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Cultura

L’ALDILÀ

RENATA BALLERIO - 27/05/2021

dante-maomettoIo riconosco / tutto, qual che si sia, il mio ingegno: nel canto XXII del Paradiso Dante riconosce, da uomo medioevale, l’influsso benefico del segno zodiacale dei Gemelli per il suo genio poetico. Il giorno esatto del suo giorno natale, nel 1265, non è noto, ma è certo il periodo: tra il 21 maggio e metà giugno, dunque dei Gemelli. Per una fortuita – e forse non voluta coincidenza – venerdì 21 maggio si è svolto un importante convegno nazionale organizzato dall’Università dell’Insubria, dedicato al sommo poeta. Se per questo Settimo Centenario della morte le celebrazioni, gli scritti, gli omaggi si moltiplicano, il convegno merita un apprezzamento particolare. E non solo per campanilismo. Il taglio dato, come si evince dal titolo: Mondi a confronto. I viaggi nell’aldilà di Dante e del profeta Muhammad. è significativo. Se parlare di viaggi nell’aldilà, porta ad affrontare il drammatico tema della morte, che, troppo spesso esorcizzato nella cultura occidentale del secondo millennio, è diventato pensiero tossico a causa della pandemia, l’interesse di tutte le relazioni del convegno è da ricercare nel confronto di due mondi, o meglio di due culture. “I versetti dell’incontro di Dante con il profeta dell’Islam sono i primi passi dall’Occidente verso il dialogo con i Mussulmani”: questo si legge in un prezioso libretto Arabum est.

Il piccolo ma importante saggio pubblicato nel 2015 sintetizza gli studi di Nino De Falco, varesino d’adozione, morto a maggio del 2017. Uomo colto, dalla vita avventurosa, profondo conoscitore della cultura araba e appassionato di Dante, aveva studiato i versi arabi nell’Inferno dantesco, dando interpretazioni quasi rivoluzionarie.

Il convegno dell’Insubria è stato un omaggio non solo a Nino de Falco, ricordato con affetto da Gisa Legatti, sua amica e nota professoressa, vera militante della cultura e dell’impegno sociale, ma il riconoscimento di un valore: l’unità della cultura. Il confronto necessita – affermazione lapalissiana ma non sempre applicata – di ricerca e di studio. E Dante, al di là di semplificazioni divulgative, “spinge” – si legge nel libretto di De Falco- ” sempre le parole fino al limite del loro significato come se bisognasse dar loro una pienezza maggiore. Con lui bisogna sempre osare e andare oltre”. Grande e bellissima lezione di vita e di cultura. Giustamente Younis Tawlfik, relatore al convegno ha ricordato un pensiero di Umberto Eco: prima di giudicare bisogna interpretare. La traduzione insegna questo. Ecco perché la ricerca, che è tutta da affrontare, dei versi arabi nella Divina Commedia è non solo un omaggio a Dante ma un coraggioso esempio per mettere a confronto mondi, superando stereotipi e cercando – come detto- l’unità nella cultura. Se la mente corre alle terrificanti immagini di Maometto nell’Inferno, seminatore di discordia, è un dovere culturale andare oltre a codificate interpretazioni scolastiche. Dante non conosceva la lingua araba e giudicò il profeta secondo quanto appreso dal suo maestro Brunetto Latini, ma aveva colto molto valori della cultura araba.

Durante il convegno si è ricordato come nel Medioevo il mar Mediterraneo più che dividere rappresentava un ponte di civiltà. Dovremmo, insomma, imparare qualche lezione dalla tanto disattesa maestra, che è la storia. E capire come la vera cultura sia una continua ricerca, suscitatrice di illuminanti domande. Insomma il viaggio nell’aldilà, sia esso quello di Dante sia quello di Maometto raccontato nel “Libro della Scala”, è soprattutto un viaggio dentro la cultura. Quella cultura che eticamente deve dare il coraggio del confronto. Ecco perché è stato importante il coraggioso convegno dell’Insubria, egregiamente condotto dal professore Gianmarco Gaspari. E ancora più importante è risentire la voce di Nino De Falco, che, ricordando l’ostracismo di studi fatti nel lontano 1919 da Asin Palcios circa le similitudini tra il viaggio di Dante e quello di Maometto, diceva come si aveva quasi paura di parlare di contaminazioni con la cultura araba in Dante. L’Insubria ha superato questa paura. E ne dobbiamo essere orgogliosamente grati.

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