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Cultura

GIUDIZIO CONTROVERSO

RENATA BALLERIO - 14/05/2021

5maggioDai tempi della scuola abbiamo dentro di noi la solenne richiesta, Ai posteri l’ardua sentenza, che dovrebbe permetterci, a duecento anni dalla morte dell’uom fatale, di dare una risposta alla difficile domanda se fu vera gloria. Ma la storia e la vita – come si sa – pongono domande alle quali non sempre si può rispondere e non ci danno voti ma il peso del dubbio. L’anniversario della morte di Napoleone Bonaparte ne è un esempio. Nato in un’isola e morto, esule e prigioniero dal 1815, nel villaggio di Longwood, sull’isoletta vulcanica di Sant’Elena, di soli 122 chilometri quadrati, interroga ancora noi, suoi posteri. Se Leopardi affermava che gli anniversari sono una grande illusione, quella di non soccombere all’oblio, questo rischio non esiste per il piccolo – definito tale malgrado i suoi 168 centimetri di altezza – grande corso. Le celebrazioni per questo bicentenario, da molti considerato poco adeguato ai tempi, dimostrano come duri il suo mito storico. Ma ben altri sono i rischi: domande parziali, polemiche anacronistiche, confronti pericolosi con i conseguenti effetti collaterali che, però, possono essere -una volta tanto- utili. In fondo ci stiamo abituando al rischio calcolato.

Ma andiamo con ordine. La ricorrenza è stata ricordata in molti e diversi modi. Non sono mancate le polemiche anche e – soprattutto – in Francia. Macron davanti a studenti e accademici ne ha ha fatto un ritratto diplomaticamente definibile in chiaro scuro, affermando quanto può sembrare lapalissiano: il passato non si cancella. Il museo di Brera ha riaperto ricordando come Napoleone ne fu il fondatore ed esponendo la copia autografa dell’ode il 5 maggio. Manzoni in tre giorni, chiedendo alla moglie di suonare incessantemente il pianoforte, la compose dopo che aveva letto il 16 luglio la notizia della sua morte pubblicata su La Gazzetta di Milano. Versi epici e dolorosi, in cui l’uomo, vincitore e sconfitto, non viene mai nominato. La cineteca di Milano ha permesso la visione gratuita per ventiquattro ore di un classico tra i film muti francesi, Napoleone del 1927, che narra, con insistenti e quasi ossessivi primi piani, la prima parte della vita del dominatore dell’Europa, da quando dodicenne frequentava il collegio militare alla campagna di Italia, da generale. E personaggio complesso e controverso fu e rimane dal punto di vita umano e storico. Proprio per questo è interessante sottolineare come l’Università dell’Insubria lo abbia ricordato alle 17,49, ora della sua morte, mercoledì 5 maggio. Un processo con tanto di accusatore contro Napoleone, il sanguinario, colui che ripristinò la schiavitù e di difensore, che ha sostenuto come i giudizi di oggi non si possono applicare al passato. Chissà se davvero abbia senso parlare di storicamente corretto dopo tanto (e non sempre positivo) politicamente corretto. Quello che è certo che i posteri avranno sempre occasioni per condannarlo o assolverlo. D’altra parte ogni anniversario è una lettura del passato e una fotografia del sentire dei tempi. Basterebbe leggere un articolo pubblicato su Civiltà Cattolica nel 1921, nella rubrica Cose Straniere, in cui si fa menzione perfino delle celebrazioni religiose per il “patriota” Napoleone. Non sarebbe male ricordare anche oggi come Napoleone nacque proprio l’anno successivo alla cessione della Corsica alla Francia, quale pegno, da parte dei genovesi. La geopolitica è sempre da studiare al di là della storia di uomini, magari grandi come colui che si autoproclamò imperatore dei Francesi, che l’hanno determinata. Inoltre male non farebbe leggere quella sorta di intervista immaginaria, quasi polifonia teatrale, che Leonardo Sciascia fece a Napoleone. E accorgersi che di fronte a chi pensiamo di conoscere abbiamo sempre molto da scoprire e che forse le domande apparentemente inutili del tipo “se fosse successo ciò…” possono aiutare ad affrontare quel grande “giallo” che è la storia. La investighiamo, abbiamo molti indizi e prove documentate ma non abbiamo mai la conoscenza assoluta e risolutiva. Sono gli storici a dirci che le decisioni prese dal cosiddetto codice napoleonico hanno permesso alla Francia di anticiparci nel dibattito sull’omosessualità, riconosciuta proprio dalla legislatura napoleonica? Domanda retorica, si può obiettare. Ma da ricordare. Certamente meno retoriche e attuali sono altre domande, che possiamo ben definire effetti collaterali. O se preferiamo, riflessioni da non dare per scontate.

Al di là delle sconfitte militari, che ruolo ebbe la satira inglese a far crollare la potente immagine di Napoleone, ammirato persino da un filosofo come Hegel? Il caricaturista inglese, James Gillaray, con umorismo brioso, contribuì, anche con una pungente e martellante satira sulla definizione di piccolo uomo, a smantellarne l’immagine di dominatore invincibile. Satira intelligente e corrosiva, come la famosa gutta che distrugge la dura lapidem. E facendo un bel salto nel tempo questo bicentenario ci fa anche riflettere sulla forza della satira contro la censura…Non dobbiamo, infatti, dimenticarci che la poesia di Pasolini Il soldato di Napoleone, musicata da Sergio Endrigo, fu censurata.

Magari sarà un bicentenario inadeguato: importante, però, non essere noi inadeguati, anche dopo il 5 maggio. E male che vada ricordiamoci la lieve ironia di Gianni Rodari. C’era una volta un imperatore, si chiamava Napoleone. E quando non aveva torto, di sicuro aveva ragione.

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