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Cultura

“NON HO MANI CHE MI ACCAREZZINO”

SERGIO REDAELLI - 04/12/2014

quartaLa poesia è una barca, il mare è il pensiero e ogni poeta rema sul mare del pensiero. Come il navigatore arriva a conoscere il mare, così il poeta può conoscere la vita e la chiave di lettura non è nelle parole ma nello spazio inspiegabile che la circonda. Con una metafora Gian Piero Bona, ottantotto anni, ha poeticamente definito la misteriosa ispirazione che per Vittorio Alfieri è “del forte sentir più forte figlia”, per Flaubert “una scienza esatta come la geometria” e per Franz Kafka semplicemente una “malattia”. Gian Piero Bona è uno degli ultimi testimoni di Quarta Generazione, il movimento poetico nato a Varese tra gli anni quaranta e cinquanta che fu capace d’influenzare le avanguardie in Italia e all’estero.

Così Bona ha reso omaggio alla ristampa anastatica dell’antologia “Quarta Generazione – La giovane poesia (1945-1954)” di Piero Chiara e Luciano Erba – pubblicata sessant’anni fa dall’Editrice Magenta di Varese – e al saggio “Gli anni di Quarta Generazione – Esperienze vitali della poesia attraverso i carteggi tra Luciano Erba, Piero Chiara e Luciano Anceschi”, pubblicati in un elegante cofanetto a cura di Serena Contini per la Nuova Editrice Magenta (con la prefazione del poeta e critico letterario Giorgio Luzzi). Giovane poesia del dopoguerra si diceva, varesina e non solo, poiché l’antologia raccoglie trentatre autori tra cui Pier Paolo Pasolini e padre David Maria Turoldo, Maria Luisa Spaziani, Paolo Volponi, Giorgio Soavi e una giovanissima Alda Merini.

Canta il poeta-regista, poi assassinato su una spiaggia di Ostia, in Mater Purissima: “Poveri miei occhi di giovinetto chini s’un corpo colore dell’alba! Il gesto santo del mio peccato cade in un vespro di castità”. E il predicatore padre Turoldo qualche pagina più in là: “Io non ho mani che mi accarezzino il volto (duro è l’ufficio di queste parole che non conoscono amori), non so le dolcezze dei vostri abbandoni: ho dovuto essere custode della vostra solitudine: sono salvatore di ore perdute”.

Il Salone Estense è affollato per l’occasione. Sono presenti, tra il pubblico, gli eredi Modesti e Guatelli e la signora Erba con la figlia. C’è anche Romano Oldrini apprezzato rimatore che nei suoi libri s’ispira alla poetica del quotidiano di Giovanni Giudici e Giorgio Caproni.

Il vicesindaco Longhini elogia il lavoro di Serena Contini, già curatrice di volumi dedicati a carteggi letterari del Novecento: “Con questo libro ha messo a profitto l’archivio comunale di Piero Chiara e valorizzato l’attività editoriale della casa editrice Magenta; e al tempo stesso ha rievocato la vivace stagione del dopoguerra di cui Varese fu l’epicentro culturale”. Niva Lorenzini, docente di poesia italiana del Novecento all’Università di Bologna, sottolinea l’accuratezza delle note che restituiscono il senso di un’epoca, e osserva: “La prefazione di Luciano Erba all’antologia del 1954 fa capire le difficoltà incontrate a suo tempo dai curatori nella scelta dei trentatre poeti. Purtroppo oggi non ci sono più il dibattito e la vitalità degli anni cinquanta perché prevale l’omologazione”.

“Eugenio Montale – aggiunge la Lorenzini – odiava essere considerato ermetico e inaugurò una poesia che si avvicinava alla prosa. La tragica realtà lasciata dalla seconda guerra mondiale entrò nella poesia filtrata dalla parola. Si discuteva di Ezra Pound, di Thomas Eliot e delle nuove tendenze internazionali. Era l’epoca delle grandi traduzioni. E in un’indispettita lettera di Vittorio Sereni al critico letterario Luciano Anceschi, curatore dell’antologia Linea Lombarda pubblicata sempre dall’Editrice Magenta di Varese nel 1952, il letterato luinese tradiva il fastidio di sentirsi ridotto al rango di poeta del territorio, limitato allo stretto confine lombardo. Ci si chiedeva, allora, se la poesia fosse espressione di un preciso luogo geografico”.

La curatrice Serena Contini ha ringraziato chi ha collaborato ai suoi impegnativi “tre anni di lavoro” consentendole di rintracciare le preziose carte: “Non è facile arrivare agli archivi privati ma sono stata accolta ovunque con affetto e i contatti umani mi hanno arricchito. Mimma Erba mi ha ricevuto in casa per lungo tempo mettendomi a disposizione la biblioteca privata del marito Luciano e altri documenti ho trovato al Centro Manoscritti di Pavia. Ho potuto consultare l’archivio varesino di Luciana Guatelli e le carte di Luciano Anceschi all’Archiginnasio di Bologna. Un ringraziamento particolare va a Francesca Boldrini che ha redatto le schede e l’appendice”.

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