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Storia

LA FAME DEL DUCE

MANIGLIO BOTTI e MASSIMO LODI - 14/10/2022

Mussolini a Varese nel 1925 (dal libro “Alfredo Morbelli, l’emozione del ricordo” di Luisa Negri e Francesco Ogliari, Edizioni Lativa)

Mussolini a Varese nel 1925 (dal libro “Alfredo Morbelli, l’emozione del ricordo” di Luisa Negri e Francesco Ogliari, Edizioni Lativa)

Tre anni dopo la marcia su Roma e ormai dittatore dell’Italia in camicia nera, Benito Mussolini venne in visita sul nostro territorio: era il 26 ottobre 1925. Dopo una puntata alla Siai-Marchetti di Sesto Calende, fece un blitz a Varese, visitando l’Aermacchi e poi pranzando.

Ecco come quel giorno è stato raccontato da Maniglio Botti e Massimo Lodi nel libro “Giovanni Bagaini giornalista a Varese” edito da Lativa.

Sesto Calende non aspettava Mussolini, eppure l’arrivo in automobile del capo del governo fu segnalato agli astanti addirittura con tre colpi di cannone. Sulla macchina insieme con lui erano la figlia Edda, che aveva quindici anni, il generale Bonzani, il marchese Paolucci de Calboli, il comandante Raimondi. Scopo della visita era dare un’occhiata all’S55, il velivolo preparato per la trasvolata al di là dell’Oceano. Mentre Edda veniva ospitata su un idrovolante di servizio, che decollava per un giro turistico su Sesto, il duce si avvicinò al “maestoso transaereo”, seguito dal codazzo di autorità, tra le quali lo stesso ingegner Marchetti.

Ecco la descrizione del momento cruciale della visita, come la riferì la Cronaca Prealpina: “Eccellenza, ho la mano sporca, dice l’operaio motorista Binda che aiuta il duce a salire nella parte centrale dell’aereo. ‘Tanto meglio, sono abituato a stringere le mani degli operai’, e con un agile balzo scompare nell’apparecchio”.

Terminata l’esplorazione dell’S55, recuperata la figlia Edda, entusiasta del giro appena effettuato, il duce si soffermò a firmare alcuni autografi sull’etichetta della bottiglia di champagne, ormai in cocci, con la quale aveva battezzato la macchina volante: Alcione. Il 27 ottobre il giornale titolava: “S.E. Mussolini visita i grandi centri d’idroaviazione della zona. Una solenne e vibrante cerimonia a Sesto Calende per il maestoso transaereo dell’on.Casagrande”.

La capatina a Varese, imprevista, ebbe risvolti tra il comico e il grottesco. I dirigenti e i tecnici dell’Aermacchi e i dignitari della città ritenevano che Mussolini sarebbe arrivato in aereo a bordo di un idrovolante, e lo attesero alla Schiranna. Lui, invece, preferì ancora l’automobile. Ma da che parte sarebbe giunto? Da Gavirate oppure dal centro? Mussolini, erano ormai abbondantemente passate le 13, arrivò dal centro. Appena superata piazza Monte Grappa, però, l’auto presidenziale sbagliò strada e si diresse verso il Sacro Monte: venne fortunosamente bloccata nei dintorni dell’ippodromo.

Quasi alle 14 il duce comparve trionfalmente davanti alla Macchi, salutò la folla e le autorità, ma non volle scendere nemmeno dalla macchina: era affamato. I presenti gli consigliarono l’Excelsior. Via di corsa, allora, a Casbeno. L’albergo quel giorno, un martedì, era chiuso. Mussolini, Edda, il generale e il marchese ripiegarono distrutti sull’Europa.

La visita agli stabilimenti della Macchi fu velocissima e avvenne nel pomeriggio. Gli operai non mancarono di segnalare al duce la grave situazione occupazionale (la fabbrica a causa della mancanza di commissioni lavorava con appena trecento persone pur avendo un potenziale di più di mille posti). Mussolini ascoltò in silenzio. Se ne andò con la stessa rapidità famelica con la quale era arrivato.

“È stata veramente utile questa mia visita”, trovò il modo di dire sottovoce al primo che lo tallonava. La dichiarazione faceva il paio con quella pronunciata da Vittorio Emanuele due anni addietro: Varese, evidentemente, non suscitava la fantasia dei grandi.

La Cronaca Prealpina concluse il suo resoconto con parole perfettamente intonate alla retorica di regime: “All’ingresso dell’autostrada, dopo un colloquio con il sottoprefetto cav. Spasiano, prese lui stesso il comando della macchina muovendo rapidamente alla volta di Milano, mentre lo inseguiva ancora la eco degli alalà”.

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