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Opinioni

LA COSCIENZA FERITA DEGL’ITALIANI

ROMOLO VITELLI - 03/11/2012

In occasione della ricorrenza della famigerata Marcia su Roma vi sono state in quasi tutta l’Italia e in particolare sul Web, varie celebrazioni, la più importante è stata quella di Predappio. In questa località, dove è sepolto Mussolini, sono arrivati in cinquemila a portare il tributo al Duce. Tra i tanti nostalgici coi capelli bianchi, vi erano anche giovani e quarantenni in camicia nera, fez, e stendardi fascisti.

Questa provocatoria celebrazione ha suscitato lo sdegno dell’ANPI e la protesta dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, che ha emesso il comunicato che segue: Oggi, 28 ottobre, triste anniversario della ‘Marcia su Roma’ purtroppo celebrata da gruppi di nostalgici in varie parti d’Italia, l’UCEI esprime preoccupazione per gli insorgenti fenomeni di ideologie razziste e antiebraiche“. Queste manifestazioni però non sono venute da Marte e non sono le uniche a riempire la cronaca di questi ultimi mesi. Abbiamo avuto l’inaugurazione del monumento al criminale di guerra Graziani ad Affile, il quadro con Mussolini a cavallo, esposto in un Istituto di Ascoli Piceno, il tentativo di intitolare un aeroporto di Forlì a Benito Mussolini, l’accettazione da parte del Capo di Stato Maggiore della Marina Luigi Binelli Mantelli del “crest” (una targa con logo) dalle mani di due aderenti della Decima Mas, che com’è noto, ha compiuto crimini di guerra quando era alleata dei nazisti. Infine la settimana scorsa vi sono state incursioni neofasciste al liceo Giulio Cesare e Mariani di Roma, due storici licei della capitale. Al Giulio Cesare ha fatto irruzione un gruppo di incappucciati che ha seminato il panico tra i ragazzi e il personale.

I corridoi e le aule erano invase all’improvviso dal fumo dei fumogeni. “Si è trattato di un vero e proprio assalto” racconta una bidella, che si è ritrovata davanti dei giovani con il volto coperto, che “agitando manganelli, bastoni urlavano ‘Viva il Duce’ e in pochi minuti, fuori e dentro dall’istituto, c’era solo fumo”. L’azione è stata rivendicata dopo poche ore dal gruppo fascista Blocco studentesco, l’associazione di ispirazione fascista attiva nelle scuole e nelle università.

Dopo l’incursione neofascista nei licei romani sono arrivati i giovani dell’ANPI con lo striscione “Ora e sempre Resistenza”. E due rappresentanti partigiani hanno chiesto di poter partecipare all’assemblea d’Istituto del Giulio Cesare per parlare della lotta di Liberazione. “Gli studenti – secondo quanto riferisce tutto compiaciuto Il Secolo d’Italia – hanno chiesto ai rappresentanti e ai manifestanti dell’ANPI di allontanarsi: «Non vogliamo essere etichettati con le ideologie politiche di alcun tipo»”.

A questo punto sorgono spontanee alcune domande: come è possibile che in un’Italia democratica, nata dalla Resistenza, con una Costituzione antifascista, si possono avere manifestazioni del genere che feriscono la coscienza di milioni di italiani e sono un affronto vergognoso alla memoria dei tanti martiri che sono morti per ridare dignità e libertà al popolo italiano? Com’ è possibile che giovani studenti mettano sullo stesso piano nostalgici del fascismo e partigiani, dimostrando così una scarsa coscienza storica, civile e morale? Com’è noto nel 1945 il fascismo, che aveva recato tanti lutti e miserie al popolo italiano e si era macchiato di genocidi e crimini di guerra, venne sconfitto dagli Alleati e dai partigiani.

Nel 1948 i costituenti rubricarono nella Costituzione Italiana la memoria, la pratica e l’ideologia fascista democratica, come crimine. E nel 1952 venne approvata la “Legge Scelba”, che diede attuazione alla XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione.

Quella legge precisa che si “ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”. La legge punisce severamente con pesanti sanzioni pecuniarie e penali e con lo scioglimento delle organizzazioni e la confisca dei beni ecc., chi si rende colpevole di simili reati. In questa legge c’erano,come si può vedere tutte le premesse giuridiche per impedire la carnevalata di Predappio e le altre “marce su Roma” che si sono verificate un po’ in tutta Italia (salvo lì dove come a Cittiglio il presidio antifascista dell’ANPI di Varese è riuscito ad impedirlo).

In Germania, culla del nazismo, qualcosa del genere non sarebbe mai potuta avvenire, perché in Italia invece è accaduta? Brevemente diremo che mentre in Germania sono stati fatti i conti con il nazismo e con l’Olocausto, in Italia tutto questo non è stato fatto con il fascismo; e l’epopea della Resistenza e le vicende dello sterminio degli ebrei e dei deportati, sono stati lentamente e scientemente rimosse. A questa rimozione hanno contribuito ragioni molteplici e riconducibili sostanzialmente alle vicende specifiche storiche, culturali e politiche internazionali e nazionali del nostro Paese. Quali ad esempio: lo schieramento italiano nel nuovo contesto della guerra fredda, insieme a molte altre cause nazionali fra le quali – come ricorda Moni Ovadia, stigmatizzando i rigurgiti neofascisti – “il furioso anticomunismo viscerale delle forze più conservatrici, che legittimò il ricollocamento di moltissimi ex fascisti, mai redenti, nei gangli più delicati degli apparati statali, negli organi della sicurezza interna e nei servizi segreti”.

In Italia la rilettura storica del fascismo ha preceduto il “ritorno del rimosso” con la fine dei sistema politico nato nel 1945-46 e la legittimazione degli eredi del fascismo come forza di governo ad opera di Berlusconi che sdoganando il MSI, ha permesso che rappresentanti di quel partito diventassero ministri e proponessero anche leggi per equiparare i repubblichini ai partigiani e per ridimensionare e banalizzare anche quell’immane tragedia che è stata la Shoah.

Purtroppo con la scomparsa lenta e progressiva degli ultimi partigiani e degli ultimi ex sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti vengono meno le testimonianze dirette dei protagonisti di quella pagina gloriosa, che è stata la Resistenza e i superstiti di quella “rottura d’umanità “ rappresentata da Auschwitz.

L’anamnesi – scrive lo storico Traverso – ha preso allora una forma paradossale: da una parte la fine dell’oblio delle vittime della Shoah, dall’altra, la riabilitazione delle “vittime” fasciste della guerra di Liberazione. La fine dell’oblio dell’antisemitismo di Stato e dello sterminio degli ebrei è coincisa allora, questo è il paradosso, con la riabilitazione dei loro persecutori”.

Naturalmente in questa complesso fenomeno di rimozione e revisione storica un ruolo l’hanno avuto anche i revisionisti che hanno cercato di ammantare le colpe del fascismo dicendo in sostanza che c’è stata “una guerra civile” e che “tutti morti sono uguali”: le morti dei partigiani e quelle dei repubblichini di Salò si equivalgono. Ma è così? Certo i morti sono uguali, ma non davanti alla storia che – come dice Calvino – li “divide in vittime e carnefici”.

Bisognerebbe vedere per quale causa sono morti: vi sono stati collaborazionisti fascisti che rastrellando ebrei, partigiani, omosessuali ecc., destinati ai forni crematori, si sono resi responsabili di orribili stragi e crimini di guerra assieme ai nazisti. Questi aguzzini per aver compiuto simili atrocità sono morti; altri invece sono morti per impedire queste nefandezze e per ridare la libertà e la democrazia calpestata al nostro martoriato Paese.

Dice Padre Maria Turoldo :“i morti non sono tutti uguali: vi sono quelli che sono morti per odio, e quelli che sono morti per amore dell’altro, della libertà e della dignità della persona umana”.

Che fare a questo punto? Come dare attuazione alla Costituzione ed educare le nuove generazioni ai valori democratici dell’ antifascismo e fare dell’Italia un Paese normale?

Credo che la risposta stia in questa bella testimonianza contenuta nella sua ultima lettera prima della fucilazione del partigiano, diciannovenne Giacomo Ulivi: “Dovremo rifare noi stessi”.

A questo compito morale e civico di “rifare noi stessi” è necessario che tutte le agenzie formative (Stato, Scuola, Famiglia e Chiesa) si dedichino senza posa perché la democrazia e la libertà per vivere hanno bisogno della continua educazione “e dell’eterna vigilanza”.

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