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Chiesa

NO AI CRISTIANI DA SALOTTO

don ERNESTO MANDELLI - 24/05/2013

Papa Francesco, con estrema libertà di linguaggio, manda continuamente messaggi originali e incisivi. Riprendendo il tema dell’imperialismo del denaro (sul quale con puntualità e chiarezza interveniva spesso Paolo VI) richiama le contraddizioni della società moderna: la dittatura di una economia senza volto umano, che arriva a condizionare fortemente l’autonomia e la libertà degli Stati, la divisione drammatica dell’umanità, perché i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri; il disinteresse e lo sfruttamento del mondo ricco verso il mondo povero… Questa realtà tragica e dolorosa dell’umanità non può non toccare la coscienza dell’uomo onesto, ma nello stesso tempo pone un interrogativo drammatico: se ne vede una inversione di tendenza?

Gli interventi di Papa Francesco sono tesi a mettere al centro la dignità della persona, di ogni persona, e a spingere la Chiesa e ogni realtà ecclesiale a non rinchiudersi in se stessa, ma ad aprirsi di fronte ai drammi della umanità. In queste condizioni infatti si realizza la missione della Chiesa: la evangelizzazione. Mandati “come agnelli in mezzo ai lupi” i discepoli di Gesù devono annunciare la parola nuova del Vangelo, che ha il suo vertice nella croce di Cristo, la sua vita donata per tutti. Il Papa invita in quest’ottica i cristiani alla testimonianza di una vita vissuta con una espressione forte e colorita: “no ai cristiani da salotto”.

Come leggere questa affermazione? Possiamo essere illuminati da un passo del Vangelo di Matteo (7,21-23): “Non chiunque dice Signore, Signore entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: non vi ho mai conosciuti, allontanatevi da me, voi operatori di iniquità”.

Mi pare vengano denunciate due tendenze: anzitutto quella di fare del Cristianesimo una religione di riti e di devozioni, nelle quali trovano spazio il sentimentalismo e l’emotività; e inoltre quella di ridurlo a fenomeno culturale, quindi di salotto, un rischio già denunciato nella predicazione dell’apostolo Paolo: “Cristo infatti mi ha mandato a predicare il Vangelo, non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo” (1Cor, 1,17). Alla proclamazione della Parola deve corrispondere quella di una vita coerente, impegnata; una testimonianza concreta del Vangelo nella sequela di Gesù.

Qualche osservatore di fronte allo stile di vita di Papa Francesco e ai suoi messaggi incisivi va dicendo che si sta aprendo una primavera nella Chiesa, come era successo cinquant’anni fa al tempo del Concilio Vaticano II. Non possiamo che augurarcelo. Non si può comunque evadere alcune domande: chi e come accoglierà questa novità? La Chiesa europea invecchiata e stanca si lascerà interpellare profondamente da questo rinnovato messaggio evangelico? La sfida è rivolta anzitutto alle nostre parrocchie, che sono la base del popolo di Dio, invitate a mettersi in discussione perché “la Chiesa povera e per i poveri” diventi il volto delle nostre comunità e i poveri non vivano ai margini di essa.

Oggi i cristiani dovranno recuperare quella creatività e quel coraggio che nei secoli 1800 e 1900 si è sviluppato nel mondo cattolico con un sensibilità notevole verso i problemi della società. Allora sono nate cooperative sociali, casse rurali, società di mutuo soccorso… Ancora oggi occorre fantasia creativa e coraggio per dare risposte a problemi urgenti, come la mancanza di lavoro e di abitazioni a costi accessibili che sono causa di sofferenze e drammi nelle famiglie del ceto popolare sia italiane e ancor più in famiglie di immigrati. La speranza è che venga instaurato nelle nostre comunità uno stile di accoglienza, che porti ad offrire attenzione e aprire spazi alle famiglie dei poveri e degli emarginati. È un primo passo verso la evangelizzazione.

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