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Divagando

L’AVVENTURA ALLE SPARTAKIADI DI PRAGA

AMBROGIO VAGHI - 29/06/2012

L’apertura delle Spartakiadi del 1985

Se il basket era stato lo sport che aveva avviato un gruppo di varesini a Brno ed in Moravia, possiamo dire che sulle strade del Varesotto, del milanese e della vicina Svizzera sono germogliate le amicizie che ci hanno portato più volte a Praga ed in Boemia. Le strade di Varese, dove si correva il Trofeo Caduti Biumensini, fiore all’occhiello della Biumense di Renzo Capanna e di Broggini. Quelle di Sesto San Giovanni, dove ogni primo maggio si svolgeva la grande gara internazionale di marcia, o quelle ticinesi del Lugano Trophy e della massacrante Olivone-Chiasso, una 100 km condotta a staffetta, che attraversava l’intero Cantone. Qui conoscemmo i migliori marciatori europei e tra di essi, tedeschi, ungheresi e cecoslovacchi. Fu appunto con questi ultimi che si intrecciarono solidi rapporti di amicizia grazie al loro allenatore Venceslao Wagner. Una persona splendida nei rapporti umani prima ancora che apprezzato tecnico della marcia. Un po’ poliglotta, discendeva da una nonna materna friulana e amava profondamente il nostro Paese. I nostri referenti di Praga oltre a Venceslao erano due gemelli entrambi medici ed un restauratore di antiche dimore, tutti atleti dilettanti, ovviamente. Ci invitarono per un lungo soggiorno presso le loro famiglie ma insistettero affinché questo avvenisse in occasione della loro Spartakiade. Era il 1965. Ci tenevano molto e non potevamo mancare. Organizzammo le nostre vacanze in modo da poterli accontentare. Anche noi eravamo del resto felici di partecipare a quell’avvenimento sportivo.

Per le nostre scarse conoscenze pensavamo si trattasse, in piccolo, degli stessi giochi che periodicamente si tenevano a Mosca tra le èlite di atletica degli stati dell’Est. Sbrigate tutte le complesse pratiche ritornammo in Cecoslovacchia questa volta passando dal valico di Dolni Dvohle attraversando nuovamente il non più, per noi, agghiacciante cordone della “cortina di ferro”. Ne avevamo già avuto il battesimo! L’accoglienza a Praga fu inimmaginabile. Risiedemmo presso le famiglie dei nostri amici, il che ci permise di comprendere meglio le loro abitudini di vita e di lavoro. Un lavoro che iniziava non più tardi delle sette del mattino e che non terminava generalmente dopo le 15, lasciando per lo sport e la cultura molto tempo libero. Anche questo regolato da altri ritmi : spettacoli teatrali che s’iniziavano tra le 17 e le 18 e che, terminando verso le 21, mandavano tutti presto a nanna. Conoscemmo anche i genitori dei nostri amici, anziani laureati, l’uno funzionario comunale e l’altro direttore di una fabbrica di cioccolato. Due persone seriose ma simpaticissime con le quali era molto più facile intendersi che non coi loro figli, abbastanza digiuni in quanto a lingue nostre. Salvo il russo ben insegnato a scuola ed il tedesco. Appunto i genitori ricordavano un po’ di francese ma soprattutto dimostravano una ottima conoscenza del latino. Che divenne un buon modo per intenderci in certi frangenti. Fu la prima e forse l’unica occasione in cui la lingua dei nostri antenati mi servì per comunicare tra vivi!

I giorni che mancavano all’evento furono utilizzati dagli ospiti per farci conoscere tutti i maggiori tesori della loro città. Le nostre aspettative suscitate dalle letture dei romanzieri boemi non andarono deluse. Ci apparve non la narrata Praga “dai tetti d’oro”( tetti coperti di rame sì, e si sa che il rame appare d’oro solo prima di ossidarsi…), ma pur sempre una città splendida. Una gara, quella dei nostri amici, per farci vedere tutto. Ed una bella maratona per noi. Il teatro ed il museo nazionale, le sale concerto, il cimitero ebraico, la Chiesa del Bambin Gesù e quella dove predicava Giovanni Huss. Eretico verso la chiesa cattolica e nemico dei nobili sfruttatori dei contadini, finito arso vivo sulla piazza centrale. La torre dell’orologio animato ed i tanti momenti di attrazione turistica. Da non confondere però col fascino dei silenzi delle vie del vecchio quartiere oltre la Moldava, la mitica Mala Strana. E poi il Castello, con all’interno la gotica Cattedrale di San Vito, il Palazzo del Presidente della Repubblica unito ai tanti altri palazzi di linee rinascimentali progettati da architetti italiani. Sempre nel Castello la via delle casette degli alchimisti, simpatici venditori di fumo che avevano convinto il Re di Boemia a credere nel sogno di produrre artificialmente l’oro. E per i loro fantasiosi esperimenti, avevano attenuto nientemeno che vitto e alloggio a vita.

Un particolare ci aveva colpito: ovunque incontravamo frotte festanti di ragazzi e ragazze di varie età inquadrati e con perfette colorate divise. Erano veramente tanti, gioiosi, la città ne era invasa. I nostri accompagnatori ci dissero che tutti erano convenuti nella capitale per la Spartakiade e che erano ospitati nelle scuole e negli istituti cittadini. Pensammo quindi si trattasse di turismo scolastico o di gite premio. Dovemmo ricrederci. Erano loro i protagonisti dei giochi e lo scoprimmo il giorno dell’evento.

I nostri amici ci portarono a Strahov, un grande pianoro, con parchi e qualche antica dimora, che sorge sulla collina che sovrasta Praga. Era qui il cuore della manifestazione che pensavamo si svolgesse in un classico stadio. A sorpresa ci trovammo all’interno di un complesso sportivo assai anomalo. Niente piste od altri impianti. Un’enorme arena col sedime di almeno quattro normali campi di calcio e circondata da un anello di robuste tribune in legno, un po’ trascurate, ma capaci di ospitare , ci dissero, circa duecentomila spettatori ! E noi che ci aspettavamo gare di atletica leggera. Pensammo subito ad uno spreco insensato, ad una megalomania del regime comunista. Salvo ricrederci più tardi quando venimmo a sapere che quella arena venne costruita nel lontano 1928 e che noi avremmo assistito a saggi ginnico-sportivi di massa. Questa era la loro Spartakiade. Iniziata al suono di un godibile motivo sincopato, tipo musical americano anni ’30, che farà poi da refrain per tutta la manifestazione, entrarono subito in campo oltre 4.000 ragazzini che si posizionarono per il loro esercizio. Al ritmo di musica svolsero una serie di evoluzioni creando fiori e figure fantastiche, colorate dai costumi e dai drappi che i piccoli protagonisti rivelavano a sorpresa traendoli da chissà dove. Fu quindi un susseguirsi di quadri e di esercizi. Entrarono altri ragazzi e ragazze, si salì con l’età, si scese col numero dei protagonisti in campo (sempre oltre i 2000 ed anche i 3.000 ) e gli esercizi diventarono sempre più complessi, appassionanti. Il terreno, si sa, è il migliore “grande attrezzo” ginnico e viene sfruttato al meglio. C’era tanta coreografia ma anche buon livello tecnico. Lo spettacolo fu avvincente . Coinvolse emotivamente anche noi ed esaltò il pubblico che sottolineava col boato di applausi i perfetti sincronismi e le coreografie più belle.

Intanto noi, durante gli intervalli, ci godemmo un’altra curiosità : lo spettacolo dei tantissimi inservienti che in lungo camice bianco servivano su grandi vassoi boccali di birra e salsicce con pane di segale e mostarda di senape. Ma quanto mangia, e sopratutto quanto beve questa gente !

Sedevano vicini a noi alcuni anziani cechi a suo tempo emigrati in Canada. Erano tornati come altri connazionali sparsi per il mondo, proprio per assistere alla Spartakiade. Un fascino che poi ci venne spiegato. L’origine di esso andava ricercato nel lontano Ottocento quando le Spartakiadi venivano organizzate dai Sokol, associazioni giovanili patriottiche, nate per far crescere forti e coraggiose le nuove generazioni . Preparate per battersi per l’indipendenza nazionale, ovviamente allora contro l’oppressore Austro-Ungarico (e più recentemente contro il nuovo oppressore russo?) Un sentimento nazionale certamente rivissuto .

Anche la struttura e la partecipazione a base nazionale era stata mantenuta. Infatti la Spartakiade, che si svolgeva ogni quinquennio, di fatto aveva una vita permanente. Veniva avviata ,negli anni precedenti l’incontro nazionale, nelle scuole e nelle associazioni di tutto il Paese. Gli esercizi e le coreografie pre definite venivano attuate mano a mano nei villaggi, poi ripetute insieme a livello di città o di comprensorio e su su fino a giungere al grande incontro nazionale. Al quale appunto stavamo assistendo.

Il finale fu la parte più specificamente tecnico- ginnastica oltrechè fortemente coinvolgente e spettacolare. Entrarono dei camioncini che posarono in campo nientemeno che 600 parallele, il classico attrezzo che teniamo nelle palestre. Dopo di che fecero il loro ingresso altrettanti 600 giovani ginnasti nella classica tenuta bianca di gara. Sempre ritmati dalle musiche eseguirono una serie di esercizi collettivi di ottimo livello tecnico, ovviamente in sincro. Uno spettacolo magnifico. Un tripudio.

La Spartakiade venne ripetuta, sempre a pagamento col tutto esaurito, tre volte nella settimana. Al termine tutte le migliaia di artefici della manifestazione ebbero l’onore di sfilare insieme nella lunga Piazza Venceslao salutati e ringraziati dall’entusiasmo di una folla di praghesi. Un momento anche per noi indimenticabile

Nel nostro soggiorno non mancò la partecipazione ad una partita di calcio in uno stadio dei nostri tempi. Una grande occasione : il derby cittadino tra la Slavia e la Spartak. Fummo nuovamente colpiti dai tanti inservienti in camice bianco che servivano senza tregua birra e salsicce. Il tifo era alle stelle alimentato anche dalle grandi bevute del biondo nettare. Cori e sfottò sopratutto verso un famoso giocatore della Slavia. Non abbiamo capito il perchè, ma evidentemente anche per il tifo calcistico “ogni mondo è paese “.

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