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Editoriale

L’ARTE DELLA MEDIAZIONE

GIAMPAOLO COTTINI - 03/05/2013

Finalmente l’Italia ha un governo. Benché il giuramento sia stato turbato da un grave atto di sangue, si è dato finalmente inizio ad un esecutivo di programma, di larghe intese, di scopo, o comunque lo si voglia chiamare, costituito da persone che sembrano poter assicurare impegno e dedizione nell’affrontare le urgenze più gravi del momento. Non sono mancate le polemiche e non si sono del tutto attutite le asprezze che hanno avvelenato il clima politico italiano di questi anni, tuttavia siamo forse all’inizio di una svolta etica rivolta al conseguimento del bene comune.

Anzitutto ricordiamo che la politica non è mai una tecnica perfetta, i cui risultati siano già garantiti dal corretto uso delle procedure per raggiungerli, ma è in senso nobile l’arte del compromesso per trovare un ragionevole punto di mediazione tra le parti che dia luogo ad una “promessa insieme” di leale collaborazione in vista di alcuni obiettivi condivisi.

Nulla, dunque, che possa evocare i fantasmi del cosiddetto “inciucio” (se con questo si intende un modo non trasparente di far politica), ma piuttosto il realizzarsi dell’arte nobile della mediazione che non va ad uno scontro frontale tra posizioni ideologiche cristallizzate, neppure si accontenta di presunti tecnicismi apparentemente neutrali, ma cerca di individuare come indirizzo operativo un punto di vista terzo tra le parti in contesa (maggioranza e opposizione, destra e sinistra, progressisti e moderati), senza la preoccupazione di conseguire una vittoria politica ma solo per realizzare almeno alcuni punti realisticamente raggiungibili.

Il Presidente del Consiglio ha intelligentemente richiamato l’urgenza di evitare lo scontro frontale, anche solo verbale o ideologico, riconoscendo che esso è fonte di una violenza che potrebbe diventare ingovernabile, e al tempo stesso ha ricordato che questa è l’ultima possibilità per poter cercare di trovare delle soluzioni credibili, senza essere costretti a ricorrere a stretto giro a nuove elezioni che non darebbero alcun risultato di maggioranza effettiva, almeno con questa legge elettorale. Un discorso di alto profilo politico culturale è stato all’origine della fiducia parlamentare ottenuta dal governo, mostrando uno spessore etico ed operativo di cui si sentiva il bisogno. Il richiamo ad un atteggiamento di moderazione e di rispetto permette, infatti, di cercare non formule ideologiche o nominalistiche, ma di risvegliare la coscienza che nessun interesse di parte (neppure il più legittimo) vale più dell’aderenza alla realtà concreta. Non si tratta di trovare un atteggiamento irenico, magari al prezzo di abbassare la soglia caratteristica della propria identità culturale e politica, ma di comprendere che l’altro è un bene, anche se è un avversario politico. Lo ha recentemente ricordato in una sua lettera al quotidianola Repubblicaanche don Julian Carròn presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, il quale sottolinea come anche l’avversario politico sia un bene in quanto persona che porta in sé la stessa domanda di salvezza che definisce ogni uomo.

Per questo bisogna tornare a pensare al confronto tra i diversi non come motivo di dialettica negativa o esclusiva, ma come dialogo che valorizzi le ragioni di tutti. L’essenza della democrazia non è lo scontro, ma il confronto all’interno del quale nulla è veramente un ostacolo, poiché in un’ottica di Bene tutto può diventare opportunità.La Chiesaci sta insegnando in questo momento non come affrontare i problemi concreti politici ed economici, ma quale metodo mettere in atto per un confronto serio, ponendo all’inizio la certezza di una positività che è alla radice della buona volontà che ciascuno cerca di metterci. Non è questione di essere ottimisti ma di essere realisti, riconoscendo che l’altro non è un nemico ma un volto che è dato per costruire. Certamente il lavoro da fare è molto, ma bisogna essere convinti che non abbiamo bisogno di profeti di sventura o di cattive cassandre, ma di fiducia nell’uomo, almeno quanto quella che i nostri padri hanno dimostrato alla fine della seconda guerra mondiale, quando si sono rimboccate le maniche per ricostruire, al di là delle divergenze ideologiche.

Ciò chiede un senso di appartenenza ad un popolo, non solo unito da ragioni linguistiche o culturali, ma segnato dal medesimo destino in cui tra l’altro l’esperienza cristiana ha un ruolo decisivo di collante tra i diversi.La Chiesaoggi è una grande forza di richiamo al valore vero della persona, e al tempo stesso di solidarietà concreta che si può esprimere nei molti modi del volontariato cattolico o di istituzioni educative che svolgono una funzione fondamentale. Bisogna avere stima del lavoro svolto in questo senso, conferendo allo Stato il giusto ruolo di garanzia dei diritti di tutti e di sostegno all’economia di ciascuno, auspicando che il nuovo Governo possa lavorare per affrontare i più immediati problemi economici e soprattutto la questione del lavoro. Il richiamo ad una moderazione verbale ed operativa è un aiuto formidabile a non lasciarsi soffocare dagli eccessi, intendendo con moderazione la posizione di chi ritrova sempre la misura adeguato delle cose, sapendo che gli estremi degli eccessi sono sempre negativi perché esasperano talune esigenze vere volendo cancellarne definitivamente altre.

La politica è per definizione l’arte del possibile e quindi non ammette dogmatismi che escludano qualcuno a priori, ed è per questo che un sano richiamo alla moderazione, all’equilibrio, alla ponderazione prudente dei fattori in gioco e delle conseguenze delle scelte, aiuta ad evitare l’esasperazione dei toni distruttivi, favorendo il reciproco credito e la reciproca legittimazione.

E forse da qui si apre per l’Italia una nuova pagina di storia.

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