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Ambiente

LE LETTERE SENZA RISPOSTA

ARTURO BORTOLUZZI - 21/09/2012

Prendo dalle numerose lettere di lettori apparse anche molto recentemente nei quotidiani locali a proposito della mancata risposta alle proprie lettere mandate agli amministratori degli enti locali. Mi fa piacere ci sia qualcuno che si lamenti del comportamento non rispettoso delle leggi e dei basilari principi di educazione, che si permettono di avere la maggior parte dei reggitori degli enti pubblici ovvero degli enti privati che svolgono un pubblico servizio.

Approfondisco quindi una questione di metodo che secondo me ha grande rilevanza e che ho vissuto in diretta: la difficile relazione che Amici della Terra Varese, che presiedo pro tempore, settimanalmente intrattiene con gli enti a cui scrive. Questione che, nello specifico, ho incontrato con la Regione Lombardia, con il Comune di Varese, con quello di Busto Arsizio, con quello di Gallarate, con le FNM, come con tante altre istituzioni ed anche con la Provincia di Varese. Relazione che è normata dalla Legge (L. 241-90) e che non dovrebbe essere, com’è, occasionale e eventuale.

Legge che, infatti, sancisce il diritto di chiunque solleciti la pubblica amministrazione, ad avere una risposta per iscritto.

Citando un caso direttamente vissuto, mi rifaccio a quanto capitatoci nel 2010. Essendo preoccupati, avevamo scritto alla presidenza della Regione Lombardia il 4 maggio perché potessimo avere precisazioni riguardo ad un articolo apparso sul Corriere della Sera lo stesso 4 maggio in cui veniva riportata un’intervista al presidente onorario del FAI che faceva presente come il decreto legislativo 85/10 potesse avvallare una dispersione dei beni demaniali.

Ebbene il DC AFFARI istituzionali e legislativo della Regione Lombardia, ci ha risposto con lettera datata il 22 dicembre 2010, solo per il fatto che avevamo protestato per la mancanza di un riscontro presso il Difensore civico della Regione Lombardia.

Se fosse vero (come riteniamo che sia) che l’istruzione delle pratiche amministrative (secondo la ratio del legislatore europeo e nazionale) debba avvenire attraverso un’attività di concertazione tra gli enti istituzionali e la società civile interessata, non ha alcuna ragione la presenza di un lasso di tempo di sette mesi dalla domanda e risposta. In questo modo non è possibile avvenga una fattiva collaborazione tra pubblico e privato per la predisposizione di un atto giuridico. È palese come l’Ente pubblico con il suo comportamento intollerabilmente silenzioso e non collaborativo affermi di fatto di voler fare per conto proprio.

Non è tollerabile un simile comportamento come non è tollerabile che per avere ragione dei nostri diritti noi si debba ricorrere al Difensore civico.

In molti casi, però, questa è l’unica tutela che noi si possa avere. Come, ad esempio, presso la Provincia di Varese in cui non c’è la figura del Difensore Civico, quando il Presidente non risponde alle lettere che gli inviamo, noi non abbiamo alcuna tutela a meno di poter ricorrere al tribunale amministrativo. Non abbiamo allora i soldi per poter pagare un legale che possa difendere e illustrare le nostre ragioni.

La impressione che abbiamo è che vi sia da parte di chi gestisce le istituzioni la volontà di decidere in proprio senza ascoltare le proposte di altri.

Questo è ancora più lampante nel caso in cui la partecipazione sia onere tassativo che le istituzioni debbono rispettare per poter proseguire negli steps previsti per l’approvazione di un documento di particolare interesse generale, quale il PGT.

Alle stesse pubblicizzate ma mai coltivate capita che alle riunioni partecipino in molto pochi.

Nel numero trascorso ho denunciato come in pochissimi abbiano partecipato alla recente discussione della VAS del piano urbano della mobilità di Varese. Lamentarsi è completamente inutile, perché tanto la risposta degli uffici deputati è sempre la stessa: “Noi abbiamo avvisato gli enti che in teoria avevamo l’interesse a partecipare. Se non sono venuti vuole dire che hanno completa fiducia di chi gestisce le istituzioni”.

Peccato che poi che questi enti siano i primi a lamentarsi della non adeguata pubblicizzazione. Ora la partecipazione è utile solo a far perdere del tempo alle strutture comunali e ai pochi rappresentanti degli enti che partecipano. Serve allora una nuova legge che imponga regole più chiare e che obblighi le istituzioni a realizzare una effettiva partecipazione. Facendo insomma un caso specifico, Varese pullula di enti che costituiscono il terzo settore che ben potrebbero portare all’interno delle istituzioni la propria raffinata esperienza qualificandone l’attività. Ebbene non rinunciamo a questa ricchezza. la si sappia cogliere a piene mani. servirebbe comunque solo ad istruire le pratiche amministrative e non ad assumere una decisione finale che resterebbe sempre appannaggio degli eletti.

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