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Io & Lui

NEQUE NUBENT NEQUE NUBENTUR

LUCIANO DI PIETRO - 26/05/2012

Oggi si mangiano slicrafi con gulasch! La Lui è impegnatissima in cucina a tirare la pasta e a preparare il ripieno di patate, pancetta  e cipollina rosolate, uova e grana, mentre il gulasch sobbolle.

- Ci metterei un po’ più di salsa nel gulasch –  oso consigliare.

- Lasciami fare quando cucino, consorte! – risponde senza quasi darmi retta. Mi mordo le labbra perché anch’io, quando mi compiaccio di sferragliare ai fornelli, non sopporto nessuno nei dintorni.

Sono le due, e il pranzetto è finito con piena soddisfazione. Il gulasch? Andava bene così com’era, naturalmente. Beviamo il caffè.

- Come mi hai chiamato, stamattina? – le domando.

- Quando?

- In cucina…

- Non so, non mi ricordo…

- Mi hai chiamato consorte!

- Embè, che non lo sei?

- Come no, ma tu ci avevi in bocca un tono… un tono come di dileggio, un po’ sarcastico.

- Sottolineavo che in cucina non mi piace…

- … e invece è una parola bellissima, straordinaria! Sai come il Diritto Canonico definisce il matrimonio cristiano? Il Diritto Canonico, capisci! Una roba che sembrerebbe gustosa come succhiare una lisca d’aringa, e invece ha un sapore… pieno, denso, copioso!

- No, dimmelo tu, come lo definisce?

- Consortium totius vitae. Consortium, cara mia, che non è un consorzio come la Coop, ma cum-sors, un “destino insieme”, un “comune destino”…il consorte, appunto.

- Conosco il latino…

- Pardon, ben più di me! Per questo non ti sto spiegando la parola, la sto enunciando. E poi, totius vitae, che non vuol dire  soltanto “per tutta la vita”, ma “di tutta la vita”, cioè di tutto il  tempo, lo spazio, i pensieri, la  felicità, i dolori, i desideri, le malinconie, le speranze… di due consorti.

- Bello – dice la Lui mettendo giù la tazzina del caffè.

- Già, bello. E poi lo definisce anche foedus, “patto”, proprio con lo stesso termine del Patto d’Alleanza della Bibbia, come la Nuova Alleanza tra Cristo e la Chiesa, che non per niente assume l’immagine di un matrimonio, di una carne sola. Parla anche di contractus, è vero, ma solo per definirne il valore giuridico, in contrapposizione a sacramentum… Insomma: un patto d’alleanza per un comune destino… Mica male!

- Un comune destino…- dice pensierosa la Lui.

- Se due hanno scelto di essere il sacramentum, quel destino lì è Dio, che più che un “fine” è un “durante”...  

- Bè, sì… è vero… scelto… ma ci sono anche l’istinto, l’attrazione, la simpatia, gli ideali, l’affetto, l’amore autentico…

- “D’accordo, ma che cosa si deve intendere per amore autentico? disse il signore dagli occhi brillanti, con un sorriso impacciato e timido”.

- Ma cosa fai, straparli? – esclama la Lui sgranando gli occhi.

- No, mi permetto di citare – le faccio io.

- E citare che cosa?

- Un paio di righe della Sonata a Kreutzer di Tolstoj, un romanzetto che ho riletto proprio qualche giorno fa e che  io adotterei come testo di meditazione nei corsi per fidanzati, insieme con La metafisica del sesso di Schopenhauer, così, tanto per provocare…

- Lascia perdere! – interrompe la Lui che non freme di simpatia per i filosofi. – E la citazione come va avanti?

- Continua così: “Tutti sanno cos’è l’amore!” esclamò la signora. “Io invece non lo so”, disse lui; “dovete precisare meglio cosa intendete…” “Come? È molto semplice” disse la signora; “l’amore? l’amore significa preferire esclusivamente uno, o una, a qualunque altra persona” spiegò. “Preferire per quanto tempo? Per un mese? Per due giorni, per mezz’ora” proferì il signore dai capelli bianchi, e si mise a ridere”.

Grande Tolstoj!  Quell’amore di cui parla la signora, e di cui parlano tutti quelli che non si riferiscono al sacramento, vale finché dura, non ha altro fondamento se non in se stesso… Tutta roba bellissima, vera, umana: l’ istinto (carnale, direbbe ancora Tolstoj), il sensus, il sentire, il sentimento, appunto… Ma con il retropensiero che c’ è finché c’è; e se non c’è più… si rompe il contractus, sia esso in carta bollata o “di fatto”! È sempre implicitamente un contratto a tempo determinato, con buona pace della Camusso e della Fornero, anche se tutti, almeno per un momento, lo sottoscrivono con la speranza, il desiderio, la possibilità  che sia a tempo indeterminato, facendo sorgere il sospetto che l’ anelito alla definitività sia come inscritto nei misteri della natura umana.

- Ma se l’amore, come dice quella tipa di Tolstoj, non è un sentimento d’elezione – esclama la Lui piuttosto interessata – che cos’è?

- Un comando.

- Come un comando!?

- Senti un po’ se regge: Cristo ha mica detto “Vi do un sentimento nuovo”; ha detto: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate…” Se lo ha detto per tutti, figurati se non si riferiva anche a “consorti” e figli. Ma ha dato un comando. Perché si mantenga dolce, o, più probabilmente, si trasformi  anche nel dono di un sentimento che scalda il cuore, bisogna pregare come fa la Chiesa: “Concedici di amare ciò che comandi”.

- E come si fa, secondo te? – domanda la Lui.

- Con l’allenamento di famiglia: io alleno te e tu alleni me.

- Oh bella! Io faccio il Conte e tu fai l’ Allegri! – esclama la Lui che, da quando ha deciso che in TV l’unica cosa guardabile è lo sport, è diventata una ultrà del calcio.

- Direi proprio di sì – dico io; – e si fa gol ogni volta che ci si perdona reciprocamente. Ogni volta che ci si ritrova ancora insieme nonostante tutto, il mattino dopo un litigio, dopo la pesantezza, dopo la fatica, dopo la noia, dopo l’abitudine… non con il tarlo che ritrovarsi sia dovuto a semplice viltà, a pigrizia, a rispetto umano, a mancanza di alternative, a ipocrisia borghese; ma con la fede che sia la grazia efficace del sacramento, quella che dà anche la forza del perdono. Il perdono è la strada che si percorre sia durante e sia verso quel destino insieme, quel consortium

- Ma non si può andare in giro a dire “le presento la mia o il mio consorte”! – fa la Lui, che, per fortuna, ha il pregio di sdrammatizzare le cose che io tendo a complicare.

- Hai ragione, ma ti dico una cosa, moglie! Io non so chi per primo arriverà alla meta di quel Destino (visto che in Lui non c’ è né un prima né un dopo, probabilmente ci arriveremo insieme), ma se la felicità eterna implicherà anche la risposta a tutte le nostre domande, io so quale sarà la mia prima domanda a Dio, malgrado a casa sua neque nubent neque nubentur.

- E quale sarà? – fa la Lui palesemente incuriosita.

- Gli domanderò di te, gli domanderò della mia consorte.

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