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Fisica/Mente

INSIPIDO È BELLO

MARIO CARLETTI - 16/06/2023

Cascata di sale alle Saline di Volterra

Cascata di sale alle Saline di Volterra

C’è sempre qualcosa che è definito il sale della vita, intendendo in senso lato tutto ciò che possa rendere la nostra quotidianità meno monotona, più varia e piacevole. Nello specifico poi si parla di varietà, amore, amicizie, esperienze etc etc ma in realtà in queste righe vorrei parlare, piuttosto che del quale, di quanto sale ci assicuri una buona vita.

Quantità di sale consumata ed ipertensione sono infatti associate a ipertensione e molteplici malattie metaboliche: troppo sale significa quindi aumento del rischio.

Il sale non è naturalmente l’unico fattore determinante la pressione alta ma è molto importante e potendone controllare la quantità assunta, può essere in qualche modo limitato.

Infatti c’è un sale non discrezionale che è quello contenuto in ciascun alimento ma poi c’è quello discrezionale (fine e grosso) che noi utilizziamo nella quotidianità per la preparazione degli alimenti o a tavola come condimento aggiunto.

È stimato che più di un terzo del sale che consumiamo in Italia è un sale discrezionale cioè volontariamente aggiunto nella preparazione/consumo dei nostri cibi.

Quello naturalmente presente negli alimenti, quindi non aggiunto né in fase di preparazione industriale né discrezionalmente aggiunto da noi, non supera il 10%.

Tra gli alimenti prodotti quelli che apportano la maggior quantità di sodio sono i derivati dei cereali (come il pane) seguiti da carne pesce etc etc

Dati statistici mettono in evidenza che i Paesi dove per abitudini alimentari private/industriali si usa poco il sale, l’ipertensione sia una patologia meno diffusa, cosi come è evidente che una situazione di sovrappeso aumenta la probabilità di ipertensione.

Sembra quindi chiaro che la soluzione sociale migliore per abbattere l’ipertensione da aumento eccessivo di utilizzo di sale, sia quella di educare a mangiarne meno.

Il momento in cui l’uomo prende confidenza con il gusto dolce e salato è nell’infanzia, periodo in cui potrebbe essere relativamente semplice applicare in casa certe regole, ma risulta altamente complicato applicarle invece nell’alimentazione della collettività o nella produzione industriale.

Basti pensare a mense, fast food, distributori automatici, pressione mediatica/pubblicitaria, per capire che tipo di battaglia va combattuta.

Altro importante passo sarebbe quello di sensibilizzare l’industria alimentare con tutta la sua filiera al problema, visto che dal punto di vista quantitativo è a questo livello che si gioca la partita più importante.

La prevenzione è d’altronde l’arma più semplice ed economica che abbiamo a disposizione (come in tanti altri ambiti sanitari) ma la più difficile da mettere in pratica per cultura tradizione usi e costumi.

L’Oms ci invita ad utilizzare meno di 5 grammi di sale al giorno in toto, vale a dire un cucchiaino da te, per un valore di circa 2 grammi di sodio.

Cosa possiamo fare noi dal punto di vista pratico?

Leggere le etichette dei prodotti che compriamo e preferire quindi quelli che abbiano un contenuto dichiarato di sodio inferiore ai 0,3 gr per 100 g.

La quantità di sale che introduciamo con l’acqua è insignificante, rispetto a quella assunta con i cibi.

Non aggiungere sale nel cucinare o condire (ricordare solo che il sale iodato ha permesso di combattere l’ipotiroidismo nelle zone dove era endemico) ed utilizzare il meno possibile dado, salse, maionese, etc.

Nel preparare gli alimenti lavare con acqua quelli ad esempio contenuti in scatola per togliere il sale aggiunto, educare i più piccoli (primo anno di vita) senza aggiungere sale alle pappe.

Molto possono fare anche le istituzioni sia promuovendo e premiando la ricerca/tecnologia per la produzione alimentare a basso contenuto di sale che incoraggiando la ristorazione collettiva a seguire regole alimentari più corrette.

Quindi il sale dà sapore alla vita ma nella giusta quantità…

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