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Gente comune

STRACHÌN E ROBAOCC

DEDO ROSSI - 15/10/2021

barFateci caso: abbiamo perso per strada i soprannomi. L’uso di affiancare al nome o al cognome di una persona un termine identificativo, appunto il soprannome, un tempo colpiva quasi tutte le famiglie. Le origini erano le più diverse: alcune intuibili, altre si perdevano in oscuri racconti antichi tra perfidia e ironia.

Negli anni settanta, a Varese al bar La Bussola (che insieme al Circolo del Partito Comunista rappresentava il punto di incontro del viale Belforte) si ritrovavano alla partenza o al rientro i camionisti dipendenti dello “Strachin”, imprenditore vulcanico dal linguaggio colorito. Ignota l’origine del soprannome “Strachìn”. Qualcuno riteneva che non ci fosse riferimento al formaggio gorgonzola, in dialetto “strachìn”, ma che tutto risalisse a una sua frase abituale: “Te saret minga strachìn?”, non sarai mica un po’ stanco, rivolta ai suoi autisti quando rientravano, occhi rossi fuori dalle orbite, dopo aver guidato con l’autobotte nella nebbia padana da Genova alla Svizzera interna con rientro finale in serata a Varese.

Più intuibile l’origine del soprannome “Robaocc”, con cui veniva apostrofato dagli amici un rappresentante di commercio, o la provenienza del “Canèla” dall’evidente allusione sessuale. Più chiaro ancora l’ “Angelo terunèl”, dove il soprannome racchiude in una parola sola l’origine geografica e l’altezza fisica non eccessiva. E si potrebbe proseguire: “Cornelio”, affibbiato a uno che di nome faceva Mario, alludeva alla dubbia fedeltà della moglie. E “Pastina” si riferiva al carattere remissivo. “Sciavàta” univa il lavoro di produttore di pantofole alla timidezza. Ignota invece l’origine del soprannome “Campana” per la famiglia dei Rossi trasportatori per conto della Solai e Travi di Induno. Niente a che vedere comunque con il Rossi “busecatt”, venditore di trippa al mercato coperto. O con il “Meringa”, dai capelli bianchi folti e cotonati, a dispetto dei suoi settant’anni.

Lo “Smilzo” era un uomo di centoventi chili, largo e basso. Largo più o meno come il “Bologna”, termine privo di riferimenti geografici. Gaetano Binda era per tutti “Gaetano da Thiene”, dove con quel “da Thiene” si faceva riferimento ad una certa ritrosia nell’essere generoso. “Sbrana” non aveva un bel carattere e l’“Ebreo” doveva questo nome esclusivamente al suo naso. E non doveva essere certo contento di essere chiamato “Pataùncia”, il Filippo, artigiano, lui sempre così elegante in Principe di Galles anche d’estate, ma che doveva questo soprannome a non so quale antenato con problemi di prostata. Mario “Tumiàmi”, così chiamato per una certa sua movenza delicata e femminea, era protagonista di grandi partite con il “Testina”, eccellente giocatore di biliardo, chiamato appunto “Testina” per rendere omaggio alla sua intelligenza tattica e geometrica sul tappeto verde.

Un caso caratteristico era quello del “Broggini”, personaggio il cui vero cognome era Bianchi. Era diventato “Broggini” perché in fabbrica era stato assunto quando il “vero” Broggini era andato in pensione. Aveva rilevato, oltre che il ruolo, anche il cognome.

Piero “Bidìn”, carrozziere della Valceresio con la passione per il contrabbando, doveva il suo soprannome ad una storia vera, che troviamo perfino documentata da Roberta Lucato nel libro “Contrabbandiere mi voglio fare”, Macchione editore. “Bidìn” era stato alla fine dell’ottocento un contrabbandiere molto conosciuto, quasi mitizzato, nella zona di Biumo Inferiore. Il suo vero nome era Fedele Macchi fu Battista. Abitava in piazza Battistero a Varese ma, diciamo così, svolgeva il suo “lavoro” soprattutto a Biumo. Nel libro della Lucato viene riportata con ricchezza di dettagli la storia di una sua rapida fuga a piedi per sottrarsi ad un fermo dei carabinieri, con successive indagini del Pretore e processo finale risoltosi con una assoluzione per insufficienza di prove.

Questa la storia. Da allora il soprannome “Bidìn” restò a lungo nei racconti dei bar di Biumo e di Belforte per indicare un contrabbandiere abile a sottrarsi all’arresto grazie a spericolate fughe.

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