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Società

LINGUAGGIO

GIOVANNA DE LUCA - 03/06/2022

poesia“Vaghe stelle dell’Orsa…”

Mi ricapita sullo schermo del computer l’incipit del capolavoro leopardiano “Le ricordanze”, e un pensiero mi fa riflettere: amiamo ancora, oggi, le parole? Sappiamo soffermarci su di esse, penetrarle nel significato, concepirle come creature viventi, che recano un messaggio?

Le parole, dono della natura agli umani, sono molto importanti. Vi convogliamo i nostri sentimenti,  l’amore e l’odio, il pensiero e la divagazione. Esse hanno una personalità, vivono di vita propria al di là del contesto in cui sono usate. Pertanto hanno un peso che non dovrebbe essere ignorato.

Siamo al punto: non riconoscendone il valore, usiamo le parole in modo approssimativo: l’una vale l’altra. E con “ragazzata” ad esempio indichiamo tanto una leggerezza giovanile quanto un atto riprovevole che andrebbe diversamente definito. Nel linguaggio moderno, soprattutto di certe trasmissioni televisive, si usano con estrema disinvoltura parole pesanti, di per sé offensive, buttandole come carte da gioco su un tavolo. Ricordo un film d Nanni Moretti, il cui titolo ora mi sfugge, in cui egli con la forza di un gesto sottolineava l’importanza delle parole: “Ma cosa dici? Le parole sono importanti”, e dava uno schiaffo al malcapitato interlocutore.

Senza ricorrere agli schiaffi, si può ben dire che il linguaggio comune ha perduto dignità e bellezza. Bellezza sicuro: le parole hanno anche un valore estetico. E morale, perché definendo in modo inappropriato un atto, ad esempio chiamando “ragazzata” una violenza, si finisce per considerarla un capriccio, una leggerezza propria della gioventù, quindi scusabile. Le conseguenze sul piano sociale sono sotto i nostri occhi.

Rimane la poesia, rifugio delle parole. Nella poesia la parola voluta, cercata dal poeta, gli si offre come una scoperta, un dono che si lascia amare.

Ma questo è un altro discorso.

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