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Io & Lui

PRIMA CLASSE, ORA ED ALLORA

LUCIANO DI PIETRO - 13/07/2012

Erano due anni che non andavo a Milano in treno. Con la Nord, s’intende. L’ho fatto per quarantadue anni, quel viaggetto, giù e su, su e giù, tutti i giorni, tranne le feste comandate, qualche rarissima malattia (siano rese grazie a Dio!), le ferie e la parentesi del militare, diciotto mesi a Pordenone, glorioso VIII Reggimento Bersaglieri, divisione Ariete. In macchina, per lavoro, sarò andato a Milano a dir tanto una ventina di volte in vita mia. Mai usata, nemmeno in quei quattro anni passati a Cinisello Balsamo, Casa Editrice Universo dei Del Duca, un cognome celebre nella storia della carta stampata: anche allora il treno, poi il metrò fino a Garibaldi, poi la “celere” (un autobus) per Monza fino a una fermata su una strada di periferia saettata dai tir. E per finire un quarto d’ora a piedi fino alla sede. Varese-Cinisello con mezzi pubblici, insomma, tra viaggi e attese, due ore e mezzo la mattina e due ore e un quarto alla sera, per coincidenze un po’ più favorevoli. Partenza al mattino alle sette (non la sveglia, la partenza) e arrivo alle nove e mezza (facevo, come sempre, il giornalista, perdipiù direttore, mi potevo permettere un’entrata comoda che poi, guarda caso, risultava quasi sempre più sollecita di quella dei redattori); uscita dal lavoro la sera alle sei e rientro a casa alle otto e un quarto. Salvo imprevisti. Che la vecchia Nord non lesinava (tutto sommato, però, l’ho amata: quei vagoni liberty… il velluto rosso… i libri letti durante i viaggi… i pensieri, con lo sguardo dal finestrino su un paesaggio di architettura improbabile, dai finti chalet tirolesi al simil-Le Corbusier… le tendine svolazzanti d’estate, i vetri tutti giù… chiappe arrosto d’inverno su termofori non regolabili… e più recentemente, sui “due piani”, con i sedili a misura di giapponese, con finti portabagagli, aria condizionata senza condizioni… troppo fredda, troppo calda…).

“C’ è davanti un treno in avaria, bisogna aspettare che vengano a trainarlo fino a Saronno”. “Col freddo la motrice scivola sulla salita di Gavirate, ritardo di trenta minuti almeno!”, “La neve ha bloccato gli scambi, una ventina di minuti!”, “Piove, la gente con gli ombrelli ci impiega un fracco a salire e scendere…”. E l’annuncio più terrorizzante: “È caduta la linea!” Nelle mani di Dio, allora; magari un paio d’ore d’attesa lì, in stazione a Milano, la sera, i bar già chiusi; e poi, a Varese, l’ultimo bus per Sant’Ambrogio già andato, e la Lui giù in macchina a prendermi.

Questa sera, invece, la Lui mi aspetta tranquilla in casa, alle otto e un quarto come una volta. A tavola, per un filettino di trota cotta al forno su un letto di patate tagliate sottili e di pomodorini a metà.

- Come è andata?- mi chiede.

- Benissimo: ho preso il treno delle tre e qualcosa del pomeriggio per andare giù, mica quello delle sette di mattina.

- Privilegi del pensionato – sospira la Lui.

- Ho fatto tutto quello che dovevo, comodo comodo, e poi ho preso il ritorno delle diciotto e cinquanta. Tutto liscio…o quasi.

- Sarebbe?

- Sarebbe che io prendo il biglietto di prima classe.

- Beh, l’hai sempre preso, hai sempre viaggiato in prima con l’abbonamento. Almeno quel privilegio…

- Sì, però, come sempre… il treno, un regionale come dicono adesso, viene da Laveno, salgo sulla carrozza, che è già mezzo occupata…

- E allora?

- E allora è una carrozza di prima e quelli hanno un biglietto di seconda!

- Come fai a saperlo?

- Li vedo in faccia!

- Snob, lombrosiano… e razzista! – sghignazza la Lui.

- Quarant’anni di Nord mi hanno affinato: uno di seconda lo riconosco al volo. E se viaggia in prima mi scoccia.

- Magari esageri – fa la Lui poco convinta (la conosco: le darebbero più fastidio che a me).

- Mi danno fastidio perché spesso hanno l’aria di dire: “Come siamo furbi!” Oppure: “Chi se ne frega!” Oppure: “Se viene ci spostiamo!” Che se poi il controllore viene… se viene… È venuto, gli ha fatto notare che avevano il biglietto di seconda… Quelli fanno finta di alzarsi, lenti, pesanti, indecisi… Il controllore passa e si risiedono. Sghignazzano… A uno che indugia ancora in piedi, un altro gli fa: “Dài mettiti giù… siamo mica in Svizzera”. Allora dico a voce un po’ alta che il controllore li ha invitati a cambiare carrozza. Sghignazzano più forte e sento: “Che cazzo vuole quello lì!”

- Avrai mica litigato- domanda la Lui.

- Forse avrei dovuto, ma non sono buono e poi, e poi…mi sarei adeguato ed è… è… antiestetico…non sopporto…come dire…ecco…l’antiestetica, proprio! E’ la cosa che mi secca di più… come dire… la scompostezza… proprio non ci riesco. A me, vedi, mi andrebbe benissimo che abolissero la prima, come già su qualche treno. Classe unica e via! Ma quel gusto, sempre e comunque, di fregare le regole… il furbetto… il finto tontolone… mi danno sui nervi! E poi, ecco… lo ribadisco… sono antiestetici!

- Tranquillo, tanto non viaggi più – dice la Lui sparecchiando.

- Per fortuna! – commento io, anche se dentro sento che un po’ quel viaggio mi manca.

- Però, sei proprio snob – ridacchia lei.

- Niente vero – dico io lievissimamente risentito. – Io snob? Sine nobilitate io? Ma va’, tu lo sai bene: io amo il popolo, ma non lo frequento!

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