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Attualità

CARA AUTOLAGHI

FABIO GANDINI - 15/09/2023

autolaghiIl primo pedaggio costava 10 lire, ma se ad attraversare quella lunga lingua di asfalto era un camion l’obolo saliva a 25, per arrivare fino a 75 per gli autobus. Oggi, ogni anno o quasi, è uno scatto di 10 centesimi in più: la lira è rimasta solo nei caveau della Banca d’Italia (o in qualche cassetto da collezionisti) e avanti di questo passo, presto, vicino a “euro” ci si dovrà mettere il numero 4. Solo andata.

Non esistevano caselli, compreso quello di Gallarate, più odiato (ma inamovibile) dello sceriffo di Nottingham, ma case cantoniere: ci si fermava, si pagava il dovuto e si ripartiva. Presso le stesse si trovava anche tutto l’occorrente per rifornirsi o sistemare eventuali grattacapi: benzina, gomme, olio. No, niente Autogrill e similari, niente “Camogli”: al massimo potevi incrociare il cantoniere titolare, o il cantoniere ciclista, addetti ad assistenza e manutenzione. Cordiali e salutanti.

L’ultimo di quei lunghissimi rettifili, caratteristica peculiare e differenziante dalle normali strade piene di curve, finiva proprio dentro il centro di Varese: era considerata una grande comodità per l’epoca, un segno di alto progresso. Beh… ne è passata di acqua sotto i ponti: dopo un secolo di maledizioni a ogni amministratore assiso sugli scranni di Palazzo Estense, di sgattaiolate alternative per Buguggiate e la strada del lago, e di saggia pazienza – tutti in fila – davanti all’ineluttabile, a novembre l’uscita in largo Flaiano sarà regolata da un sistema molto più smart. Chissà che non torneremo ad apprezzare, allora, il privilegio originario…

Cara, vecchia, primissima (nel mondo) Autolaghi: sono tempi di compleanno. Immediati e nel prossimo futuro: la pietra iniziale fu posata proprio centanni fa, il 9 settembre 1923, con la benedizione del capo di tutto, Benito Mussolini, mentre si dovrà attendere ancora un anno e spicci per festeggiare l’inaugurazione vera e propria, avvenuta a Lainate il 21 settembre 1924, con re Vittorio Emanuele III ad aprire il corteo di automobili dai sedili di una Lancia Trikappa targata Savoia.

C’è sempre una sorta di affetto nel declinare il pensiero alla storia della “nostra” A8: per il suo primato storico, ovviamente, ma soprattutto perché senza di essa il “nostro” mondo di oggi sarebbe molto diverso. Senza quei 200mila quintali di cemento, 65mila metri cubi di ghiaia, 32.500 metri cubi di sabbia, senza la brillante mente, l’intuizione e il successivo progetto dell’ingegner Enrico Puricelli, il “papà” di questo asfalto, Varese sarebbe rimasta per tanti decenni una “Cuneo”, una “Isernia”, una “Campobasso” qualunque, per citare capoluoghi che per tanto tempo (o ancora oggi) non hanno avuto il privilegio di essere serviti da un’autostrada.

L’Autolaghi ha tolto Varese dall’isolamento e ha attecchito la prima radice dello sviluppo economico della sua provincia. Ha dato senso alla Città Giardino come luogo inserito in un contesto, affrancandola dall’ansia delle “spalle al muro” che la cartina geografica le aveva assegnato.

In cent’anni, tuttavia, il nostro rapporto con questo nastro per veicoli si è ovviamente trasformato: da amante passionale ed eccitante, è diventata moglie, e abbiamo iniziato a trovarle mille difetti. Il traffico, gli incidenti, le code ogni mattina e ogni sera, la massiccia e inevitabile presenza del trasporto merci a rendere ancora più complicata e apprensiva la circolazione. Per il suo primo secolo di vita, quindi, l’Autostrada dei Laghi ha promesso di migliorarsi: avrà una quinta corsia, almeno dalla barriera di Milano Nord a Lainate e alla A9. E viceversa.

Noi, mariti brontoloni, alziamo peraltro ancora una volta il dito: sono almeno 10 anni che la zona dello svincolo con l’autostrada per Como è un cantiere che si sovrappone a un altro, in un pasticcio di linee gialle e bianche, restringimenti di careggiate e asfalto non più lineare. Un insieme che – oltre a incuria e inerzia tipiche dei lavori pubblici italici – restituisce sempre un grande senso di pericolo.

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