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Storia

CARLO ROSSELLI NELLA “SUA” PARIGI

FRANCO GIANNANTONI - 04/10/2013

Carlo Rosselli (a destra) con Filippo Turati

Fuggì in Francia dal confino di Lipari nel 1929 con Fausto Nitti ed Emilio Lussu per sfuggire al fascismo ma il fascismo di Galeazzo Ciano, dei suoi scherani e dei sicari della “Cagoule”, un’associazione di estrema destra composta da prezzolati criminali, lo massacrarono con il fratello Nello in una boscaglia della Normandia a Bagnoles-les-de-l’Orne. Era il 9 giugno 1937. Così morirono i fondatori di “Giustizia e Libertà”, il gruppo politico che con la sinistra clandestina social-comunista aveva smascherato Mussolini e i suoi intrighi. Da pochi mesi Carlo Rosselli era tornato dalla Spagna dove aveva combattuto sul fronte repubblicano nella guerra civile lanciando la famosa parola d’ordine: “Oggi in Spagna domani in Italia”.

Ora un libro, bello e documentato, con un formidabile apparato fotografico “La Parigi e la Francia di Carlo Rosselli” del giovane storico Diego Dilettoso, allievo di Eric Vial, per i tipi dell’editore milanese Biblion (pp.319, euro 30.00) ricostruisce gli ultimi otto anni di vita fra l’agosto del 1929 e il giugno del 1937 dell’intellettuale che più d’ ogni altro aveva tentato di analizzare politicamente la deriva del regime.

Nel nostro Paese, è noto, si legge poco. Pochissimo addirittura se il tema ha profilo e sostanza culturali. L’opera di Dilettoso serve a capire la lunga, sofferta strada che ha portato alla democrazia di cui oggi delinquenti e avventurieri di passaggio fanno di tutto per distruggere.

Le fotografie sono la novità assoluta. Soprattutto quelle scattate a Parigi fanno da sfondo alle vicende di cui Carlo Rosselli, classe 1899, fu il protagonista “nella capitale della libertà”. Rappresentano un contributo fondamentale, uno strumento di aiuto alla lettura. Parigi infatti in quegli anni difficili ospitò gran parte di coloro che il fascismo perseguitava. Accanto a Rosselli che non aveva mai cessato di mettere in guardia “sul pericolo di accomodarsi alle abitudini dell’esilio” c’erano uomini importanti e celebri come Filippo Turati e Claudio Treves, Francesco Saverio Nitti e Bruno Buozzi (quest’ultimo a Varese dopo il 25 luglio del ’43, sodale di Alfredo Brusa Pasquè, il grande socialista), assassinato dopo l’armistizio a Roma dai tedeschi ma anche giovani, più tardi molto noti, come lo scrittore Carlo Levi, l’azionista Aldo Garosci, il musicologo Massimo Mila, l’intellettuale Gioacchino Dolci.

Carlo Rosselli è accompagnato quasi per mano dal suo giovane biografo lungo i continui passaggi di casa in casa, di città in città. Un viaggio che dà contezza della difficoltà del vivere, rappresentato dalle immagini e dalla contabilità degli indirizzi che offre al lettore una vicinanza ideale, la sensazione di essere accanto all’esule, di vivere le stesse emozioni.

Il professor Arturo Colombo, studioso dei movimenti politici, suggerisce di sostare a “studiare” una delle tante fotografie, una fotografia simbolo del personaggio, una fotografia che favorisce molte riflessioni: si vede infatti Carlo Rosselli che passeggia nel Bois de Boulogne con un bambino, il figlio John, a pochi passi da Rue de Marroniers n. 6 dove aveva casa e dove aveva terminato di scrivere “Socialismo Liberale”, il suo saggio politico più significativo. Rapito dalla magia della vecchia Parigi, Rosselli si era trasferito in Place du Panthéon al numero 5 ma le ristrettezze economiche che mordevano la quotidianità gli avrebbero imposto di affittare un appartamento più a buon mercato al numero 79 di Notre-Dame des Champs. Il libro è una sorta di indicatore culturale: non c’è solo Rosselli ma si possono trovare anche le case parigine dei suoi amici e dei suoi conoscenti, da Gaetano Salvemini ad Alberto Tarchiani nel cui appartamento in Rue Olier, numero 15, iniziò il suo cammino politico “Giustizia e Libertà”. Una storia che segnò a fondo la crescita culturale del Paese e che non mancò di essere bersaglio delle polemiche comuniste da cui lo divideva un antifascismo di stampo liberale.

La parte finale porta alla tragedia. I funerali il 19 giugno 1937 a Parigi dei due caduti. Imponenti, sofferti. Un colpo mortale alle speranze di una rapida fine del regime. Le fotografie scattate da Attilio De Feo, un militante di “Giustizia e Libertà”, offrono lo spettacolo di centocinquantamila persone dietro le due bare dalla “Maison des Syndacats” sino al cimitero di Père Lachaise. Poco distante era la tomba di Piero Gobetti, il fondatore torinese de “La Rivoluzione Liberale” morto nel 1926, venticinquenne, dopo le ripetute aggressioni squadristiche che lo avevano costretto a lasciare il Paese.

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