clausura forzata mentre cercavo di riordinare il mio archivio.

In prossimità dei Comuni da visitare attivavamo l’impianto voce. Con la macchina in movimento e a tutto volume partiva “Bandiera rossa” poi, sfumandola, toccava a me parlare per slogan brevi e sempre premettendo “cittadini di …”. Avvistato il cartello stradale di Grantola e dopo un brano dell’inno di partito cominciai la mia parte dicendo “Cittadini di Grantòla…”. Sergio frenò bruscamente e spense subito l’impianto, spiegandomi che avevo messo l’accento al posto sbagliato. Non capivo la gravità dell’errore. Mi spiegò il significato di tòla e facia de tòla e io ricominciai mettendo l’accento al posto giusto: Gràntola.

Il comizio più originale, indimenticabile, lo feci in piazza a Rancio Valcuvia. Eravamo soli, io e Sergio. Io parlavo come se la piazza fosse piena, lui davanti a me ascoltava compunto e pure generoso di applausi. Sì, qualcuno ci ha visti, ma ha subito e a passo svelto attraversato la piazza, dal lato opposto! Al termine del comizio, come da intesa iniziale, aspettavo il suo “voto”. Se la cavò con un conciso “…stai migliorando”. “Grazie, al prossimo cercherò di fare meglio”. Mentre stavamo riponendo in macchina il nostro armamentario si avvicinarono due persone. Strette di mano e presentazioni. “Ti abbiamo ascoltato da dentro il bar, sei stato bravo, davvero. Sai qui in paese non è facile fare i comunisti, ma noi lo siamo da sempre e, da iscritti, frequentiamo la sezione di Grantola. Non preoccuparti se non c’era nessuno. Puoi star certo che tanti hanno ascoltato lo stesso, anche se chiusi in casa”. Li avrei strangolati, invece risposi: “…almeno sono contento di aver conosciuto voi, spero che la prossima volta saremo in tanti fin dall’inizio”. Poi, tutti felici e contenti, andammo al bar di fronte dove i nostri timidi compagni ci offrirono da bere.

Prova generale riuscita! Almeno per me. Parlare in pubblico e tenere un microfono in mano, senza farlo oscillare, non sarebbe stato mai più un problema. Mi è mancato il diritto di voto, ma ho fatto tutto il possibile per farlo esercitare a tanti altri consapevolmente.

Ancora una settimana per conoscere l’esito delle elezioni. Lo stesso tempo del mio prossimo articolo.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login