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Io & Lui

SEI GRANDE, GRANDE, GRANDE…

LUCIANO DI PIETRO - 22/06/2012

Siamo in Maremma e la Lui spilucca i gerani sul terrazzo del nostro medievale buen retiro, che tale rimane anche se s’invera con crescente risalto la consapevolezza che “sempre più felici saremmo là, dove non siamo”, pensiero che ha percorso i secoli, da Orazio a Baudelaire. Dalla sdraio dove leggo il Tirreno alzo gli occhi e le domando:

– Tu ti ricordi quando hai smesso di essere ragazza?-

– Che scemo! – mi fa lei.

In un nanosecondo realizzo in che senso la Lui ha inteso la domanda e mi affretto a precisare:

– Intendo dire se ti ricordi quando hanno smesso di considerarti una ragazza, quanti anni avevi quando non ti hanno più chiamato “ragazza”, ma chessò, “giovane”, “signorina”…Me lo domando anch’io: quanti anni avrò avuto quando sono passato da “ragazzo” a “giovanotto”?

– Ah – fa la Lui; – non mi ricordo…diciamo intorno ai diciotto-venti, senz’altro non dopo i ventuno, che si era maggiorenni e si diventava, guarda te, donne e uomini, giovani sì, ma uomini e donne fatti.

– Già – dico io; – perché qui sul giornale c’ è la notizia di un incidente, capitato proprio qua sotto, sulla strada per Siena; un incidente per fortuna finito bene. Scrive: “Dopo tre rocambolesche capriole su se stessa, l’utilitaria ha finito la drammatica corsa contro un pino marittimo. Ebbene, dallo spettacolare incidente, gli occupanti della vettura, lei, M. B., di 35 anni, e lui, S. C. di 37, sono usciti miracolosamente illesi. I due ragazzi, soccorsi da altri autisti, dopo pochi minuti erano già in grado di raccontare la loro avventura con perfetta lucidità, eccetera eccetera…”.

– Bene, fortunati, beati loro! – commenta la Lui accostando un’asticella al gambo di un geranio che si dimostra debole e bisognoso di cure.

– Vero. Però quello che mi suona strano, e non è certo la prima volta che lo leggo o che lo sento, è quel “ragazzi” attribuito a due ultratrentenni che, dal punto di vista strettamente tecnico-fisiologico, potrebbero anche essere nonni.

– Sei il solito esagerato! – mi rimprovera la Lui che, non dimostrando per vero l’età che ha, ho il sospetto si senta sempre, come si dice, una ragazzina.

– Forse hai ragione, sì, forse esagero – borbotto io riportando gli occhi sul giornale – ma ho la sensazione che appioppare il termine di “ragazzi” a due che potrebbero essere maturi genitori di ragazzi veri confonda un po’ le cose.

– Ma che cosa t’importa se oggi si sentono ragazzi a trent’anni e passa! – esclama la Lui. – Invidioso? Anche ai nostri tempi si diceva ” la vita comincia a quarant’anni!” Ricordi?

– Ricordo sì. Ma ricordo anche che lo si diceva in tono vagamente consolatorio, così, tanto per dare una pacca sulle spalle… Oggi, poi, bisognerebbe dire che la vita comincia a sessanta e mi sembrerebbe come un invito a mangiare le ciliegie in settembre… mica più buone. A settembre matura l’ uva, che è un’altra cosa dalle ciliegie: è buona, buonissima anche lei, ma è un’altra cosa… A voler mangiare una ciliegia a settembre, ammesso che ne sia rimasta qualcuna sull’albero, ci scommetterei che come ciliegia deve essere un po’ marcia! Ecco, mi sembra strano, fuori luogo, stonato voler mangiare le ciliegie a settembre ostinandosi a dire che sono buone.

– Sofista! – esclama la Lui con aria definitiva.

– Sarà – commento io – ma ho l’impressione che certo giovaniloquio oggidì concorra a creare più illusioni che dati di fatto. Uno, a trentacinque anni, essendo ancora “ragazzo”, si sente in diritto di non scegliere ancora niente, anche quando lo potrebbe fare; l’ultrassessantenne che convive con la sua nuova donna pensa a una botta di gioventù presentandoti la sua “fidanzata”; chi ha sessantacinque anni non è più vecchio, non è più anziano, annoso, attempato di chi ne ha cinquantotto, ma è più “grande”…

– Ma non ti accorgi di quanto sei grande con questi tuoi commenti da barbogio! – sentenzia la Lui, prendendo la palla al balzo.

E io metto il muso, come un bambino.

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