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Cultura

QUALE VERITÀ SULLA FUGA IN EGITTO

ROBERTO GERVASINI - 16/11/2012

La primitiva Fuga in Egitto alla Terza Cappella

Alla Sala Veratti, una delle numerose sedi dei Civici Musei di Varese, da qualche tempo lasciata alle cure ed alla gestione dell’associazione Varesevive, è possibile visitare la mostra “Nuvolone tra sacro e profano al Sacro Monte sopra Varese”. Si tratta di un’ esposizione di due tele del Nuvolone: “Giuseppe e la moglie di Putifar” e “Susanna al bagno”, due opere pregevoli che giungono dall’Accademia Tadini di Lovere.

Carlo Francesco Nuvolone (Milano 1609-Milano 1662), allievo del Cerano all’Accademia Ambrosiana, ha lavorato a Milano in sant’Ambrogio, alla Certosa di Pavia, al sacro Monte di Orta e a quello di Varese, affrescando la terza e la quinta cappella. Il Miracolo di santa Marta, prima sua opera firmata, è al seminario di Venegono.

L’esposizione, come ha detto Giuseppe Redaelli, presidente di Varesevive, si deve ad una sinergia tra realtà, gruppi diversi, tra cui numerosi Rotary della Provincia di Varese, il Comitato culturale del CCR di Ispra, rappresentato da Antonio Bandirali. Il catalogo è stampato da Lativa.

Il catalogo non poteva certo ignorare totalmente l’affresco del Nuvolone (?) dedicato alla Fuga in Egitto, di cui è lecito di nuovo dubitare sullo stato dell’opera che non pare e non parve allora così compromessa da essere distrutta. Sarebbe stato possibile un adeguato restauro? Il restauro di che cosa? Troppo forte era la volontà di far lavorare comunque Renato Guttuso lungo la Via Sacra.

La verità sull’affresco di Carlo Francesco Nuvolone, La Fuga in Egitto, di lato alla terza cappella del Sacro Monte non la sapremo mai. Ci fu un intervento di restauro nel 1923 da parte di Gerolamo Poloni, chiamato da Lodovico Pogliaghi, suo maestro. Il Poloni dipinse sopra ciò che era rimasto, non fece affreschi. Lo documentano carte di archivio relative al contratto sottoscritto dal Poloni, recuperate dall’avvocato Mario Speroni.

Il muro dove il Nuvolone aveva realizzato l’affresco, edificato contro la montagna, la parete umida, venne abbattuto prima dell’intervento di Renato Guttuso e dopo quello di Lotti, chiamato per i restauri. Come cittadino e segretario dei radicali chi scrive presentò un esposto denuncia che venne liquidato con una lettera del Sindaco di allora Giuseppe Gibilisco, indirizzata al giudice, alla quale veniva allegata “licenza edilizia” per l’edificazione di un muro a lato della terza cappella. Burocraticamente corretto, la Soprintendenza e l’amministrazione del Santuario avevano altro e determinante ruolo ma con una bella licenza edilizia “tirum gio’” anche l’ultima cena di Leonardo: il muro del refettorio è umido. Tre dita di Cattelan in acrilico, in sostituzione, lascerebbero il segno nella storia. Perché non si è salvato neppure il dipinto di Gerolamo Poloni? Al popolo non è dato sapere.

Il muro primitivo edificato da oltre quattrocento anni non portava significativi segni di degrado. La sinopia, i cartoni, i disegni dov’erano, in quale stato? Ben autorevoli studiosi (Carlo Bertelli) ed amministratori intervennero allora, senza poter fermare bulldog e bulldozer, metaforici e non. Un paio di persone (donne) ricordano le parole dello stesso Renato Guttuso verso coloro che fin d’allora, con l’acrilico in opera, criticavano la stessa Fuga in Egitto del pittore siciliano, non tanto per il valore in sé, quanto per la collocazione nel percorso seicentesco. “Lei tra cent’anni è sicuramente morta e questo acrilico sarà ancora qui”. Un signore.

Detto questo ringrazieremo sempre monsignor Pasquale Macchi, senza il quale in ben altro stato vivrebbe oggi la Via Sacra. Presenza, quella di Pasquale Macchi, che sarebbe ancor più utile oggi pensando a quel Museo Pogliaghi, gestito, parola grossa, dall’Ambrosiana per conto dello Stato del Vaticano, dove importanti, notevoli pezzi d’arte, oggetti e tappeti e cartoni giacciono ancora, osiamo sperare, al buio. Tappeti, arredi, costumi lasciati da Lodovico Pogliaghi che si spera non stiano marcendo.

Varesevive e le varie associazioni culturali, senza correre lontano, salgano a Santa Maria del Monte e si facciano prestare poche cose di tutto quel ben di dio lasciato dal Pogliaghi. Picconato Francesco Nuvolone alla terza cappella e la sua Fuga in Egitto, non si proceda oltre con Lodovico Pogliaghi nella bella casa sotto il Mosè. Il silenzio è assordante da anni, quasi da congiura.

La sala Veratti gode oggi di un nuovo look. La pensilina esterna di color rosso vivo potrebbe far pensare all’ingresso di un hotel o qualcosa di più intrigante, oggi più che mai in tema coi due quadri del Nuvolone esposti: la moglie di Putifarre, chiacchierata, si sa, e Susanna al bagno. Comunque le tele son da vedere subito.

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