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Attualità

AL FONTANILE DELLA VALLETTA

CARLA TOCCHETTI - 20/07/2012

Il fontanile della Valèta

Una ricerca storica di Rosalba Ferrero sul Fontanile della Valèta (tra Casciago e Varese) aggiunge un importante tassello al progetto di valorizzazione culturale del luogo, appena ristrutturato: in un contesto naturalistico ancora incontaminato convivono una sorgente carsica, un lavatoio ultracentenario in pietra e un ruscello affluente del lago di Varese.

 Si fa tanto parlare di identità del territorio, in genere quando è a rischio di estinzione, ma spesso la definizione resta vaga. Nel caso del Fontanile l’identità viene ricostruita attraverso un concreto recupero delle tradizioni, della storia minore, delle memorie della gente che vi abitava. Dati e testimonianze alla mano, il Fontanile è patrimonio ambientale e storico-sociale che costituisce nicchia di eccellenza, perlomeno nella nostra provincia. Ricostruirne – anche da un punto di vista archivistico, come ha fatto la Ferrero – i passaggi di proprietà significa leggere le vicende delle famiglie nelle varie fasi storiche che si sono succedute e che hanno modificato l’assetto sociale e abitativo del nostro territorio.

Innanzitutto ci troviamo di fronte a un pedigree di tutto rispetto: il Fontanile era possedimento della famiglia di rango nobiliare Bianchi, presente da secoli con proprietà da Velate fino al Lago di Varese. Costituiva probabilmente un annesso di una masseria di campagna che governava attività contadine (viti, campi, casali). Verso la fine del 1600 passò in mano al ramo Bianchi d’Adda, purtroppo destinato ad estinguersi meno di duecento anni più tardi. Ci piace immaginare i Bianchi d’Adda, come tanti altri nobili e patrizi o appartenenti alla borghesia milanese partecipassero al grandioso periodo degli Este, quando a Varese erano di moda le “ville di delizie”, con fastosi ricevimenti nei giardini e battute di caccia nel vicino Sacro Monte sopra Velate.

Nel 1824 l’area del Fontanile viene ceduta al proprietario terriero Antonio Tallachini il quale con visione imprenditoriale capisce l’importanza di avere acqua per la pianificazione dei sistemi irrigui e per aumentare la resa dei terreni agricoli: il profitto può crescere anche di tre volte! Di certo, Tallachini incentiva, in una zona favorevolmente predisposta, la coltivazione dei gelsi per implementare l’allevamento dei bachi da seta. Nel 1845 apre la prima filanda serica del territorio, coinvolgendo le donne e le contadine del luogo con un doppio lavoro di carattere stagionale. Purtroppo la malattia contratta dai gelsi in tutta la zona decreta la moria di numerosissime piante che prima caratterizzavano il profilo del territorio. Anche la filanda viene dismessa e l’abbandono di questa attività sancisce un nuovo passaggio di proprietà della zona del Fontanile, questa volta addirittura “con incanto”, quasi a suggerire la fretta di costituire liquidità monetarie in tempi difficili.

Con le difficoltà della prima guerra mondiale tornano nuovamente proprietari della zona milanesi, affascinati dalla villeggiatura e dallo splendore della provincia del Liberty. Il loro passaggio è scandito da frazionamenti ereditari e dall’arrivo della seconda guerra mondiale. In quegli anni i terreni vengono ceduti ai Campiotti, varesini, proprietari terrieri e allevatori con azienda agricola a Casciago, la cui produzione principale era fieno. Con le marcite create dal Fontanile (l’acqua sorgiva ha temperatura costante di 12 gradi anche d’inverno), i prati fornivano foraggio fresco, erano possibili anche nove tagli l’anno, a partire da fine Febbraio. Nella “cascina con l’arco” tenevano bovini e bestiame.

L’attuale proprietario, Carlo Campiotti, si ricorda che veniva col padre da Varese con una delle prime autovetture allora esistenti. Racconta: “Con un cane in macchina e un altro cane che ci correva dietro… La strada da Varese era in terra battuta, una meraviglia, e nel Fontanile c’erano i gamberi di fiume…”. L’acqua del Fontanile veniva convogliata fino ai binari della ferrovia tramite condutture a cielo aperto che la famiglia Campiotti provvide successivamente a interrare per evitare dispersioni e perdite. Vi erano parecchi punti di presa d’acqua a valle,, che davano origine a bacini e pozzi.

È importante sottolineare che il Fontanile, pur essendo di proprietà privata, in passato era concesso liberamente in uso alla comunità. Oggi, in occasione del recente recupero paesaggistico del sito, una convenzione pubblico-privata permette di nuovo di godere di questa preziosità. Se ricostruire la storia del territorio contribuisce a conservarne nel tempo l’identità, i prossimi passi del progetto di valorizzazione del sito del Fontanile saranno finalizzati a coinvolgere e ad accompagnare la popolazione a una nuova fruizione del sito nella consapevolezza e nel rispetto dei valori ambientali e sociali che la sorgente e il lavatoio hanno rappresentato.

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