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Il Viaggio

DIARIO MINIMO LIMEÑO E NO

CARLO BOTTI - 29/11/2013

Uscire di casa a qualsiasi ora del giorno e incontrare Alejandro, il fruttivendolo, con gli occhiali da sole (tenendo conto che il sole a Lima non si è praticamente mai visto per sei mesi) e un sorriso stampato, che mi dice “Carliiiito!”.

Addormentarsi sulla combi durante i lunghi tragitti per attraversare parti della città; risvegliarsi nell’esatto momento in cui sei passato davanti al tuo punto d’arrivo e scendere al volo (letteralmente al volo).

Addormentarsi sulla combi durante i lunghi tragitti per attraversare parti della città, risvegliarsi in un luogo sperduto, nonché uno dei quartieri pericolosi della ciudad, e incamminarsi a passo spedito e cappuccio in testa verso casa.

Fare colazione al baracchino all’angolo della strada con un buon bicchiere di quinoa calda in una mano e un panino con avocado nell’altra. Conversare con gli altri avventori e tutti insieme interessarsi delle vicende scolastiche dell’unico bambino presente.

Ritrovarsi a prendere una combi alle 6.30 p.m. in una qualsiasi parte di Lima. Molto probabilmente vi ritroverete in questa situazione: sudante per i quaranta gradi presenti (sulle combi infatti è sempre estate), in piedi con la borsa della vicina nel fianco e lo zaino dell’universitario in pancia e assordato dai clacson del traffico limeño. Ah, dimenticavo, la combi è immobile con nessuna possibilità che esca dall’ingorgo nel giro di un’ora come minimo.

Assaporare un espresso sgorgato rigorosamente da una macchina italiana a un bancone minuscolo di un altrettanto minuscolo bar durante la pausa pranzo. E in quel momento vedere un raggio di sole che penetra, dopo mesi di grigiore, la coltre di nubi e illumina tutto per tre secondi esatti.

Sedersi sui gradini di un portone di una casa per il Mercado Central con un sacchetto di frutti dell’aguaymanto e godersi la fiumana di persone: fattorini, venditori e avventori di qualsiasi razza e età.

Voler uscire la sera nel fine settimana e ritrovarsi sempre nei soliti locali come se si stesse vivendo a Varese e non in una città di quasi dieci milioni di abitanti.

Il momento di pace conseguente allo spegnersi dei tre allarmi antifurto che stanno suonando contemporaneamente sotto casa. Questo momento di pace, però, durerà cinque minuti.

Ritornare a casa dopo una serata, un po’ borracho, e scoprire che Alejandro (il fruttivendolo) ha lasciato nell’entrata un po’ di cassette di frutta con fragole, meloni, ananas, banane. A te la scelta.

Organizzare una riunione con peruviani e ricordare loro l’impegno preso con un milione di telefonate. Prima che vadano a letto, appena aprono gli occhi alla mattina, poco prima che si stiano per addentare un polletto e poi dover spegnere il cellulare il gran giorno dell’incontro in modo che non possano avvisarti per disdire all’ultimo secondo, come è usanza.

Ritrovarsi a farsi tagliare i capelli da due vecchietti barbieri in una strada del quartiere storico di Lima. Il pavimento è un tappeto di ciuffi recisi; sulla soglia due signori del quartiere che giocano a carte; da una vecchia radio esce la tipica musica criolla peruviana e il barbiere, con tanto di grembiule bianco e trentacinque anni per gamba, sta utilizzando una vecchia macchinetta che funziona manualmente. Alzarsi dalla sedia pettinato e leccato come negli anni ’20 e pagare tre soles: meno di un euro.

Fare un pic-nic la domenica davanti all’oceano con pane, pomodori e un cartone di vino bianco. Guardare i surfisti e sperare di diventare, un giorno, in un futuro immaginario, bravo quanto loro.

L’esatto momento in cui ti dicono che nel fine settimana c’è un’attività da svolgere e tu sai che, da bravo volontario internazionale, non puoi tirarti indietro.

Perdersi tra gli scaffali e i banconi infiniti del mercato dei libri de “Amazonas”, uno dei più grandi dell’America latina. Libri usati, antichi, tarlati, nuovi dimenticati.

Quando dopo mesi di visite, un giorno, seduti sul letto, con la chitarra in mano uno dei ragazzi del carcere minorile finalmente si apre e ti racconta la sua vita personale e tu capisci che ti sei guadagnato la sua fiducia.

Giocare a Scarabeo la domenica sera in una casa da the a Barranco, bersi una infusione per la pace, inventarsi nomi e perdere quasi tutte le partite.

Camminare per Plaza San Martin e fermarsi ad ascoltare i capannelli di persone che si confrontano su temi politici, argomentando impeccabilmente.

Il momento in cui riesci a sfuggire all’occhio attento e meticoloso del cobrador e non pagare così il biglietto della combi.

Venire coinvolto in una manifestazione popolare contro la corruzione dei congressisti peruviani e urlare insieme a loro i cori di protesta.

Venire coinvolto in una manifestazione popolare contro la corruzione dei congressisti peruviani e scappare tra le strade con la gola bruciante per il lancio di lacrimogeni.

Prendere tre diversi mezzi di trasporto (treno elettrico, combi, mototaxi) per arrivare a Villa Maria e poi ritrovarsi a giocare all’elicottero con i bambini della scuola di San Josè Obrero.

Risvegliarsi con il mal di schiena per aver fatto giocare all’elicottero i bambini di Villa Maria.

Quando stai camminando per il Rimac e vedi tre ragazzetti all’angolo della strada. Tu sai che vorrebbero derubarti e loro sanno che tu sai che vorrebbero derubarti. E allora non ti derubano.

Rendersi conto che i tuoi compañeros di vita limeña si sono convertiti in amici veri, di quelli che si contano sulle dita di una mano. E che sei stato molto fortunato.

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