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Divagando

STAZIONI, INDIETRO TUTTA

AMBROGIO VAGHI - 07/01/2012

Pare ci stiamo abituando, noi varesini, alle telenovele o se vogliamo alle leggende urbane. Hanno ormai assunto tale carattere il rilancio del Sacro Monte, il disinquinamento del nostro lago, la unificazione delle stazioni ferroviarie, il teatro di Piazza Repubblica, il piano di mobilità cittadina e… possiamo anche fermarci. Problemi che amministrazioni comunali di ogni colore macinano da anni in modo inconcludente offrendo soltanto spunto per sequele di articoli sulla stampa locale, spesso arricchiti di promesse vendute a buon mercato.

Il caso più recente, quello della unificazione delle stazioni ferroviarie è emblematico. Un nuovo accordo di programma tra Regione, Comune ed enti gestori ha ridimensionato i patti che gli stessi enti avevano concordato nel 2007 col famoso progetto dei due grattacieli. Un ripensamento che avrebbe dovuto avvenire già all’indomani della presentazione dei progetti di massima. Quando cioè la stragrande maggioranza di coloro che avevano potuto visionarli, amministratori, tecnici, e soprattutto cittadini con Varese nel cuore, li avevano duramente bocciati. Una ferita nell’orizzonte panoramico varesino, una offesa alla storia della città giardino, una inconcludenza nella risoluzione di annosi problemi urbani. C’era però assai trippa per i gatti… per la speculazione immobiliare. C’era l’interessamento, pare, di grandi finanziarie straniere e c’erano anche centosessanta milioni di euro promessi dalla Regione Lombardia. Quindi perché non insistere? Perché non proseguire?

Ad indurre i nostri amministratori al ripensamento odierno, spiace dirlo, non sono state le perplessità dei varesini ma proprio la mancanza di trippa… Sia chiaro che siamo i primi a riconoscere ai finanziatori di opere il diritto di realizzare una giusta rimunerazione dei loro investimenti, ben sapendo tuttavia quanto sia labile il confine tra giusta rimunerazione e pesante speculazione edilizia.

La crisi economica attuale allontanando dal mercato l’interesse dei grandi gruppi finanziari (gestori di fondi di investimento intenti a riempire le nostre città con centri commerciali che garantiscano ottimi ritorni), ha fatto quello che responsabilmente coloro che ci governano avrebbero dovuto fare, da subito. Già l’architetto Ovidio Cazzola ha espresso compiacimento per l’attuale ripensamento. Almeno ci siamo salvati da due ecomostri edilizi. Ma il nuovo accordo di programma, per quanto se ne possa conoscere, non aveva bisogno di tanto impegno di meningi. Quelle recenti sembrano assai simili alle indicazioni uscite una quarantina di anni or sono e sempre finite nei cassetti. Già allora il Comune lanciò un pubblico concorso di idee per la riunificazione delle stazioni della Nord e delle Ferrovie dello Stato. I primi tre elaborati, prodotti da studi di urbanistica e da gruppi di giovani progettisti, premiati con un rimborso spese, costarono assai poco. I primi due in particolare suggerivano soluzioni di indubbio interesse tanto che l’Amministrazione comunale si riservò di scegliere fior da fiore incaricando i propri uffici tecnico-urbanistici di tradurre il tutto in un compiuto progetto. Fine dell’atto di nascita.

Ancora nel 1987 il problema tornò sui banchi del Consiglio Comunale, Giunta Sabatini, in previsione della revisione del PRG. L’interesse veniva particolarmente dalle Ferrovie Nord Milano, presiedute da Rezzonico, allora molto impegnate al recupero delle aree dismesse delle loro stazioni. Ne nacque un nuovo progetto di unificazione, rappresentato anche da un plastico ligneo, anch’esso certamente giacente impolverato negli uffici del Comune di Varese. Ma da quali presupposti si erano mossi quegli studi e che soluzioni proponevano? Le stesse, forse anche migliori, dell’annunciato ultimo accordo di programma. Veniva previsto il collegamento delle due stazioni, anche funzionale con l’intersezione delle due ferrovie. L’area dell’attuale mercato doveva trasformarsi in autosilos di piani sotterranei; un piano coperto veniva destinato al mercato ambulante da tenersi quindi in tutte le condizioni atmosferiche ed infine, al livello strada, avrebbe dovuto collocarsi una moderna stazione delle autolinee extra urbane con tutti i relativi servizi. Un nodo di interscambio viaggiatori collegato con i necessari percorsi pedonali. Un cavalca-ferrovia da via Carcano sorpassava le Nord e portava il traffico verso Giubiano ed oltre. Tutta l’area dello scalo ferroviario delle Nord lungo via Casula veniva destinata ad edifici con funzioni commerciale, direzionale e residenziale. Unitamente ad altre aree ricavabili sia in Piazza Maspero sia nel comparto della stazione delle FF.SS.

Non mancavano certo gli incentivi per interventi privati, in un periodo di boom edilizio, anche se obiettivamente mancava grandemente l’interesse almeno di una delle due imprese ferroviarie. Per entrambe Varese rimaneva una destinazione locale, una stazione di fatto terminale.

Per quanto è dato sapere, la proposta odierna pare ricalcare quella di quasi mezzo secolo fa forse con qualche aspetto peggiorativo. Primo, si cancella per sempre ogni prospettiva di intersezione funzionale del percorso ferroviario. Secondo, i problemi della mobilità urbana, seppur enormemente peggiorati negli ultimi anni, appaiono dimenticati.

Come risolverli se non collegandoli ad un piano di mobilità più generale? E che dire di un accordo di programma tra Comune, Regione e gestori ferroviari che nasce a sé stante all’infuori di una gestione coordinata dello sviluppo cittadino, possibile soltanto con un Piano della Gestione del Territorio che Varese aspetta ormai da cinque anni? Insomma anche su questo annoso problema delle stazioni i cittadini vorrebbero capire se esso può e deve diventare grande occasione per il futuro sviluppo economico e civile della città oppure trasformarsi in soluzione marginale che veda Varese solo come passaggio di frettolosi viaggiatori svizzeri diretti a Malpensa e crocevia di merci in transito su carri intermodali.

Una operazione così importante lasciata praticamente in mano a funzionari della Regione e delle ferrovie non credo possa lasciarci tranquilli. Non è il caso di discuterne ampiamente?

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