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Attualità

I TOMBINI INTASATI, TRAPPOLE D’ACQUA

CESARE CHIERICATI - 05/09/2014

La prima volta, quella vera, a unificare l’Italia sono stati i piemontesi e Garibaldi. Poi a cercare di rinsaldarla in disastrosa e tragica chiave imperiale ci ha pensato il fascismo di Mussolini e dei suoi gerarchi. A disastro bellico consumato, con un paese in faticosa rinascita, il compito se lo sono assunto i media con la televisione pubblica – l’unica allora esistente – grande protagonista nel raccontare l’Italia agli italiani. Miracolo economico, crescita esponenziale, migrazioni di massa fuori e dentro i patri confini, battaglie civili, anni di piombo, nani e ballerine prima, olgettine in dosi massicce poi, debito pubblico a vele spiegate, crisi ripetute e raggelanti a partire dal 2008. Per scoprire infine che il motore del paese è inceppato in quasi tutti i suoi elementi essenziali: scuola, lavoro, fiscalità, giustizia, autonomie locali, cura del territorio e via elencando.

Da quest’ultimo profilo si può senz’altro affermare che una criticità unificante della nazione, evidenziata in rosso dalla disastrosa estate, è pure il cattivo stato di tombini e canalizzazioni, sottostrutture essenziali in tutti i contesti urbani il cui corretto funzionamento è dato per scontato dai cittadini e purtroppo anche dai pubblici amministratori. Quest’ultimi quasi se ne fanno un vanto di non curarsene con l’aria di chi, con malcelata arroganza, dice: “suvvia abbiamo altro a cui pensare”. Persino il sommo Pisapia, sindaco di Milano, punzecchiato sull’argomento di fronte a un mare di pozzanghere montanti – il Seveso però non era ancora uscito – ha risposto: “abbiamo preferito privilegiare altre priorità”. Che è come indossare lo sparato bianco ignorando le pezze sul sedere dei pantaloni.

Se la capitale lombarda snobba il problema figurarsi i capoluoghi delle ex Province. Varese, tanto per guardare in casa, si stima, secondo me per difetto, abbia almeno il 10% dei suoi pozzetti intasati. A ripetizione in luglio, per esempio, la rinnovata via Peschiera o tangenzialina che dir si voglia è finita in molti punti sott’acqua con privati cittadini lodevolmente al lavoro nel vuotare tombini colmi di fogliame e rifiuti. E questa è una sussidiarietà di cui si farebbe volentieri a meno, ma forse inevitabile visto che il volenteroso e meritevole Salvatore Russo, il disoccupato ripulitore di graffiti e quant’altro, nel tirare a lucido la pavimentazione di Piazza Monte Grappa si è dovuto arrendere, dopo molti tentativi, a ben otto tombini ormai sigillati al selciato da storica incuria.

Per maturare piena consapevolezza del problema non resta che girare per la città, per una volta almeno, con gli occhi rivolti all’ingiù. Con un po’ di attenzione e un minimo di organizzazione si potrebbe allestire un utile inventario da girare all’assessorato ai lavori pubblici che ha sin qui dimostrato una assai scarsa consapevolezza del problema.

 

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