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Cultura

CORRUZIONE IERI E OGGI

SERGIO REDAELLI - 11/03/2016

Carlo Porta ritratto da Giuseppe Bossi

Carlo Porta ritratto da Giuseppe Bossi

Di amministratori corrotti, funzionari infedeli, profittatori dell’attività politica e avvoltoi che spolpano la macchina pubblica le cronache sono piene e il trascorrere del tempo non insegna nulla. E’ la stessa storia che si ripete in ogni epoca: gente che spende e spande e fa la bella vita e poi beccata con le mani in pasta ripete il ritornello “io non so niente, sono innocente”. Accade oggi come ai tempi di Carlo Porta, duecento anni fa, con l’unica differenza che allora la pubblica amministrazione era in mano ai francesi (a dimostrazione del fatto che in fondo tutto il mondo è paese).

Nel corso della sua breve vita (morì il 5 gennaio 1821 a quarantasei anni) il poeta dialettale milanese sognava una società onesta e senza ingiustizie, capace di assicurare la pace ai cittadini e la libera circolazione delle idee; tanto che le sue rime ebbero le lodi d’illustri contemporanei come Ugo Foscolo, Stendhal e Alessandro Manzoni. In un sonetto composto nel 1812 trasse lo spunto dallo scandalo suscitato a Milano da una festa in casa del tesoriere Casiraghi a spese delle casse pubbliche, a cui partecipò il ministro Prina, per satireggiare il malcostume dilagante. Sembra scritta oggi:

Quand vedessev on pubblegh funzionari
a scialalla coj fiocch senza vergogna,
disii pur che l’è segn ch’oltra el salari
el spend lu del fatt sò quell che bisogna.
 
Quand savessev del franch che all’incontrari
nol gh’ha del sò che i ball ch’el ne bologna,
allora senza nanch vess temerari
disii ch’el gratta, senza avegh la rogna.
 
Quand intrattant ch’el gratta allegrament
vedessev che i soeu capp riden e tasen,
disii pur che l’è segn che san nient.
 
Ma quand poeù ve sentissev quaj ribrezz
perché a dì che san nient l’è on dagh dell’asen,
giustemela e disii che fan a mezz.
 

Traduzione per chi non è lombardo:

Quando vi capitasse di vedere un pubblico funzionario
scialare coi fiocchi senza vergogna,
dite pure che ciò significa che oltre al salario
egli spende in proprio quel che è necessario.
 
Quando sapeste di sicuro che al contrario
egli non ha di suo altro che le balle che ci sbologna,
allora senza nemmeno essere temerari
dite che gratta, senza avere la rogna.
 
Quando, mentre egli gratta allegramente,
vedeste che i suoi capi ridono e tacciono,
dite pure che ciò significa che non sanno niente.
 
Ma quando voi sentiste qualche ribrezzo
perché dire che non sanno niente equivale a dar loro dell’asino
aggiustiamola, e dite che fanno metà ciascuno.
 
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