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Il Viaggio

“UN DOMINGO CARIOCA”

CARLO BOTTI - 05/09/2014

Mi sveglio di soprassalto. Una musica di cumbia brasilera entra prepotentemente dalla finestra, come se ci fosse una discoteca nel bosco. Guardo l’orologio, sono le dieci del mattino e c’è un casino infernale. Con gli occhi ancora stropicciati esco dalla mia stanza e mi ritrovo sulla terrazza coperta che domina la favela, dove per il momento vivo. Appoggiata al parapetto trovo Dona Olga (l’affittacamere) che preoccupata sta guardando giù di sotto. “Bom dia Dona Olga…”. Che è successo?

E lei spiega che sono quattro ore che un gruppo di ragazzi ha cominciato a bere giù in strada (credo che non abbiano mai smesso dalla sera precedente, visto che quando sono tornato a notte fonda li avevo già visti), e adesso è arrivata una macchina con tanto di casse da concerto all’aperto montate nel bagaglio per sparare musica a tutto volume. Mi godo la scena dall’alto e anche l’arrivo della polizia “pacificadora”, chiamata dai vari residenti, tra cui proprio Dona Olga, che li fa sgombrare.
Intanto si apre la porta anche dell’altra stanza ed esce Marco con più o meno la mia stessa faccia. “Buon risveglio favelitano”, gli dico. Marco è un avvocato di Milano, da anni spende le sue vacanze per dare una mano in progetti sociali in giro per il mondo. Quest’anno ha deciso di venire nella favela Rocinha e aiutare “Il Sorriso dei miei bimbi Onlus”. Marco sta mettendo a posto, per renderlo agibile il più presto possibile, quello che diventerà il primo Caffè letterario della favela, gestito dagli stessi ragazzi che vi abitano.

Avremmo voluto dormire ancora ma finalmente c’è il sole, è domenica, ne approfittiamo per andare alla spiaggia. Dopo avere disceso interminabili scale, ripidissime e strettissime, ci ritroviamo in strada. Da una parte non possiamo passare perché alcuni giorni fa è venuto giù uno scroscio d’acqua così potente da fare esplodere l’ “efficientissimo” sistema fognario favelitano. Le strade si sono trasformate in fiumi neri e pestilenziali, trascinando spazzatura dappertutto.
Con il bus che attraversa tutto il quartiere in venti minuti arriviamo a Ipanema.
Non ci sono mototaxi. Niente casino acustico per le strade. Relax mentale.

Qui è la fine dell’inverno ma c’è più o meno la stessa temperatura della nostra estate. Ci fiondiamo in spiaggia; neanche il tempo di ammirare le famose rotondità brasilere che mi riaddormento secco. Quando mi risveglio Marco si è già fatto un bagno ed è sopravvissuto alle onde e alle correnti che sono particolarmente forti.

Mi scrive una amica di un’amica peruviana e mi dice che è a Copacabana. L’amica studia medicina e sta facendo un internato a San Paolo in un ospedale. In questo fine settimana è venuta a visitare Rio, poi ripartirà per tornare nella “Milano brasiliana”.

La domenica la strada Lungoceano rimane chiusa e viene invasa da corridori, atleti più o meno veri: ciclisti, skaters, persone con i roller con fisici grassi, super scultorei o magrissimi, tutti con ben pochi indumenti a coprire le loro fattezze. La fauna umana è molto varia: travestiti, coppiette di turisti, coppie di omosessuali, un gruppo di femministe urlanti, artisti di strada, venditori ambulanti, grupponi di cinesi, surfisti, ragazzi ai chioschi sul mare a bere le prime caipirinhe della serata.
A Copacabana supero un folto capannello di persone radunatesi intorno a dei ragazzini colti a rubare e messi in bella mostra impietosamente dalla polizia: legati a un albero.

Nonostante la confusione riesco a incontrare la mia amica e facciamo due passi lungo i baracchini, dove si vende un po’ di tutto. La accompagno al suo ostello, la saluto e ritrovo Marco, l’avvocato di Milano. Rieccoci a Ipanema dove servono un’ottima “agua de coco”. Seduti sulla spiaggia con questo coccone in mano e una cannuccia in bocca guardiamo il tramonto, il sole che si va a infilare dietro i vari cucuzzuli della “Città meravigliosa”. Ecco le luci della favela Vidigal, una delle più famose per la sua vista mozzafiato su Rio, che si accendono poco a poco lungo le pendici del Morro Dois Irmaos. Dalla parte opposta sta la “mia” Rocinha. Insieme sembrano un grande presepe.

Ritorno alla Rocinha. Sopra di me il Cristo Redentore, interamente illuminato, protegge e sorveglia la città: gli eventi, gli imprevisti, le sorprese, le emozioni. Tutto quanto ci aspetta.

 

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