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Attualità

CI VUOLE UN FIORE

ROBERTO CECCHI - 15/12/2023

cervinia“Le cose di ogni giorno raccontano segreti A chi le sa guardare ed ascoltare Per fare un tavolo ci vuole il legno Per fare il legno ci vuole l’albero Per fare l’albero ci vuole il seme Per fare il seme ci vuole il frutto Per fare il frutto ci vuole il fiore Ci vuole un fiore, ci vuole un fiore Per fare un tavolo ci vuole un fiore”.

È un pezzo di successo, si chiama Ci vuole un fiore, la canzone più cantata ancora nelle scuole materne ed elementari e, nonostante gli anni, conosciuta da tutti. Si ascolta con piacere. Ed è anche istruttiva, perché ci ricorda in maniera piana quel che tutti sanno e, cioè, che qualsiasi cosa ha un suo segreto da rivelare, da conoscere e rispettare. Non a caso, è una canzone del 1977 di Sergio Endrigo, che musicava una poesia di Gianni Rodari, poeta, scrittore e soprattutto pedagogista, molto noto e ancora parecchio apprezzato. Insomma, un piccolo capolavoro.

Alberi, tavoli, montagne e natura. Per qualsiasi cosa, prima di tutto ci vuole un fiore. Ci vuole sentimento, amore, naturalezza, allegria, senso della misura. Questo significa quella filastrocca. Mentre, chi, in questi giorni, ha disposto di cambiare il nome a «Cervinia» con «Le Breuil», dimostra di non avere nessuna di quelle qualità. I timbri sulle carte per cambiare il nome sarebbero già stati messi a gennaio di quest’anno, dando attuazione ad un approfondimento storiografico avviato nel 2011 (!) dal Comune di Valtournenche, per arrivare alla determinazione ufficiale dei toponimi del piccolo paese valdostano (ANSA 30.11.23). Fortunatamente, la nuova sindaca, Elisa Cicco, eletta a maggio, si è messa di traverso e, per il momento, il cambiamento è stato stoppato, nonostante sia il frutto d’un percorso tecnico-ammnistrativo del tutto lineare, corretto, ma senz’anima, senza misura.

Cervinia è la città del Cervino, il luogo di scalate epiche che hanno fatto la storia della montagna, dell’alpinismo, conosciuta in tutto il mondo. È un nome cui è associata la memoria di una natura dirompente di straordinaria bellezza, aspra ed inimmaginabile per chi non l’abbia vista dal vivo. Chiunque sa, in Italia e nel mondo, che cos’è e dov’è Cervinia. Come si dice, è un brand. E per fare un brand…ci vuole…. non è come prendere un caffè. Ci vuole innanzi tutto la materia prima, il luogo, e le sue qualità intrinseche. Alle volte, per creare un brand ex novo ci vogliono risorse. Tante, tantissime per veicolare un luogo e portarlo in giro per il mondo e sperare che qualcuno se ne accorga. Mentre adesso, quel nome, Cervinia, è una risorsa di per sé. Così com’è, genera ricchezza. Mentre il nome Le Breuil, magari altrettanto bello ed evocativo di un lontano passato, per ora ha solo il significato, per chi lo conosce, del nome che ha e cioè di luogo paludoso.

Forse, sono altre le questioni su cui la pubblica amministrazione dovrebbe interrogarsi, prendere posizione e magari esercitare quel ruolo di regolazione che le dovrebbe esser proprio, nell’interesse collettivo, invece di dedicarsi ad avventurosi approfondimenti storiografici (se ad ogni cosa dovessimo rimettere il nome antico, cambierebbe la geografia del mondo). Quest’estate proprio a Cervinia è stata inaugurata una funivia tra il versante italiano e quello svizzero del Piccolo Cervino, a quasi quattromila metri d’altezza. Attraversa il ghiacciaio del Matterhorn con dei paesaggi mozzafiato e consente di collegare, in un’unica tratta di oltre un chilometro e mezzo, Cervinia a Zermatt. Un progetto ardito, non proprio indolore, anche per il contesto paesaggistico in cui s’inserisce. Ma interamente finanziato dalla parte svizzera per 45 milioni di euro. Peccato che il costo del biglietto per la traversata completa da Cervinia a Zermatt, d’andata e ritorno, sia di 240 euro (e gratis, menomale, per gli under 9 e 120 euro per gli under 16). Un costo proibitivo per famiglie che abbiano uno stipendio medio basso, che in Italia sono la maggioranza (al di là del confine è diverso). Non sarebbe il caso di parlarne?

Anche qui, si vede solo il tavolo. Neanche un fiore.

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