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Storia

IL MANIFESTO NASCOSTO NEL POLLO

FRANCO GIANNANTONI - 15/02/2013

Altiero Spinelli

Il fascismo è caduto da un mese. Non c’è la libertà di parola e politica perché Pietro Badoglio, il nuovo capo del Governo, con pugno militare governa il Paese ritardando il giorno dell’armistizio. Gli antifascisti restano sotto controllo. Chi alza la testa, antifascisti e operai, finisce in galera. L’esercito spara su chi protesta.

È in questo clima di incertezza e di paura che il 27 agosto 1943 in via Carlo Poerio a Milano, nell’appartamento del professor Mario Alberto Rollier, trentaquattro anni, valdese, docente di chimica al Politecnico, si danno appuntamento, provenendo da ogni parte d’Italia con viaggi immaginabili in un Paese ridotto in macerie, i partecipanti al convegno per la fondazione del Movimento federalista europeo. Un evento a lungo sognato. È il primo concreto passo verso l’unità del vecchio continente. La riunione è clandestina.

Oggi da un prezioso volumetto edito da “Il Girasole” di Valverde, Catania, a cura di Vincenzo Frustaci, dal titolo “Carlo Muscetta-Leone Ginzburg”, si conoscono particolari inediti di quella storica pagina della nuova Italia.

Il Manifesto di Ventotene, carta fondante dell’Europa, pensato e redatto nel 1941 nel confino concentrazionario dell’isola pontina, da Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi, fatto circolare e conoscere, com’era stato possibile in ambiti molto ristretti, da Ursula Hirschmann, compagna di Spinelli, era giunto a Milano in quella torrida estate fra comprensibili precauzioni dai tratti romanzeschi. Il testo era stato infatti meticolosamente ricopiato su decine di cartine di sigarette per evitare che venisse scoperto dalla polizia badogliana e infilato nella pancia di un pollo già spellato pronto per la cottura. Meglio di così non si sarebbe potuto fare.

Il testo dello storico documento, prima di essere approvato, era passato al vaglio di un approfondito dibattito fra Roma, Torino, Firenze, Bari, Milano, da parte di politici e intellettuali antifascisti come Manlio Rossi-Doria, Franco Venturi, Lodovico Belgiojoso, Eugenio Colorni, Giorgio Braccialarghe, Vindice Cavallera, Willy Jervis e Leone Ginzburg, oltre naturalmente Spinelli e Rossi finalmente liberati dopo l’avvenuto arresto di Mussolini il 25 luglio 1943. Il convegno era durato un paio di giorni. I relatori erano stati ospitati dai padri Salesiani di via Copernico, zona Stazione Centrale, luogo simbolico, dove si soleva radunare il CLNAI di Pertini, Sereni, Marazza, Longo.

Il Manifesto aveva preso forma, era stato limato, integrato, definito, protagonisti, fra i maggiori, Ginzburg e Colorni che al termine dei lavori, fra mille precauzioni, erano ripartiti per Roma. Qui il documento era stato stampato in tremila copie arricchito da una prefazione apparsa anonima, in realtà scritta da Colorni il 22 gennaio 1944.

La morte, per mano nazifascista di Ginzburg e Colorni nelle carceri romane, ha poi impedito di conoscere gli sviluppi dell’iter editoriale del Manifesto. Un’unica novità rilevante la si può ricavare da una lettera del 20 novembre 1944 di Altiero Spinelli, alias “Pantagruele”, giovane cospiratore, passato dalle galere di Lucca e Civitavecchia e dal confino di Ponza e Ventotene, che segnala come al Manifesto diede il suo contributo anche Leone Ginzburg.

 Per ricordare appunto questo grande italiano, Carlo Muscetta, condirettore del giornale di “Giustizia e Libertà”, con redazione in via Basento 55 a Roma dove Ginzburg fu arrestato il 20 novembre 1943 con altri compagni (fra cui lo stesso Muscetta), il 5 febbraio 1945 a un anno dalla morte del compagno, scrisse il testo della targa posta sul luogo della cattura: “Un agguato poliziesco / nella tipografia / de “L’Italia Libera” / strappava alla lotta clandestina / Leone Ginzburg / italiano / per passione di Risorgimento / europeo / di pensiero e di ideali”.

Muscetta non si limitò a questo evocando in uno scritto “l’uomo che, dopo aver patito la brutalità dei nazisti, sognava in carcere il giorno in cui avrebbe potuto farsi apostolo dei vittoriosi ideali delle Nazioni Unite presso il popolo tedesco redento a forza dalla bestialità hitleriana”.

Leone Ginzburg, ebreo di origini tedesche, nato a Odessa, vissuto in Italia sin dall’infanzia, austero, moralmente ferreo, punto di riferimento fondamentale nel gruppo di Carlo Rosselli, più che spendere tempo contro il fascismo al potere avendone da tempo censurato la pochezza di pensiero, aveva costruito una vera proposta politica basata sulle nozioni di autonomia e federalismo, consapevole di formare “quello che conta più di un governo, un costume”. Un federalismo solidale, generoso, equilibrato, non una visione egoistica destinato a serrarsi nell’aridità del privato. Le radici per Ginzburg del resto venivano da lontano: Carlo Cattaneo che nelle sue memorie sull’insurrezione milanese del 1848 concludeva con “Avremo pace vera quando avremo gli Stati Uniti d’Europa”; Luigi Einaudi che, a prima guerra mondiale non ancora conclusa, affermava che il vero male politico del ventesimo secolo era “il dogma funesto della sovranità assoluta”; Benedetto Croce che aveva evocato nella “Storia d’Europa del secolo decimonono” “la religione della libertà” e “il processo di unione europea” destinato a liberare l’Europa “dalle competizioni dei nazionalismi”.

Leone Ginzburg era dunque un federalista convinto fin dal tempo in cui, il 1933, su “Giustizia e Libertà” scriveva con lo pseudonimo M.S.: ”In un certo senso non si aderisce con sincerità a Giustizia e Libertà senza essere federalisti”. Ciò perché ai suoi occhi il federalismo con il passare degli anni appariva “d’essere l’unica forma liberale del nostro tempo, formulazione e presidio di libertà concrete”

Leone Ginzburg morì, ucciso dai nazifascisti, a trentacinque anni. Fece in tempo a ottenere la cattedra universitaria di letteratura russa e a dirigere la casa editrice Einaudi. Eugenio Colorni morì a trentacinque anni. Intellettuale, socialista cadde a Roma per mano della banda Koch. Altiero Spinelli scomparve nel 1986 a settantanove anni. Portò al Parlamento Europeo per anni la sua potente e libera voce. Ernesto Rossi si spense a settant’anni nel 1967 logorato da una vita durissima. Fu fra i fondatori nel 1955 del Partito Radicale. Carlo Rosselli fu ucciso con il fratello Nello nel 1937 in Francia dai “cagoulards”, assassini al soldo del regime fascista.

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