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Lettere

La nomina presidenziale

- 20/11/2011

 

Senza andare a scomodare Giambattista Vico, possiamo affermare che benché la millenaria storia dell’Italia si ripeta con monotona, banale periodicità, noi non riusciamo a trarre profitto dai suoi insegnamenti. Forse perché non la studiamo. Ciò che sta accadendo in questi giorni nel nostro Paese, infatti, è già accaduto all’incirca novanta anni fa. Il 29 ottobre del 1922 Vittorio Emanuele III, motu proprio, conferì a Mussolini l’incarico di formare il governo, bypassando il Parlamento e attuando, così, un “colpo di stato istituzionale”. A dettare quella decisione al re fu la necessità di dover restituire un minimo di legalità al vivere degli  italiani, sui quali incombeva (tanto per cambiare)  una disastrosa crisi economica ed un lievitante ribellismo delle masse. Il Savoia, però, non colse l’assurdo: voleva ripristinare la legalità dello Stato mediante il capo di un movimento eversore e con una decisione illegale!

Costituzionalisti puntigliosi ritengono che qualcosa del genere è andato in scena nei giorni scorsi, quando un Parlamento democraticamente eletto ha rinunziato alle proprie prerogative lasciandosi imporre, docilmente, un capo del governo non da lui prescelto ma di “nomina presidenziale”. Un tale parallelo storico appare improponibile, ma è innegabile che la frettolosa designazione di Mario Monti a capo del governo da parte del Presidente della Repubblica non ha seguito alla lettera l’iter normalmente previsto dalla Costituzione. Ma se perfino un mastino della Costituzione come Napolitano è stato costretto a stiracchiarne alcuni dettati, allora vuol dire che, da questo momento, qualsiasi lobby finanziaria potrà condizionare  le scelte politiche di capi di Stato e di governo. Un’evenienza del genere, lungi dal suscitare una qualche inquietudine in una classe politica tendenzialmente aventiniana, ha fatto scoppiare invece la pace – che, in verità, rassomiglia più ad una sniffata collettiva – e la corsa alla beatificazione di Monti: la Marcegaglia ha perfino affermato che il programma di governo di Mario Monti è lo stesso della Confindustria (sai che gioia per i lavoratori), i toni generali si sono repentinamente abbassati, le feroci contrapposizioni si sono dissolte, quelli che un tempo erano stati nemici oggi  vanno a braccetto, e pare che perfino i bambini hanno iniziato a nascere bellissimi, di sana costituzione e con un contratto di lavoro infilato nei pannolini.

V’è da scommettere che pure i politici – tangentieri trasmuteranno in collettori di oboli per opere pie! Ma i mercati, che vivono di cose concrete come il denaro e l’ambizione di volerne far ancora di più, non si fanno impressionare dai plauditores, tant’è che lo spread rimane alle stelle e le Borse continuano ad andare giù. Probabilmente esse sono in attesa di vedere se Monti possiede la capacità occorrente per tenere insieme un governo di tecnici appoggiato da PdL, PD, e UDC, di vedere realizzare le riforme strutturali occorrenti e, soprattutto, se riuscirà a convincere i maggiori partner europei della bontà del suo programma di governo. Monti, in fondo, è quello stesso economista che, dalle pagine del Corriere della Sera, alcuni mesi fa ha bacchettato Berlusconi a proposito delle sue critiche alla moneta unica e, ironia del destino, potrebbe essere quanto prima chiamato a confrontarsi in Europa con Sarkozy a la Merkel i quali, a proposito della moneta unica, hanno idee non molto dissimili da quelle del Cavaliere disarcionato. Infatti, monsieur le prèsident e frau Merkel, hanno intenzione di dare vita ad un’asse economico Parigi – Berlino, asse dal quale saranno esclusi quei malmessi Paesi che, pur restando nell’Europa comunitaria, potranno perfino uscire dall’euro, come certamente farà la Grecia e come si spera non debba fare l’Italia. Ma i problemi più grandi il senatore più rapidamente nominato nella storia dell’Italia repubblicana li avrà in casa: in tema di riforme strutturali, chi la voterà in Parlamento quella patrimoniale caldeggiata dal PD ed avversata dal PdL? Chi voterà la liberalizzazione del mercato del lavoro caldeggiata dal PdL ed avversata, invece, dal PD? Chi voterà lo sfoltimento della Pubblica Amministrazione avversato sia dal  PD che dall’UDC? Non parliamo, poi, di mettere mano alle pensioni. Meglio sarebbe stato rimettersi subito al giudizio del popolo, quel popolo che deve sapersi prendere la sua quota di responsabilità e non affidarsi  - ancora una volta! – ad un “uomo della Provvidenza”. Noi, che amiamo questo Paese, ovviamente, ci auguriamo che Monti possa fare qualcosa per portarci fuori dai guai, ma non siamo del tutto convinti che ciò possa avvenire per opera del rappresentante di quello stesso mondo economico e finanziario che li ha provocati. Saremmo felici, però, di ammettere che ci eravamo sbagliati.

Vincenzo Ciaraffa

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