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Attualità

ESULI

GIOVANNA DE LUCA - 18/03/2022

profughiTu lascerai ogni cosa diletta/più caramente…”, dice Cacciaguida a Dante nel canto XVII del Paradiso, nella Divina Commedia, profetizzandogli l’esilio.

Quei versi mi sono tornati alla mente osservando la fuga dei profughi ucraini. Mi colpiscono soprattutto le parole cosa diletta più caramente, dense di significato se ci si riflette. Valgono anche per gli esuli, qualsiasi sia la causa del loro esilio, obbligato o scelto, e per chiunque fugga dalle persecuzioni politiche, dalle guerre, dagli eventi naturali disastrosi: l’elenco è senza fine.

Appartengo alla generazione che non ha conosciuto se non le conseguenze di storiche sventure e che poi godendo di una lunga pace (nel cosiddetto “Occidente”) si è convinta che pace e tranquillità sarebbero state per sempre. Pandemia e guerra alle porte ci hanno risvegliato da un sonno che da tempo stava diventando chiusura egoistica e ci hanno ricordato che nulla è per sempre. La storia lo dimostra.

E pensavo a mia madre che, giovane donna, aveva dovuto in una notte raccogliere tutto quello che poteva in un baule, mentre mio padre andava a cercare un carro qualsiasi per scappare dalle bombe sulla città, nel 1943. E almeno aveva avuto una notte di tempo: quanti e quante altre non hanno un’ora di tempo?

Poi mi sono chiesta come reagirei io, se capitasse per una qualsiasi ragione di dovere all’improvviso lasciare tutto. Non riesco a immaginarlo. Quante sono in una casa le cose dilette più caramente? E le amicizie, gli affetti che compongono la tua vita, che forse perderai per sempre? E se è vero che le cose sono solo cose, è vero anche che alcune trattengono ricordi, se fotografie volti di persone amate o date per te fondamentali. Se è vero come alcuni sostengono che la tua casa è dovunque ti trovi, è anche vero che la casa è il tuo nido costruito negli anni, la tua casa sei tu.

Quindi l’esiliato o il profugo perdono sé stessi, la propria identità personale e anche sociale. Inserirsi in un paese nuovo, avendo nel cuore la propria terra, è doloroso e difficile. Questi ultimi tempi sono stati una ben dura lezione: e se ottimismo e speranza non vanno del tutto abbandonati occorre fondarli su un diverso modo di vivere e di pensare. Viene da chiedersi: ma cosa può fare l’uomo qualunque che non ha potere, perché si viva in un mondo migliore?

Non è facile rispondere. I grandi della terra tengono in mano le nostre vite, indirizzano il nostro destino, è sempre stato così. Basta che il desiderio di potere senza limiti prevalga ed ecco le guerre, i rifugiati e gli esuli. Per non parlare dei genocidi.

Noi, gente comune, possiamo difenderci sforzandoci di essere diversi da loro: il mare è fatto di gocce! E poi qualcuno ha detto (cito a memoria): Lasciate che il grano e il loglio crescano insieme,  fino alla mietitura”.

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