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Società

IL TOTALITARISMO DELLA MORTE

CAMILLO MASSIMO FIORI - 24/07/2015

Il nostro Consolato al Cairo dopo l’attentato

Il nostro Consolato al Cairo dopo l’attentato

L’attentato terroristico contro il nostro Consolato al Cairo (avvenuto il mattino di buon’ora quando l’edificio non era occupato dagli impiegati) è un grave avvertimento all’Italia, uno dei “partner” più importanti dell’Egitto, rivendicato dall’ ISIS.

Il centro dell’Islamismo non è però l’Egitto e neppure la Libia, la Siria e l’Iraq; l’epicentro è proprio lo Stato Islamico proclamato dall’ISIS che ha trasformato il terrorismo in un movimento politico totalitario in una fase di impressionante espansione.

La Libia è il più recente obiettivo dei “tagliagole” dell’ISIS dopo la dissennata guerra voluta dalla Francia che ha disarcionato Gheddafi ma non lo ha sostituito con alcunché; questa è la ragione per cui il “refrain” della Lega di costituire qui delle “eclaves” per ospitale gli immigrati e impedire loro di approdare sulle nostre coste, è semplicemente un argomento propagandistico privo di qualsiasi possibilità di realizzazione.

Per troppo tempo il radicalismo islamico è stato considerato un fenomeno di origine religiosa

(l’Islam contempla la Jiiad, la guerra santa) ma gli avvenimenti più recenti dimostrano che siamo di fronte ad un fatto politico; la dimensione religiosa è solo esteriore, l’Islam viene strumentalizzato per fini politici; la religione di Allah è stata privata della sua trascendenza e ridotta alla libera ma meccanica osservanza di un libro: il Corano.

Domenico Quirico fa alcune pertinenti osservazioni:sul radicalismo islamico: “Il ribelle si è trasformato in omicida, la politica in delinquenza, la religione in una grande fabbrica di sterminio, la legge è diventata la regola di un gioco sudicio, la libertà fuggevolmente conquistata si è convertita in prigione. Ogni ideale sembra insanguinato dalla cruda realtà della violenza e della distruzione”.

L’Islamismo, sradicato da Dio, è in mutamento continuo; ogni generazione è scavalcata da una successiva più radicale.

Il fenomeno non riguarda soltanto il mondo arabo ma anche molti Paesi europei da cui partono migliaia di giovani per fare la guerra. Inoltre molti attentati terroristici che hanno insanguinato il nostro Continente non sono stati concepiti fuori ma dentro le nostre società.

Serve uno sforzo di comprensione perché il terrorismo islamico non solo minaccia le nostre democrazie ma corrompe l’anima di molti giovani nel vuoto dei valori che si è prodotto in Occidente sotto l’influenza nefasta del neoliberismo e del consumismo.

Il reclutamento dei giovani funziona soprattutto per il vuoto affettivo che separa le persone e rende le società più fragili. Anche le donne, musulmane o convertite, partecipano alla Jiad; si pensava che rispetto al trattamento inumano loro riservato nei Paesi dove vige la Sharia, esse fossero immuni dal contagio e invece un numero ragguardevole milita sotto le bandiere dell’ISIS e partecipa alle efferatezze perpetrate, non solo verso gli appartenenti ad altre religioni ma anche nei confronti dei musulmani che non si adeguano al terrorismo e alla violenza. È questo un dato rivelatore della natura del fenomeno: più massiccio e più profondo della radicalizzazione di singoli individui o del terrorismo tradizionale.

Non si deve pensare che sia soltanto la povertà, l’arretratezza del mondo arabo, il sottosviluppo e la mancata partecipazione di molti giovani al banchetto consumista ad aver determinato questa situazione; non possiamo spiegare la “conversione” di tanti giovani solo sul piano economico ma nella mancanza di ideali, nella carenza di relazioni affettive, nella inadeguatezza dei processi educativi.

Certo, l’ ISIS è una potenza militare che ha occupato vasti spazi in Asia minore e in Africa e che meriterebbe una risposta da parte dell’Occidente, il quale è invece unicamente preoccupato di questioni interne o, al massimo, regionali come quelle della Grecia o dell’Ucraina. e manca invece di una visione globale planetaria con una priorità dei problemi. Ma è anche qualcosa di più. Non solo una ideologia della morte ma un “virus” mortale come il nazismo che fa appello ai sentimenti più bassi ed estremi dell’animo umano, ma anche all’inesperienza, all’ignoranza, alla mancanza di senso critico da parte di molti giovani, anche istruiti. Occorre inoltre riflettere sull’influenza profonda, nel bene e nel male, dei nuovi “media”: nel “web” si trova di tutto e non necessariamente il “vero” e il “buono”.

È già accaduto negli anni Trenta quando gli eserciti della croce uncinata marciavano su popoli inermi e delitti e misfatti si sommavano protetti dal silenzio e dalla indifferenza. Anche allora le persone erano distratte, le menti ottuse: dopo il crollo di Wall Street, si pensava all’economia, alla crisi della banche, alla stabilità delle monete; non c’era attenzione per la realtà e per l’incombente pericolo.

Più che di “prediche”, di spiegazioni razionali, servono esempi di uomini che, soprattutto in politica, diano l’esempio di un vero ideale umano perseguito con coerenza e con disinteresse, senza preoccuparsi troppo del consenso popolare.

I populismi infatti, con la loro semplificazione dei problemi, con l’incapacità di giudizio, con il voler ridurre tutto a facili “slogan”, con il porre continuamente l’accento sui diritti, trascurando i doveri, contribuiscono non poco al deragliamento della nostra democrazia verso forme di razzismo e di violenza; un terreno fertile per i profeti di tutte le avventure.

La violenza sta rinchiudendo le classi popolari in un ghetto; non sono più le masse a guidare la Storia, come sosteneva Marx, ma i grandi “leader”. Purtroppo, non se ne vedono molti in giro.

Come ai tempi del nazifascismo bisogna lanciare l’allarme di fronte ad un nuovo totalitarismo della morte che, se dovesse vincere, annullerebbe due secoli di progresso degli uomini verso la libertà e la democrazia.

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