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Editoriale

USCIRE NEL MONDO

GIAMPAOLO COTTINI - 20/09/2013

Le ultime settimane hanno portato una straordinaria ricchezza di eventi ecclesiali e culturali che disegnano un cammino ed un metodo da riprendere all’interno delle nostre comunità: dal tema del Meeting di Rimini sull’emergenza – uomo interpretato magistralmente dal messaggio inviato dal Papa, alla veglia per la pace che ha scosso tutto il mondo, dalla risposta così interessante e persuasiva a Eugenio Scalfari sulle pagine della Repubblica sino ai quotidiani richiami sulla vita cristiana contenuti nelle prediche di Santa Marta, sino al recente messaggio ai partecipanti alla Settimana Sociale dei Cattolici svolta a Torino, tutto si rivolge a dimostrare che non esiste un Cristianesimo per chi è già “dentro” l’evento di fede ed un Cristianesimo per i cosiddetti “lontani”, e che la fede non è questione di presunzione di Verità per chi già la pratica e oggetto di ricerca per chi dice di non credere.

La verità è che il caso veramente serio dell’esistenza è il desiderio di felicità e il bisogno di senso che investe ogni singolo uomo, a qualunque cultura o a qualunque condizione appartenga, e che lo rende simile a tutti nell’impegno con il presente. È lo stesso richiamo della lettera pastorale del Cardinale Scola “Il campo è il mondo” che invita a seminare – secondo l’immagine della nota parabola – il vasto campo dell’umano che è fatto soprattutto di affetti, lavoro e riposo per ogni uomo. Un esempio chiaro è il tema della famiglia: non esiste una “questione cattolica sulla famiglia”, ma c’è da riprendere il valore ed il ruolo della famiglia per ogni uomo ed il bene di tutta la società.

È la stessa posizione illustrata nell’enciclica Lumen Fidei, che propone la luce della fede non come contenuto superstizioso ma come luce per illuminare la vita reale con le sue domande di tutti; ed è per questo che Papa Francesco non ha alcun timore a misurarsi con il laicissimo Scalfari, non sul terreno di un’astratta questione filosofica o sulla dinamica accademica dei rapporti fede-ragione ma sul piano della testimonianza esistenziale descrivendo come per lui è accaduto l’incontro con Gesù Cristo attraverso la Chiesa, incontro che gli ha cambiato la vita facendo crescere in lui l’attitudine a valorizzare tutto. La strada è quella di utilizzare le colonne di un notissimo quotidiano (peraltro lontanissimo dal cattolicesimo e spesso in polemica con la Chiesa!) per dare risposta a quesiti rigorosi che Scalfari aveva posto, rivolgendosi a lui con la libertà di un uomo che intende fare un pezzo di cammino della vita con un altro uomo. Scendendo in profondità, il Papa accetta la sfida anche su delicate questioni fondamentali come quella della verità: esiste una verità assoluta oppure anche il cristianesimo deve rassegnarsi al relativismo così tanto condannato da Papa Ratzinger?

Papa Francesco risponde che la verità prima che assoluta, cioè sciolta da ogni legame e da ogni vincolo, è relazione, cioè mette in rapporto con Gesù Cristo nel suo cogliere il valore vero di ogni cosa.

Perciò la verità non è un insieme di definizioni da accettare o qualcosa che si possa imparare e diffondere una volta per tutte, ma come ricorda il Cardinal Scola – citando il teologo Von Balthasar – “La verità è la volontà di Dio colta ed attuata in ogni momento con amore totale”. Ciò esclude ogni formalismo che conduce solo a rifugiarsi in se stessi, per aprire al dialogo con tutti e ad una “cultura dell’incontro” così necessaria per costruire una vita buona tra gli uomini. Ciò comporta la rinuncia a ridurre la verità a quanto già sappiamo, per lasciare spazio non all’arroganza di chi crede già di sapere, ma all’umiltà di chi si fida del Signore. L’apologetica cristiana diventa così per Papa Francesco nient’altro che l’incontro autentico con chiunque alla luce della certezza di Gesù risorto.

È l’invito rivoltoci dal piano pastorale diocesano di abbattere i bastioni, di andare oltre alla presunzione di sapere già tutto, di affrontare anche ciò che sembra diverso senza ostilità ma con il desiderio di imparare, uscendo da un clericalismo asfittico e ristretto per rischiare di mettere la fede alla prova del presente e della realtà vera, e costruire davvero qualcosa di positivo per tutti.

Siamo chiamati tutti a testimoniare che i credenti hanno qualcosa di bello da proporre per le domande della vita che riguardano ogni uomo, e che la fede “conviene” all’umano per la sua realizzazione soprattutto sui temi più quotidiani, perché propone qualcosa di interessante e va al centro del bisogno del cuore umano. La sfida è grande, e vive della normalità del parlarsi liberamente, liberi da schemi ideologici, proprio come il Papa ha fatto con Scalfari chiedendogli di fare un pezzo di cammino insieme con lui, per verificare come l’incontro con Gesù Cristo renda più bella l’umanità e più vivibile l’esistenza quotidiana.

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