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Opinioni

STIMA PIÙ FIDUCIA

VALERIO CRUGNOLA - 09/07/2021

praticittaL’idea della lista di PratiCittà è nata lo scorso gennaio su impulso di tre amministratrici comunali, Cristina Buzzetti, Ivana Perusin e Francesca Strazzi. L’originario rapporto, intensamente condiviso, di comune impegno nella giunta di Varese è divenuto dapprima un legame di amicizia e sintonia e infine un progetto politico e partecipativo a fianco della candidatura di Davide Galimberti per il secondo mandato. Questo nesso tra affetti, impegno civile e apprendimento a lavorare insieme garantisce coesione e collegialità, senza ombre né tensioni competitive, è di per sé una marcia in più e fa di Varese un originale laboratorio politico.

Questa scelta garantisce a chi la compie una maggiore stabilità, una navigazione favorevole senza spinte centrifughe, e un apporto migliore alla vita della coalizione, che comunque è sempre stata coesa, al di là dei capricci di uno solo e dei risentimenti privati di singoli consiglieri, dimissionari e non.

Ma la maggiore novità è che in PratiCittà la relazione interpersonale, tra i soggetti promotori e tra chi via via si aggrega, è posta a fondamento dell’agire pubblico. L’affetto, l’amicalità, la stima sincera, la conoscenza reciproca – qualcosa che oltrepassa il binomio stima-fiducia –, e non una collocazione spaziale, sintetizza la pluralità di storie, di mondi, età, vissuti, ruoli professionali e altro ancora, che convergono in un progetto che chiama i cittadini a scegliere uno schieramento in ragione dell’affidabilità, della riconoscibilità e del profilo di un gruppo di persone. Il magnete che unisce non sono le idee ma i rapporti interpersonali. Se sono solidi e leali, è più difficile scioglierli. La composizione dei normali dissensi viene da uno “spirito di gruppo”.

A differenza della loro amica e sodale Rossella Di Maggio, queste tre amministratrici non hanno alle spalle un impegno politico, semmai un interesse alla vita sociale (oggi si direbbe un sentiment). Francesca Strazzi era candidata nella lista Galimberti, le altre sono uscite da una felice intuizione del sindaco. Se c’è una morale da trarre da questa esperienza, è che non bisogna mai arrivare a ruoli già definiti al tavolo delle trattative. Se vuole, il designato ha in mano una carta di ricatto e se è cinico e/o scriteriato la gioca, non una sola volta ma in continuo, tirando la corda ad ogni occasione un pochino di più, fino a romperla salvo attribuire, manipolando la realtà, la rottura agli ex compagni di ventura, i cattivi.

Un’altra peculiarità della lista è il principio della prassi. L’agire non discende da schemi teorici. semmai li scopre e li manifesta in corso d’opera. Questo non significa che manchi in partenza una bussola di valori etico-politici e di criteri valutativi. Ma questi valori e criteri sono già parte della prassi. Nessun fare è fine a se stesso, cieco e dominato da logiche contingenti. L’orientamento al risultato arriva di conseguenza. Non si enuncia un programma prescindendo dalla valutazione del suo risultato. Nella prassi politica c’è un nocciolo morale, che potremmo formulare simulando le massime kantiane: “Agisci in modo da massimizzare i risultati attesi, senza fronzoli inutili e nei limiti delle risorse date, che sei chiamato a valorizzare spendendole al meglio”. In questa postura logica intravedo tracce del pensiero dei miei amati Dewey e Rorty. Le buone idee hanno sempre un pregio: ospitano sottotraccia tanti fili che portano ciascuno a trovare un buon motivo per accoglierle ed entrare a far parte di un gomitolo ben ordinato.

Questo porta alla possibilità – un’intenzione riconoscibile nel discorso che accompagna l’agire – di una riabilitazione della politica. Parlo di riabilitazione in senso non giuridico e penale, ma clinico. Il corpo della politica è pieno di fratture. Non guarirà restando fermo a letto a lagnarsi dei dolori. Ha bisogno di opportuni esercizi, che si fanno in gruppo. Il politico non è un fisiatra o un fisioterapista, il latore di una dottrina e di un sapere che applica ai pazienti. È egli stesso parte della terapia, e il cuore della terapia è il rinnovamento radicale del linguaggio, facendo in modo che nomini sempre le cose e non le loro rappresentazioni e che sia in grado di fare e suscitare cose e sia trasparente, non manipolatorio, inclusivo, “sobrio ed essenziale”.

La politica è un processo di apprendimento mediante pratiche condivise. L’impegno non è un lavoro erogato linearmente, è un intreccio con altri che imparano a fare insieme, perché per predisposizione e per capacità autocritica e riflessiva vogliono migliorare i loro intenti comuni. Non si tratta di mettere insieme delle persone e basta. Senza un processo di osmosi, di sintonizzazione, possibilmente piacevole, arricchente e non forzato, quelle persone si disgregheranno, o dovranno affidarsi a un capo (il dominio maschile di cui parlavo nell’articolo scorso) che li tenga uniti (di fatto i capetti demotivano, pensano l’unità in termini di obbediente assenso e gongolano fino all’orgasmo quando assumono su di sé ogni decisione).

Una lista simile non nasce e muore nel tempo di una campagna elettorale. È utile se dispiega una continuità accanto all’amministrazione e direttamente nella società, non come apparato propagandistico, semmai come vettore a flusso continuo e biunivoco di idee, informazioni, iniziative, suggerimenti: un nucleo di cittadini che interloquisce con altri cittadini, interpretandone le necessità in modo da offrire, anche, per le proprie pertinenze, degli strumenti per affrontarle in modo diretto, nel microcosmo in cui ciascuno convive con altri, che è poi il vero fondamento di un altrimenti astratto “spazio pubblico”. Le “visioni” – un parolone scivolosissimo perché intriso di retorica – sono tali se agite da ciascuno per la sua parte.

Tutto questo è facile a dirsi. Quel che scrivo, peraltro, è una sovrainterpretazione personale di quanto vedo, leggo o sento dalle promotrici della lista e dai primi aderenti. Si tratta di indirizzi: la loro enunciazione è un intento che ha valore se riesce a rendersi visibile in ogni passo.

Vi è ancora un tratto originale che mi preme far notare. PratiCittà non fa campagna elettorale in modo tradizionale. Ha scelto di mettere a disposizione delle persone attive attorno alla lista delle conoscenze, delle riflessioni, degli abiti mentali. L’obiettivo e di portare queste conoscenze, riflessioni e via elencando ai cittadini, per fornire strumenti che valgono direttamente per la loro vita.

Un esempio. Uno dei focus del dibattito sinora intercorso – che ha saggiamente evitato i massimi sistemi – è l’adolescenza, l’età più critica e delicata della vita che mette a dura prova i genitori. Un’amministrazione che si rispetti non li lascia soli: si occupa di loro (cosa rara); e non fornisce unicamente servizi tramite l’agibilità crescente e dedicata di strutture, ambienti, attività espressive, motorie, intellettuali finalizzate alla formazione e all’apprendimento, ma si impegna a mettere i genitori, i ragazzi e le ragazze nelle migliori condizioni per fruire al meglio di questi servizi e per cooperare con l’istituzione che li eroga per migliorarne la disponibilità e la capacità di generare risultati.

Insomma, per chiuderla con enfasi. Questa lista dai tratti originali può essere la chiave per il successo della ricandidatura di Galimberti e di un nuovo ciclo amministrativo più coraggioso, più proattivo e ancor più capace di innovazione qualitativa. Per chi come me ha vissuto sulla propria pelle la tetraggine di un “civismo” su misura, è una speranza che rende ancora più dolce un’uscita di scena per raggiunti limiti di età e manifesta mediocrità nel ruolo.

 

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