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Chiesa

UN NATALE “ESAGERATO”?

ANNALISA MOTTA - 13/12/2013

Nel bosco fatato si entra in punta di piedi: qui sbocciano crocus dai mille colori, e cespugli tropicali esplodono rigogliosi, sulle rive di uno stagno azzurrissimo solcato da pigre anatrelle. È una terra dove il leone e il cerbiatto giocano insieme, e i gufi ammiccano agli scoiattoli, tra stelle sospese a portata di mano a rischiarare il cammino verso la capanna. Vedere per credere! Le ottantacinquemila lucine natalizie (tutti led a basso consumo) accese al tramonto dell’Immacolata, hanno trasformato chiesa, oratorio, campanile e sagrato di Leggiuno in un presepe fantastico fuori dal tempo, dove regnano il colore e la luce, in una profusione di stelle, fiori, candele, candelabri, angeli, cascate, volute, ghirigori.

E di fronte a questo “troppo”, non ci si può non schierare: o pro, o contro.

Tempo e fatica inutili, diranno alcuni: in effetti ci sono volute più di mille ore di lavoro volontario per progettare, costruire, assemblare e sistemare statue, cavi e quadri elettrici. Un insulto alla tragedia che tanti popoli stanno vivendo, diranno altri. Un’ostentazione inutile, uno schiaffo a chi fatica a tirare la fine del mese, un ossequio al consumismo… Una festa ostentata, quando l’attesa del Signore che viene andrebbe vissuta in un raccolto silenzio e in un’operosa carità. Oh, e poi, dove lo mettiamo l’inquinamento luminoso?

Non sono osservazioni banali, no. Però io guardo le mille e mille e mille piccole luci che si accendono sul prato e nel cielo oratoriano, e – credetemi- riesco a commuovermi. Ritrovo la magia di un presepe incantato, come quello disegnato sui calendari dell’Avvento della mia infanzia, tutto “sberlusciante” di pagliuzze argentate, che a ogni sportellino aperto si sparpagliavano sul golfino e sul pavimento. E i palpiti dell’ attesa di una notte speciale, quando il cuore trepidava in un’aspettativa tenace quanto indefinita. Una speranza certa. Di cosa? L’avrei scoperto più avanti: la meraviglia di un Creatore che nasce in mezzo a noi, per abbracciarci e rispondere a questa attesa incancellabile che è in ogni uomo, di un bene più grande e di un mondo più giusto, di una luce che vinca – finalmente – le tenebre.

E con l’emozione, si apre la memoria: non è che le ghirlande di luci nei giardini, sugli alberi, sulle ringhiere, nei presepi, siano segni di questo desiderio e questa attesa? Non sono le sorelle minori di quelle famose lucerne con cui vegliare “perché lo Sposo sta per venire”? o una misera imitazione di quel vaso di unguento prezioso sparso per amore sui piedi di Gesù?

E ogni luce mi ricorda un pezzo di vita cambiata, di mondo più giusto: la nuova sede del CAV appena aperta a Luino, le centinaia di amici impegnati nella Colletta Alimentare, i ragazzi di una scuola media che in piazza san Vittore mettono in piedi una mostra per i profughi siriani, i silenziosi volontari che creano presepi nei cortili e nei crocicchi di paese, e quelli che guidano la gente a visitarli; e i coristi che si sfiancano in cento prove per le messe di mezzanotte, e le donne che raccolgono e sistemano abiti usati per gli armadi della Caritas… e alla fine non bastano nemmeno le migliaia di led leggiunesi per rappresentare tutto questo tesoro di carità nascosta.

Una festa esagerata, sì, giusto: una piccola sgangherata risposta a quell’esagerato di Dio, che ci ha voluto amare troppo, con troppa fiducia, con troppa misericordia.

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