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Editoriale

OLTREZENECA

MASSIMO LODI - 16/04/2021

infernoIl Matteo giusto, quello dei Vangeli, testimonia le parole di Gesù: “Non affannatevi per il domani. Perché il domani avrà già le proprie inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena”. Cioè: va bene preoccuparsi, ma terrorizzarsi no. Ok al timore ragionevole, no alla paura esagerata. Ospitare il batticuore, tener chiuso alle extrasistole. Cenni fuori luogo nell’epoca dell’inquietudine popolare? Possibile che sì: quando stai facendo tuo malgrado la storia, incrociando l’avversa quotidianità, capita di dire cose sbagliate. Una più, una meno:  ecque qua.

Il dramma pandemico s’accompagna alla sciagura del pessimo comunicare. Istituzionale, scientifico, mediatico. Sorprendente, diffuso, fallimentare. L’ultimo stadio: anziché tener acceso il focus sul gran numero di morti giornaliere da Covid, e su quello degl’intubati nelle terapie intensive, s’evidenzia con rilievo ossessivo la cifra d’ultrarari casi di trombosi forse in relazione ad alcuni vaccini, Astrazeneca e Johnson&Johnson. Occhio all’avverbio: forse. Occhio alla percentuale dei casi: duecentoquaranta su trentaquattro milioni di punturati in Gran Bretagna, sei su nove milioni negli Stati Uniti d’America. Ma è ancora da dimostrare la relazione diretta.

Fatto salvo l’ovvio diritto a negarsi la fiala, non c’è gara (leggete qui accanto Guido Bonoldi, dottore di lunga esperienza e in prima linea a curare gl’infetti) tra i benefici dell’immunizzazione e qualche possibile effetto grave. Si tratta perciò d’un rischio ponderato che vale correre, sia pure in ambasce e di malavoglia. E allora: perché spargere sterminati dubbi, incurvire un Paese (il mondo dei Paesi) sotto il carico dello smarrimento ansioso, ignorare la portata lugubre -quasi centoventimila croci- della nostra catastrofe? Esiste nei centri di vaccinazione una struttura incaricata di valutare lo status della salute d’ognuno, e dalle sue determinazioni dipende la scelta del farmaco. Esistono medici di base cui tocca d’attestare l’attualità sanitaria e il pregresso dei loro pazienti, e d’un tale verdetto -che va preteso dagli eventuali smemorati- si deve tenere insindacabile conto. Perché rinunciare alla fiducia?

A questo proposito. 1) Che residuale fiducia meritano alcuni presidenti di regione specialisti nel dimostrare inadeguatezza, ultimo ma migliore dei peggiori il governatore della Campania? Se uno non capisce che salvando la vita ai fragili e agli anziani si permette un rapido ritorno alla normalità per l’universo degli altri -categorie economiche comprese- con quale autorevolezza guida un ente amministrativo cui fan capo milioni di cittadini? 2) Che residuale fiducia merita la quota d’italiani ostile a distinguere fra capaci e incapaci, ma favorevole a differenziare fra portatori d’abiti civili e divise militari, attribuendo ai primi un’esclusiva stoffa democratica e ai secondi un tessuto di trama autoritaria? È o non è una turba ideologica obiettare a un generale degli alpini che coordina la campagna vaccinale, come se a far premio sulla scelta non fosse stata la competenza professionale del tipo e invece l’ùzzolo d’irreggimentare un popolo di renitenti alle cure?

Si guarda alla forma invece che alla sostanza, al pregiudizio anziché al realismo, al tic dottrinario piuttosto che al tic tac del tempo. Il tempo che si continua a perdere in lunari, improvvide, sventurate chiacchiere. Nell’anno che celebra Dante, l’inferno è già qui. Come scriveva Calvino, il romanziere ignaro d’essere un profeta.

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