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Cultura

LUZI COME MORSELLI, LA STORIA SI RIPETE

FRANCO GIANNANTONI - 01/03/2013

Il grido d’allarme per la cultura lasciata a se stessa, alla faccia dell’ex ministro Tremonti che sosteneva che “con la cultura non si mangia”, una sorta di bestemmia in bocca ad un uomo del potere, si è alzato in questi mesi da più parti (non dalla classe politica che in campagna elettorale non ne ha fatto cenno), ma l’eco, da quel che si avverte, non ha prodotto frutti. Credo non sia casuale. È proprio un progetto politico. Impoverire la cultura non può portare che in una sola direzione, l’imbarbarimento dei costumi, il crollo dei valori, il moltiplicarsi dell’illegalità.

Torniamo al tema più stringente con un esempio che introduce la notizia che fa preoccupare: mentre per le Biblioteche Nazionali di Roma e Firenze il finanziamento è di centoventimila euro l’anno, per quella di Parigi la Francia stanzia diversi milioni. Dentro questo contenitore informativo, rimbomba lo “scandalo” del Fondo Mario Luzi. Il prezioso patrimonio librario e documentale del grande poeta, più volte, e a ragione, candidato al Premio Nobel per la letteratura, scomparso nel 2005, giace abbandonato per mano di chi ne aveva garantito la cura.

Direte, un fatto marginale. In realtà è un fenomeno non del tutto nuovo. Ripeto, gravissimo. Basti riandare con la memoria per chi ce l’ha ai duemila libri della sua biblioteca che lo scrittore Guido Morselli, oggi tornato di moda, lasciò in dote al Comune di Varese. Depositati inopinatamente nelle cantine di Villa Mirabello, solo dopo l’allagamento delle stesse per un furioso temporale, furono riportati alla luce per essere rilegati con un’ incredibile operazione di mutilazione dei bordi contenenti le note (!!!) e infine, dopo qualche anno di esposizione in una sala della Civica Biblioteca, ricacciati nel limbo del “bunker” sotterraneo, dove giacciono tuttora di fatto dimenticati a parte qualche studente impegnato nella tesi di laurea.

Per Luzi è la stessa cosa. La clamorosa denuncia è del professor Stefano Verdino, docente di letteratura italiana all’Università di Genova, tra i più seri critici dell’opera del poeta e suo carissimo e apprezzato amico. In un saggio di Matteo Lo Presti, Verdino si abbandona a una feroce requisitoria: “Il caso delle ottanta casse dell’archivio di Mario Luzi, nascoste da molti anni in squallidi locali vicino alla Stazione di Santa Maria Novella, rappresenta in modo significativo la dimenticanza, il poco rispetto che viene dedicato a personalità eminenti come Mario Luzi. Pochi giorni prima di partecipare alla seduta in Roma nella quale sarebbe stato nominato senatore a vita, Luzi improvvisamente morì senza lasciare testamento. Il figlio Gianni con grande generosità subito manifestò l’intenzione di mettere a disposizione degli studiosi le carte e i libri posseduti dal padre. Il poeta stesso aveva donato parte cospicua della propria biblioteca al Comune di Pienza. Da più parti si levarono molte voci, anche la mia, perché fossero riconosciute competenze archivistiche al famoso Gabinetto Vieusseux di Firenze”.

Qualcosa di molto importante fu fatto a cominciare da un inventario di massima di appunti, minute, corrispondenza con altri autori, collaborazioni con riviste e giornali, traduzioni delle sue opere in lingue diverse, la parte a lui più cara dei suoi libri: Rimbaud e Chateaubriand, Montale e Caproni con dediche personali. Furono elencati anche i foglietti con i commenti che Luzi inseriva nei suoi libri. Inoltre vennero ordinate le fotografie, i ritratti a lui dedicati, il materiale iconografico.

Seguì nel 2007 una mostra sommaria dell’intero patrimonio a Palazzo Panciatichi dal titolo “Ritratto di Mario Luzi” a cura della Regione Toscana ma al momento di decidere una destinazione del materiale di archivio e artistico, il presidente del Consiglio Regionale e segretario del PSI Riccardo Nencini si oppose al piano che prevedeva di depositare il materiale al Gabinetto Vieusseux, sostenendo che la Regione aveva uomini e spazio per valorizzare il materiale.

Buone intenzioni purtroppo rimaste tali. Il Fondo Luzi dorme ignorato dai più e da sei anni nei locali a piano terreno di quel palazzo dove sono finiti anni fa, un luogo tutt’altro che adatto per custodire quel tesoro. Battaglia perduta anche dal figlio del poeta, l’ingegner Gianni Luzi che ai suoi solleciti non ha avuto risposta. La situazione sfiora ora il paradosso: il materiale è in carico alla Regione ma è ancora di proprietà dell’ingegner Luzi che però non ne può disporre perché la Sovrintendenza ai Beni librari della Toscana ha posto il vincolo sui beni d’interesse nazionale.

Nel 2014 sarà il centenario della nascita di Mario Luzi, il 28 febbraio sono otto anni dalla sua scomparsa e il maggiore Ente pubblico toscano mostra un’ irriverente “distrazione” verso questo tema. Il sindaco Matteo Renzi nel settembre scorso ha inaugurato nel Quartiere 2 di Firenze una biblioteca dedicata al poeta. Buon segno. Renzi, nell’occasione, rivolto ai bambini, aveva pronunciato queste parole: “La biblioteca è il cuore di una città. Allarga il cuore delle persone. La biblioteca Luzi è un pezzo di storia di Firenze”. Sapeva il competitor di Bersani alle primarie che i libri di Luzi non possono essere ora essere letti o studiati da nessuno, sepolti come sono nell’infame topaia?

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