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Editoriale

MACAJA

MASSIMO LODI - 10/02/2022

macajaA sinistra si fregavano le mani per la dissoluzione della destra nell’elezione quirinalizia. Ora si stanno fregando da soli: i guai giudiziari che hanno investito i Cinquestelle mettono a elevato rischio il disegno del “campo largo” tracciato da Enrico Letta. Se Conte era retrocesso da “punto più avanzato dell’alleanza rifomista” a “naturale alleato” della medesima, oggi s’ignora cos’egli rappresenti. Ne è all’oscuro perfino lui, aspettando l’esito del ricorso contro la decisione giudiziaria che lo priva della leadership pentastellata.

La sentenza viene da Napoli e da lì salpa verso l’alto mare il futuro del progressismo Pd-M5S-Leu eccetera. Un bel/brutto guaio durante (1) la navigazione perigliosa che attende il governo tra un’infinità di scogli; e alle viste (2) d’una tornata amministrativa mica da ridere. A primavera inoltrata bisognerà votare in 970 comuni, 21 capoluoghi di provincia, 4 capoluoghi di regione. Nei territori ci sono da costruire alleanze, scegliere nomi, metter giù programmi. Per far questo, propedeutica è la saldezza del patto tra sodali: ma quale patto, quali sodali? Sale l’apprensione nelle periferie, dove si parla poco e si sgobba molto.

Il fallimento della politica purista dei Cinquestelle (no ad accordi partitici, no a correnti interne, no a qualsivoglia intermediazione, no a doppi mandati perché la competenza va subordinata all’uno vale uno, e via così) coinvolge le ultime intese: Conte e Di Maio -pur tra di loro ostili- hanno concorso alle nomine di Draghi un anno fa e di Mattarella pochi giorni orsono. Adesso che il Movimento subisce l’ennesimo rovescio, l’adesione a Chigi cigola. La sorregge il terrore degl’insediati a Camera e Senato, molti dei quali sicuri che in caso di ricorso anticipato al voto non s’impoltronerebbero più. Di conseguenza, scricchiola l’asse di continuità/stabilità sostenuto dai Dem, tanto da indurli a una pragmatica exit strategy: prima del fine legislatura, trovare in Parlamento i numeri a pro d’una legge elettorale proporzionalista. L’unica funzionale ad avere le mani libere l’indomani del verdetto popolare.

L’idea comincia a far breccia pure a destra, dove non si sta meglio che a sinistra. Con una federazione Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia destinata a tenersi insieme solo per l’orizzonte delle amministrative 2022, ma talmente spaccata e inconciliabile da preferire il “liberi tutti” nelle politiche 2023. Anche in tal caso, lo scopo è che a urne chiuse ciascuno possa intendersela con chiunque altro.

Lo stato dell’arte (povera) è questo, le circostanze epocali ne richiederebbero di ben diverso. Lo ha ricordato con garbo lieve l’archistar/senatore a vita Renzo Piano, evocando nel transatlantico di Montecitorio lo slang ligure: siamo in piena macaja, la nebbiolina lattiginosa che rende melanconici e cupi. Si spera in una raffica di vento, un’inversione di tendenza, una botta di cool.

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