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Storia

LUMI VENEZIANI NELLA VARESE DI FINE ‘700

ANNA DE PIETRI - 04/01/2013

Correva l’anno 1797. Con il Trattato di Campoformio Napoleone cedeva Venezia all’Austria e la Serenissima cessava di essere una Repubblica mentre perdeva la sua libertà. Tra i Veneziani si diffuse lo smarrimento. Memorabile la delusione di Ugo Foscolo, esule volontario, e come lui molti patrioti e simpatizzanti delle idee giacobine che si sentivano traditi.

Tra questi esuli, trovò riparo a Varese un gruppo di uomini di scienza e lettere che diedero un importante contributo al sapere del tempo, in particolare Giacomo Maria Foscarini e Vincenzo Dandolo. Proprio il figlio di quest’ultimo, Tullio, ricorda questa esperienza nel suo scritto ‘Reminiscenze e fantasie’ del 1841. Arrivò per primo Foscarini nel 1797 dopo aver percorso la Lombardia settentrionale, attratto dall’amenità del luogo. In un secondo tempo fu raggiunto dal Dandolo che si era diretto inizialmente verso la Bassa. A Varese entrambi comprarono case e terreni. Gli studi rivolti a queste due figure (tra cui quelli di Paolo Preto, Fernando Cova e Claudia Morando) ne hanno rivelato diversi aspetti. Di sicuro Dandolo, dal piglio forte e spregiudicato, era ben inserito nell’entourage napoleonico ma capace di suscitare sentimenti contrastanti. Mentre Foscarini, più schivo del primo e deluso dagli ideali giacobini, visse una vita più defilata nelle sue proprietà di Cartabbia, ricoprendo alcune cariche per la municipalità varesina.

Versati nelle scienze sperimentali, i due Veneziani proseguirono nelle nostre Prealpi le loro ricerche. Noto è il contributo che Dandolo ha dato al progresso della Chimica, sostenendo e diffondendo il pensiero di Lavoisier. Grande anche il suo impegno agronomico, enologico e nella bachicoltura, che rivoluzionò la materia. Molte le sue pubblicazioni. Sua anche l’introduzione della coltivazione della patata in Italia, cui il Grossi accenna nella ‘Cronaca di Varese’: “(1817) Il Conte Dandolo pubblicò l’opera sulla coltivazione dei pomi da terra. Genere che introdusse dall’Elvezia, e ora praticò in grande la coltivazione con sommo utile di Varese e dello Stato. Ne donò tanta copia ai miseri del Comune che li sottrasse alla fame che li struggeva”. Anche Foscarini si dedicò indefessamente a studi agricoli, enologici e sui bachi, cui fa riferimento il suo saggio “Esperienze ed osservazioni di Giacomo Maria Foscarini sulla malattia de’ Bachi da seta, conosciuta sotto il nome di Calcinetto” (1821). Oltre alle vicende contemporanee, l’agricoltura era dunque al centro degli incontri tra i due, che furono poi raggiunti da altri Veneziani in esilio: Fabris, Rota, Manenti e Stella, come racconta ancora una volta Tullio Dandolo.

Questi personaggi dimorarono presso entrambi, che gli offrirono una casa e provvidero ai loro bisogni ricreando così una sorta di ‘colonia veneziana’ ai piedi delle Alpi. Stella probabilmente fu quell’Antonio Fortunato Stella meglio conosciuto come amico ed editore di Giacomo Leopardi. Trasferitosi a Parigi nel 1797 come Ambasciatore della Serenissima Repubblica, nel 1810 impiantò la propria attività tipografica a Milano grazie anche ai capitali del Dandolo. L’abate Antonio Fabris, invece, aveva aiutato Dandolo a rivedere l’opera più importante di Giuseppe Saverio Poli: gli ‘Elementi di Fisica Sperimentale’, correggendone gli errori e aggiornandola con teorie più moderne. L’opera venne pubblicata a Venezia nel 1793 proprio dallo Stella. Di Rota e Manenti non si sa molto se non che furono uomini di grande intelletto.

Questo consesso illuminista fu una presenza che sicuramente diede molto a Varese. Le loro attività furono scandite negli anni dalle sorti napoleoniche certo, ma anche da matrimoni, figli e forse qualche dissapore (come rivela Maria Maddalena Monti), fino al graduale esaurirsi di questa esperienza con la morte di Dandolo, Rota e Manenti e il trasferimento di Stella e Foscarini a Milano. Quest’ultimo però continuò a gestire meticolosamente i suoi terreni di Cartabbia anche da lontano, fino alla sua morte (1833). E proprio le ‘Reminiscenze’ ci regalano uno spaccato quotidiano di questi illuministi veneziani: “Cereali, boschi, gelsi, agrarie rotazioni diventano per la veneta colonia…, inesauribil tema di studi e sperienze… Recandosi in braccio lor pargoletti, in mezzo al crocchio de’comuni amici, alla viva fiamma che arde sul domestico focolare i due padri di famiglia protraggono le lunghe sere invernali, d’agricole bisogne piacevolmente disputando”.

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