Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Società

CONGEDO RICONOSCENTE DALLA VITA

FELICE MAGNANI - 04/03/2016

Paolo-VIIl tema della morte, come quello della vita, ha sempre affascinato l’uomo: l’uomo delle virtù intellettuali come l’uomo della vita materiale, quella vissuta al di fuori degli interrogativi filosofici e teologici, tutto preso dalla condizione dello spazio e del tempo. Si tratta di un tema avvolto dal fascino del mistero, che ha sempre sollecitato l’impulso investigativo della natura umana, soprattutto in quella parte della vita in cui è più facile soffermarsi a riflettere sulle grandi tematiche esistenziali.

Rileggendo le pagine del libro di Giselda Adornato, Paolo VI Il coraggio della modernità, edizioni San Paolo, ho estrapolato alcuni passaggi in cui il grande papa lombardo ferma la sua attenzione sul PENSIERO ALLA MORTE. “…Ma in ogni modo, sembra che il congedo debba esprimersi in un grande e semplice atto di riconoscenza, anzi di gratitudine: questa vita mortale è, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno d’essere cantato in gaudio e in gloria: la vita, la vita dell’uomo! Né meno degno d’esaltazione e di felice stupore è il quadro che circonda la vita dell’uomo: questo mondo immenso, misterioso, magnifico, questo universo dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bellezze, dalle mille profondità.

È un panorama incantevole. Pare prodigalità senza misura. Assale, a questo sguardo quasi retrospettivo, il rammarico di non aver osservato quanto meritavano le meraviglie della natura, le ricchezze sorprendenti del macrocosmo e del microcosmo. Perché non ho studiato abbastanza, esplorato, ammirato la stanza nella quale si svolge? Quale imperdonabile distrazione, quale riprovevole superficialità! Tuttavia, almeno in extremis, si deve riconoscere che quel mondo, qui per Ipsum factus est, che è stato fatto per mezzo di Lui, è stupendo. Ti saluto e ti celebro all’ultimo istante, sì, con immensa ammirazione; e, come si diceva, con gratitudine: tutto è dono; dietro la vita, dietro la natura, l’universo, sta la Sapienza; e poi, lo dirò in questo commiato luminoso, (Tu ce lo hai rivelato, o Cristo Signore) sta l’Amore!…”.

Leggendo queste parole incontriamo l’umanissimo e straordinario stupore di un Montini che invita ad abbracciare e ad amare la misteriosa bellezza dell’universo. È l’invito gioioso di un’anima riconoscente, innamorata dei doni che ha ricevuto, che libera il suo spirito per glorificare il Creatore. È un cuore che ha mantenuto intatta la sua purezza, la generosità, la voglia di stupirsi e di stupirsi ancora. Sono parole le sue che arrivano con la dolcissima musicalità della poesia e inducono a riflettere sul tempo che passa in fretta, sulla superficialità della natura umana, sul panorama incantevole della vita, sulle meraviglie naturali elargite a larghe mani dalla sapienza divina. È il pastore che anima, che scuote, che canta le sue lodi, che ringrazia e si rammarica forse di non aver osservato e goduto appieno l’immensa espressione umana della generosità divina, ma che esprime fino in fondo la sua fedeltà alla Chiesa di Roma e all’amore di Cristo.

Sempre nel PENSIERO DELLA MORTE, dal libro della Adornato, leggiamo: “…Ma ora, in questo tramonto rivelatore un altro pensiero, oltre a quello dell’ultima luce vespertina, presagio dell’eterna aurora, occupa il mio spirito: ed è l’ansia di profittare dell’undicesima ora, la fretta di fare qualche cosa d’importante prima che sia troppo tardi. Come riparare le azioni mal fatte, come ricuperare il tempo perduto, come afferrare in quest’ultima possibilità di scelta l’unum necessarium?, la sola cosa necessaria?…”.

Le preoccupazioni di Giovanni Battista Montini sono le preoccupazioni dell’uomo che vuole arrivare in gratia domini davanti a Dio. Preoccupazioni che hanno caratterizzato tutta la sua vita e in virtù delle quali si è messo in discussione con spirito critico, cercando ad ogni passo una risposta razionale. È la vita che gli passa davanti, una vita fatta di doni straordinari, ma anche di drammi, di momenti in cui il dubbio e le incertezze galleggiano come ombre sul bordo della coscienza. Responsabilità, decisioni, autorità, imposizioni, disciplina, tutto ciò che ha caratterizzato il sistema delle relazioni umane all’interno del suo magistero diventano motivo di riflessione. Continua così la sua confessione: “…Qui affiora alla mente la povera storia della mia vita, intessuta, per un verso, dall’ordito di singolari e innumerevoli benefici, derivanti da un’ineffabile bontà (è questa che, spero, potrò un giorno vedere ed in eterno cantare; e, per l’altro, attraversata da una trama di misere azioni, che si preferirebbe non ricordare, tanto sono manchevoli, imperfette, sbagliate, insipienti, ridicole. Tu scis insipientiam meam. Dio, Tu conosci la mia stoltezza (Ps. 68,6). Povera vita stentata, gretta meschina, tanto tanto bisognosa di pazienza, di riparazione, d’infinita misericordia.

Sempre mi pare suprema la sintesi di s. Agostino: miseria et misericordia. Miseria mia, misericordia di Dio. Ch’io possa almeno ora onorare. Chi Tu sei, il Dio d’infinita bontà, invocando, accettando, celebrando la Tua dolcissima misericordia…”. “…Prego pertanto il Signore che mi dia la grazia di fare della mia prossima morte dono d’amore alla chiesa. Potrei dire che sempre l’ho amata; fu il suo amore che mi trasse fuori dal mio gretto e selvatico egoismo e mi avviò al suo servizio; e che per essa, non per altro, mi pare d’aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse; e che io avessi la forza di dirglielo, come una confidenza del cuore, che solo all’estremo momento della vita si ha il coraggio di fare…”.

Paolo VI confessa se stesso e contemporaneamente insegna all’umanità a fare tesoro del tempo che passa, a non trascurare nulla, a dare un senso vero, bello e profondo alla vita, senza mai dimenticare che la vita è il dono più grande che l’uomo abbia ricevuto. È il suo amore per la vita che dà grandezza a quest’uomo diventato papa, è il suo credere all’amore di Dio, quel suo essere vivo e presente nella condizione umana. La forza morale di Montini è soprattutto nel suo riconoscersi bisognoso di infinita misericordia. È la sua umanità che ce lo fa amare, il suo sentirsi fragile e umile, il suo percuotersi l’animo per ristabilire un’armonia, il suo sentirsi bisognoso di essere capito e perdonato. Contraddizione? Paura? Solo forse il desiderio di poter meritare quell’amore totale che è stato ispirazione e vocazione di una vita.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login