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Società

PASSAPORTO GIOVANE

ARTURO BORTOLUZZI - 16/05/2014

Ancora sul tema dei giovani e del lavoro. Ho scritto all’assessore ai servizi sociali del Comune di Varese e al Dirigente scolastico provinciale per significare loro di non aver ricevuto alcuna risposta alla mia del 5 settembre 2013 (già riassunta da questo giornale), in cui chiedevo loro di provvedere a sperimentare nel Comune l’iniziativa del “Passaporto per il volontariato”, attuata in molti Paesi d’Europa e, in Italia, in due città.

Del “Passaporto” dico in appresso. L’avere letto un articolo sul Corriere della Sera del 10 aprile scorso – articolo che invito tutti gli interessati a leggere a pagina 27 – mi porta dunque a tornare alla mia lettera. Mi spingono a farlo i continui articoli sui giornali nazionali che parlano di disoccupazione giovanile.

L’articolo che campeggia nella citata pagina del Corriere ha un titolo secondo me emblematico: “Il volontariato ti cambia il curriculum: è decisivo per i giovani, rivelando passione e doti organizzative”.

È scritto nell’articolo: “Di solito finisce in fondo al curriculum. Alla voce ‘altre attività’. Ma è un elemento sempre più importante. A volte decisivo in un colloquio di lavoro. Perché il volontariato è sì un’esperienza non retribuita, ma a sentire cacciatori di teste e gli esperti delle risorse umane per molte grandi aziende italiane e multinazionali, è una realtà valutata positivamente. Non è un caso se negli ultimi mesi, decine di enti locali hanno messo a disposizione uffici e siti Web per certificare le attività informali. Un documento da allegare al proprio curriculum vitae con le indicazioni sulla durata e sulle attività non profit svolte. Il modello restano gli Stati Uniti. L’avere avuto là un lavoro gratuito per la collettività, è pratica comune. E tra i giovani, diventa una voce da aggiungere alle attività svolte per presentarsi bene all’ammissione all’università o a un colloquio di lavoro.

Come già avevo scritto nel settembre dell’anno scorso: facciamo di Varese la terza città sperimentatrice in Italia del passaporto del volontariato dopo Milano e Gela. Ho proposto, quindi, di attivare una iniziativa che potrebbe costituire una occasione di rafforzamento del volontariato varesino ma anche lavorativa per i più giovani.

La mano che entrambi – assessore e Provveditore – possono dare in quest’ottica è in ogni modo fondamentale. Detto passaporto è un documento volto a certificare le esperienze acquisite dai volontari, svolgendo attività di cittadinanza attiva e solidarietà. Non ha valore legale, ma evidenzia “capacità relazionali fondamentali in molte attività professionali”.

 Il documento, composto, da una ventina di pagine, certifica i percorsi compiuti e le abilità che lo studente volontario ha acquisito partecipando alle attività del terzo settore. Terzo settore che è molto ben rappresentato nel territorio comunale. Il diploma scolastico è, infatti, una credenziale sempre più valorizzata da aziende ed enti, perché impegnarsi dentro un’associazione di volontariato significa avere acquisito competenze relazionali che si rivelano fondamentali in molte attività professionali”.
L’obiettivo finale è arrivare a copiare l’esempio francese, dove dal 2007 le attività di volontariato non solo vengono inserite nel curriculum personale, ma servono anche a giovani e disoccupati a trovare lavoro più facilmente. Il tutto grazie al “Passeport benevole”, in cui vengono certificate e garantite le proprie prestazioni del settore. Su 14 milioni di persone, tanti sono i volontari in Francia, oltre 800mila hanno il passaporto. Funziona allo stesso modo più o meno anche in Germania, Svizzera, Estonia e Austria.

La mia speranza è quella che si possa promuovere una azione volta ad attirare il maggior numero di giovani, ma anche quella di dare una mano in questo periodo di crisi. Di effetti benefici del volontariato parla anche il Cev, il centro europeo del volontariato, che afferma come per ogni euro impiegato nelle organizzazioni del settore, si producono servizi e si crea un valore pari a oltre 13 volte il denaro investito.

Non è però così semplice arrivare a organizzare tutto il percorso per l’istituzione del ‘Passaporto’: almeno in Italia, bisogna prima sfidare lo scetticismo dei dirigenti scolastici. Per questo ho scritto al provveditore agli studi.

Non solo i dirigenti scolastici sono il problema da risolvere. Poi bisognerà seguire un tavolo tecnico con docenti, dirigenti e rappresentanti delle associazioni di categoria per stabilire le linee guida e progettare insieme i percorsi di volontariato. Attraverso il passaporto vorrei incentivare i ragazzi a entrare nel terzo settore. Sarebbe per questo utile magari ricorrere al tema dell’Expo così da rendere l’argomento più affascinante per i ragazzi. Un’iniziativa volta ad coinvolgere di più i ragazzi nel mondo del volontariato, farebbe bene prima di tutto a loro.

L’idea del passaporto del volontariato va in questa direzione. L’importante è che l’iniziativa non si fermi a qualche timbro su un “similpassaporto”. Intendiamoci: già così si tratterebbe di un lungo passo in avanti. Si può, però, fare di più. Esperienze plurime e di lunga data insegnano che chi scopre da giovane l’emozione dell’aiutare gli altri, poi ne ha la vita cambiata. Un altro discorso, sarebbe riconoscere e certificare le competenze che i ragazzi possono acquisire tramite il volontariato. In questo modo, si aiuterebbero i nostri giovani a dare un senso ai momenti difficili della ricerca del lavoro e nello Stesso tempo, ad acquistare esperienze da scrivere nel curriculum. Senza contare, che a qualcuno il non-profit potrebbe davvero offrire opportunità di occupazione (con più forza, intelligenza e tempo si possono, infatti, promuovere attività partecipando a bandi di concorso sia regionali e nazionali e europei). Tutto questo però può essere fatto solo a due condizioni. La volontà politica di portare a termine il progetto. E la collaborazione della scuola. A partire dai dirigenti scolastici.

Sperando possano avere meditato sulla proposta loro inviata due volte, ho proposto un incontro all’assessore e al provveditore per discuterla e li ho invitati ad assumere preventivamente ogni informazione operativa e utile nei Comuni indicati in Italia, che già hanno assunto provvedimenti a favore del passaporto.

 

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