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Chiesa

UN’USCITA DI SCENA SECONDO IL VANGELO

don ERNESTO MANDELLI - 15/02/2013

Sulla personalità e l’opera di papa Benedetto XVI verranno scritte molte pagine: ecclesiastici, storici, opinionisti vaglieranno questa esile figura umana, sorretta da un’intelligenza non comune e da una illuminata chiarezza teologica.

Sarà evidenziato il suo coraggio nell’affrontare il tema della pedofilia dei religiosi, “sporcizia della Chiesa”; anche qualche debolezza nei confronti dei Lefreviani; il mancato riconoscimento della collegialità dell’Episcopato, come voluta dal Concilio Vaticano II; inoltre il doloroso e urgente dramma delle coppie separate e risposate non risolto. Ma questi temi, che stanno a cuore a tutta la Chiesa, speriamo trovino ascolto in un futuro prossimo.

Oggi però di fronte a questo gesto forte e di enorme portata storica per la Chiesa, ma anche d’impatto straordinario per l’umanità intera, mi pare utile e prezioso cogliere alcuni semi evangelici.

Anzitutto la rinnovata presa di coscienza che il vero Pastore della Chiesa è il Signore Gesù.

Il Papa in terra è il suo ministro “servus servorum Dei”, che non appena riconosce la propria inadeguatezza “fisica, psichica e spirituale”, si fa da parte sull’esempio del Battista lasciando a Cristo di guidare la sua Chiesa e di scegliere altri pastori. È una lezione di coerenza e umiltà.

Inoltre il gesto del Papa evidenzia il concetto originario evangelico di autorità, che non è quello mondano di regnare, ma quello di servire.

Agli apostoli, che discutevano per individuare chi di loro fosse il più importante, Gesù presenta un bambino: ”Se non diventerete come questo bambino, non entrerete nel regno dei cieli” (Matteo 18,3).

Il bambino è per eccellenza persona che non conta, dipende da altri, non ha potere. Il gesto di Benedetto XVI è scelta di non contare più: è il nuovo stile di vita nella comunità dei discepoli di Gesù. ”Chi vuol diventare grande da voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo” (Matteo 20,26-27).

Infine le dimissioni del Papa hanno in sé la forza della debolezza. Per il mondo debolezza vuol dire mancanza di carattere, incapacità di decidere, paura di lottare. Per il vangelo, come insegna San Paolo, la debolezza accompagna la predicazione del messaggio di Gesù. Infatti il discepolo non conosce altro che Gesù Cristo e Cristo crocifisso; e la sua predicazione non si basa su “discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla potenza dello Spirito” (1 Cor. 2,2-4).

Le dimissioni del Papa, che all’apparenza possono sembrare un segno di debolezza umana, sono in realtà “manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la nostra fede non sia fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”(1 Cor.2, 5).

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