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Urbi et Orbi

EX LIBRI

PAOLO CREMONESI - 10/07/2020

La libreria Campoquattro a Varese negli anni ‘70

La libreria Campoquattro a Varese negli anni ‘70

L’ultimo colpo l’ha dato l’emergenza Covid. Sessanta giorni di chiusura hanno fiaccato la già provata rete delle librerie romane.

Hanno chiuso i battenti due rivendite del gruppo Feltrinelli in via Vittorio Emanuele Orlando e in via San Giovanni da Palestrina. Ha chiuso Arion a piazza Cavour. Pochi mesi prima era stata la volta della libreria del Viaggiatore a via del Pellegrino: un posto dove trovavi l’inviato che si preparava ad un reportage accanto al laureando che sceglieva il posto per un viaggio post- tesi. Hanno chiuso librerie storiche come Croce a Corso Vittorio e Fanucci davanti al Senato. Bibli a Viale Fenaroli in Trastevere. E poi Zalib, Invito alla lettura, Amore e Psiche, Flexi, Fandango. E che dire delle catene Remainders?

Nessun settore è stato risparmiato: ragazzi, universitarie, storiche. Persino le librerie religiose che a Roma, capitale della cristianità, hanno sempre rappresentato uno zoccolo duro, accusano la crisi. Una passeggiata lungo via della Conciliazione offre una fotografia impietosa davanti ad Ancora o San Paolo: turisti ridotti al lumicino, locali semideserti.

A questa ecatombe da pure una mano la cronaca nera: la libreria Pecora Elettrica a Centocelle è stata data alle fiamme da ignoti lo scorso anno e non riaprirà.

Le cifre sono impietose: dal 2007 al 2017 a Roma 223 rivendite di libri hanno chiuso i battenti. Ed il futuro non può che essere nero.

“Ogni volta che una libreria cessa l’attività” commenta la scrittrice Nadia Terranova “ chiude anche una visione del mondo, giusta, sbagliata, nostra, antagonista. Si tratta di una galassia fatta di gente che lavora tantissimo, di solito contro tutti e di clienti che approdano in quelle stanze come naufraghi in un porto, persone che senza libri sarebbero più tristi”

Per molto tempo, durante gli anni del liceo, il mio approdo a Varese è stata la libreria Campoquattro in Via Albuzzi a pochi passi da San Vittore. Se chiudo gli occhi potrei ancora descrivere dov’era la sezione narrativa, la sociologia, la spiritualità. Dove si tenevano gli incontri e dove i resti di magazzino.

Per questo ogni libreria che chiude lascia una ferita difficile da rimarginare.

Che la categoria sia abbandonata poi è un dato di fatto. I gestori sono eroi quotidiani in lotta contro la grande concorrenza, la burocrazia, il cambiamento di abitudini.

Emblematica di questa solitudine è la storia di Claudio Madau, libraio di San Giovanni vicino all’ospedale. Si era inventato il ‘Dottor libro’ presentazione di volumi nei reparti del nosocomio e per questo addirittura insignito di una onorificenza dal Presidente Mattarella. Peccato che nel frattempo il suo negozio abbia chiuso i battenti.

“Un giorno“ mi racconta sconsolato un esercente “ti arriva il proprietario del locale minacciando l’aumento dell’affitto. Il giorno dopo giungono le tasse della nettezza urbana. E poi magari i vigili che ti contestano un espositore messo mezzo metro piu in là del dovuto”.

I colossi dell’on line intanto la fanno da padroni. Offrono sconti che un librario non può reggere (e che detto per inciso in Francia e Germania sono vietati), sventagliano pubblicità, ti portano il libro a casa. Certo non ti consigliano, non si sporcano le mani, non ‘ti parlano’. Ma in un paese dove il 32 per cento dei laureati ammette candidamente di non leggere nemmeno un libro all’anno, cosa si può pretendere ?

“Di ogni regione d’Italia” prosegue la Terranova“ potrei dire le librerie a memoria. So cosa ci ho comprato, che faccia hanno i librai, quanta fatica fanno e perché. Ne ho girate tante e ne vorrei girare ancora. Se un locale mi invita a fare la presentazione di un mio libro nel posto piu sperduto del Paese, seguo il mio primo istinto, prendo la valigia e vado”

Restano così le grandi catene. Feltrinelli, Mondadori. Simili a supermarket, rinunciano a quel rapporto quasi complice tra librario e cliente a favore di una maggior rapidità di acquisto e di una scelta più ampia.

“Siamo di fronte ad un mutamento antropologico” taglia corto Umberto Croppi, ex editore e recente Presidente di Federculture“ oggi chi compra un libro ha più di 50 anni. Gli altri, se ci sono, fanno tutto on line. E lo stesso fenomeno che accomuna libreria ad edicole”. Per questo il futuro è difficilmente decifrabile.

A proposito di edicole. Di ritorno da Varese colpisce che, in una città di 80mila e rotti abitanti, ci siano interi quartieri dove non è più possibile acquistare un giornale. Da piazza Monte Grappa a Casbeno, solo per citare alcuni esempi. Ne vogliamo parlare?

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