Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

MY SWEET LONDON CHE DIVENTA OLIMPIA

DANIELE ZANZI - 20/07/2012

Sua Maestà con Daniele Zanzi

I Giochi olimpici ritornano per la terza volta nella loro storia a Londra, nella grande Londra; di sicuro sarò incollato alla televisione a godermi oltre alle competizioni sportive anche questa splendida città.

Amo terribilmente Londra, mi ci trovo bene; ci torno spesso e volentieri, appena posso o ne ho la scusa. Ogni occasione è buona: la visita ad un amico, una mostra floricola, un giardino o un parco da visitare, una conferenza o un corso alla Società Linneana in Oxford Street, l’inaugurazione di un nuovo padiglione nei Royal Kew Gardens, una partita di calcio con la scusa di seguire i colori del cuore, una gara podistica cui partecipare. La amo non solo come può fare un turista abbagliato dal suo fascino, dai suoi monumenti, dalle sue atmosfere, da quella sua vita quotidiana che è diversa da ogni altra città europea, ma anche e soprattutto per ciò che ha rappresentato e rappresenta nella mia vita professionale e famigliare.

Non sempre è stato così, anzi: debbo confessare che in gioventù mal la sopportavo; colpa degli studi liceali, dove con l’inglese ci si fermava alla quinta ginnasiale e di Londra noi studenti francamente ne facevamo una pelle e non ne potevamo più! Hyde park, Speaker’s Corner, Marble Arch, i gioielli della corona con i Beefeaters e i corvacci neri a contorno, il rito del tè alle cinque, i “parrucconi” in Parlamento, Piccadilly Circus e Carnaby Street, la British life and culture …tutte quelle abitudini e quel modo di vivere così diverso dal nostro; non capivo il senso di studiare e mandare a memoria, per di più in inglese, quei luoghi, quelle tradizioni a noi così estranee e lontane. E poi quelle squadre di calcio inglesi, odiose con i loro maleducati tifosi, così snob e monotone; gioco fisico e cross dal fondo e null’altro; io che invece adoravo l’ “abatino” Gianni Rivera, così fragile e così geniale! Figuriamoci!!

Si studiava una città, la sua toponomastica, le sue abitudini, i suoi riti senza aver toccato con mano, senza esserci mai andati. Tutt’al più si riusciva a strappare qualche informazione di vita vissuta da quei pochi fortunati compagni di banco che erano stati spediti per le canoniche tre settimane estive di studio in Inghilterra. Per me e per molti altri Londra non era altro che la “Perfida Albione” e gli inglesi “il popolo dei cinque pasti al giorno”!

Ho dovuto poi ricredermi; le circostanze della vita e del mio lavoro mi hanno portato a riconsiderare questa città fino a farla divenire la mia seconda casa. Londra patria di giardini, parchi e maestri giardinieri che iniziai a frequentare per strappare loro il mestiere accorgendomi, non senza stupore, che per loro era un piacere il trasmettere con gioia e senza ritrosie la propria arte. Sì, perché per gli inglesi il giardinaggio è un’arte, un vero stile di vita, uno status symbol senza barriere di censo, cultura o lignaggio. Ne parlano e ne discutono tutti come da noi accade per la Nazionale di calcio: tutti ne sono esperti; non però a sproposito. A Londra ci si può perdere nei suoi parchi e nei suoi giardini, tutti uno dietro l’altro in una processione verde che ha dell’incredibile! Li conosco tutti a menadito; sia per motivi professionali – in alcuni sono stato chiamato per prendermi cura di qualche esemplare arboreo -, ma anche perché ho la buona abitudine, ad ore antelucane, di andarci a correre inanellando in successione St. James’s Park, Green Park, Hyde Park, Kensington Park finendo poi con una piccola deviazione nel traffico cittadino nello stupendo Regents Park, quello di Penny e Pongo e di Mary Poppins. In tutto quindici chilometri circa nel cuore di una metropoli senza mai uscire dal verde e dagli alberi. In quale altra città al mondo sarebbe possibile?

Ecco perché la maratona di Londra si chiama “Flora Marathon” e la mezza maratona “La Mezza dei Parchi”. Londra Città Olimpica; avvenne già nel 1908: la mitica – almeno per noi maratoneti – Olimpiade dell’impresa di Dorando Petri, il piccolo grande fornaio maratoneta emiliano che correva con improponibili scarpette a punta e che crollò esausto a pochi metri dal traguardo venendo squalificato per aver varcato il traguardo sorretto dai giudici. Ma nonostante ciò la Regina Alessandra lo volle premiare ugualmente come vincitore morale della competizione.

La maratona moderna nasce proprio lì a Londra: 42,195 Km tutti di corsa. Sono proprio quei 195 metri che mi suonavano strani finché qualcuno mi spiegò appunto che proprio in quell’edizione olimpica per dare agio alla Famiglia reale inglese di dare il via alla competizione comodamente dal balcone di Buckingam Palace, con aplomb tipicamente inglese, si allungò, all’ultimo momento,la distanza proprio di quei fatidici ed incomprensibili 195 metri fissando per sempre la distanza di competizione.

Da Londra partivano due secoli fa “i cacciatori di alberi” mandati dai Lord e dai nobili a ricercare rarità botaniche in giro per il mondo. Storie e vite avventurose, leggendarie e fantastiche; si rischiava la vita – e molti ce la lasciavano per davvero – per portare a casa una nuova pianta, un’orchidea esotica o un seme da far germogliare. Per me Londra vuole dire l’orgoglio – sicuramente l’highlight della mia vita professionale – di essere accettato come progettista con l’amico Francesco Decembrini al Chelsea Flower Show, la più importante manifestazione del mondo del giardinaggio e del landscaping dove ogni anno si confrontano le tendenze, le mode e le eccellenze del paesaggismo internazionale. Terzi italiani in più di centocinquant’anni di storia e di edizioni ad essere ammessi, dopo una severa selezione, a concorso per presentare il nostro progetto di giardino. Significa aver lavorato per mesi al nostro progetto “Luci e colori delle Alpi” per dare agli inglesi il senso dello spazio che si dilata nei nostri giardini e nei prati alpini.

Riprodurre in un giardino di trenta metri quadrati i colori e le sensazioni d’infinito che si hanno quando in una serata d’estate ci si distende sui prati fioriti dell’Alpi di Siusi.

Non ci abbiamo dormito di notte per trasmettere queste sensazioni, ma ci siamo riusciti. E alla fine l’incontro con Sua Maestà Elisabetta II, la sua stretta di mano, i cinque minuti di colloquio per spiegarle il senso del progetto e del giardino realizzato e l’orgoglio di essere lì a rappresentare l’arte dei giardini italiani e la mia Patria; e le gambe che mi tremavano quando ho intuito che veniva proprio verso di me per conoscermi e per congratularsi. Ecco in quel momento, vedendo avanzare Her Majesty verso di me con aria mite e incuriosita, in quell’interminabile minuto mi sono rivisto sui banchi del ginnasio a sbuffare quando la nostra mitica Professoressa Cerra ci “deliziava”, sempre a labbra strette e serrate come si conviene a un tipico inglese, sulle abitudini e sulle tradizioni dei londinesi, sulla vita dei loro Reali e ce ne domandavamo il perché.

Ho avuto la netta sensazione che fosse la Storia stessa a venirmi incontro lì al Chelsea Flower Show. Ho capito che la Storia – quella con la S maiuscola – e le tradizioni non sono acqua… e mi sono emozionato e ho iniziato a parlare anch’io a labbra serrate.

Questa è la mia Londra; di sicuro nelle prossime settimane me la gusterò in TV con i suoi giochi olimpici, con la sua storia, con i suoi giardini, con le sue tradizioni e con i suoi riti che ho finito per accettare e sentire un po’ parte di me stesso.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login