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Storia

IL MISTERO

FLAVIO VANETTI - 29/04/2022

© wikimedia commons - Incidente Dyatlov

© wikimedia commons – Incidente Dyatlov

Tanto per parlare di Russia, parliamone. Ma su un altro fronte rispetto a quello della guerra in Ucraina. Grazie al lavoro di alcuni ricercatori svizzeri, infatti, potrebbe essere finalmente risolto, dopo 63 anni, il Caso Dyatlov. Di che cosa si tratta? Della vicenda legata alla tragica fine di nove studenti del Politecnico degli Urali e del loro monitore, Igor Dyatlov: il 2 febbraio 1959 si riproponevano di attraversare con gli sci il monte Gora Otorten, nella Siberia occidentale. Perirono in maniera drammatica: congelati, seminudi, con ferite sui corpi e in qualche caso con il fisico devastato da una forza assurda. Un decimo componente il gruppo si salvò perché il giorno prima della partenza rinunciò a causa di una indisposizione. In questi decenni si sono sprecate le ipotesi: un evento naturale fuori dal comune; un’azione militare nei tempi della Guerra Fredda; l’uccisione ad opera degli infrasuoni, che li fecero impazzire; l’incontro con lo Yeti siberiano (del quale, peraltro, nessuno ha mai fornito la prova dell’esistenza); l’aver messo involontariamente il naso in una cosa più grande di loro che proprio non avrebbero dovuto vedere. Ma a fianco di queste tesi non era mancata nemmeno la soluzione “aliena”, ovvero che l’atroce scempio sia stato compiuto da esseri non di questa Terra (e c’è chi ha sostenuto che un indizio stesse nel fatto che a una delle vittime fu strappata la lingua).

Ebbene, come ha riportato la sezione scientifica del sito dell’Agenzia Italia, l’incidente è ora attribuito a una rara e violenta tipologia di valanghe. A risolvere il mistero una coppia di scienziati della Scuola Politecnica Federale di Losanna (EPFL) e del Politecnico federale di Zurigo (ETH), che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Communications Earth & Environment per rendere noti i risultati del loro lavoro. Il caso, che un paio di anni fa era stato riaperto dall’autorità giudiziaria russa, ha sempre ricevuto un’intensa copertura mediatica e pure gli autori di questo studio sono finiti nel calderone mediatico – tra interviste e altri interventi –, soprattutto perché sono sicuri che l’evento sia da sganciare da certe soluzioni.

Johan Gaume dell’EPFL e Alexander Puzrin dell’ETH, hanno infatti sviluppato un modello teorico per analizzare il mistero da una nuova prospettiva. Il team, come detto, ha ipotizzato che un raro tipo di valanga a lastroni potrebbe aver ferito gli escursionisti e provocato il decesso dei giovani studenti. “Durante la pandemia – afferma Puzrin – siamo passati dalla gratificazione per l’attenzione rivolta alla nostra pubblicazione alla difficoltà di rispondere continuamente alle domande dei media. Spesso ci chiamavano nel cuore della notte a causa dei diversi fusi orari. Ci sono state anche molte critiche, che tentavano di smontare il nostro modello, la maggior parte delle quali proveniva da teorici del complotto e dai parenti delle vittime. Sembrava che l’approccio scientifico venisse rifiutato per mantenere un velo di mistero attorno alla morte di ben nove persone”. “Nel gennaio 1969 – aggiunge Gaume – le condizioni meteorologiche in cui fu avviata la spedizione non erano favorevoli. I parenti dei morti potrebbero avere difficoltà ad accettare la nostra ipotesi, perché suppone che in qualche modo gli escursionisti siano stati responsabili del loro terribile destino”.

Nonostante la ritrosia di molti, i modelli degli studiosi sono stati accettati dalla comunità scientifica russa. “La spiegazione dei fenomeni naturali – commentano gli autori – è un processo meticoloso che comporta molti tentativi, errori e ripensamenti prima di ottenere un modello adeguato. Il riconoscimento da parte della comunità scientifica è davvero significativo per noi, non perché possiamo confermare la serie di eventi che hanno portato alla morte di nove persone – anzi, credo che non saremo mai assolutamente certi di cosa sia accaduto al Dyatlov Pass –, ma perché riafferma la mia fede nella scienza”. Una conclusione, peraltro, che non soddisfa tutti. Non ci stupiremo allora se la storia del Dyatlov Pass e di un luogo che ancora prima del fattaccio era denominato “la montagna dei morti” avrà ulteriori sequel.

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