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Attualità

PRIMA IL COMUNE POI I VOLONTARI

CESARE CHIERICATI - 09/09/2016

Amianto ed altri rifiuti nella valle della Bevera

Amianto ed altri rifiuti nella valle della Bevera

L’estate 2016 può essere archiviata sul piano cittadino e provinciale come quella dei rifiuti abbandonati. Un po’ ovunque come hanno diligentemente registrato i media locali: nei centri storici come nelle periferie, lungo le provinciali, le statali, le autostrade e le ciclabili, quasi le alte temperature estive avessero ulteriormente esasperato il vezzo, molto latino, che a contare e dunque a meritare rispetto siano solo i luoghi privati, cioè quelli a noi prossimi e non quelli pubblici dove è lecito e quasi auspicabile trasgredire, imbrattare, sconciare. Tanto prima o poi qualcuno interverrà e se nessuno lo farà pazienza, che sarà mai una mini discarica in più o in meno? È ovviamente una questione che riguarda, sia pure con le dovute distinzioni territoriali, tutto il Bel Paese e che interroga direttamente i sempre più declinanti livelli educativi della popolazione.

Neppure nelle città che offrono moderne opportunità di smaltimento, come Varese, il fenomeno si riduce in maniera significativa. Invece di fissare un appuntamento con Aspem per disfarsi di un divano sfondato o di una vecchia radio in disuso si preferisce notte tempo piazzarle all’angolo di una strada o vicino a un cestino porta rifiuti. Peraltro nella certezza quasi matematica di non venir mai pizzicati sul fatto e adeguatamente sanzionati come prevede l’estesa “normativa nazionale in materia”. Addirittura, vista l’indubbia ingegnosità italica nel trasgredire, non ci si dovrebbe stupire se prima o poi si scoprisse che, anche dietro lo smaltimento illegale fai da te, siano cresciute nuove figure professionali urbane premafiose, ovvero confezionatori e collocatori di rifiuti domestici per conto terzi dietro compenso. Un’indagine in questa direzione potrebbe magari riservare qualche sorpresa e meglio orientare l’opera di prevenzione a carico dei pubblici poteri che spesso, anche se sollecitati prontamente, si muovono nelle azioni di contrasto con lentezza o fanno orecchie da mercante.

Con l’abituale verve lo ha fatto notare sulla Prealpina di mercoledì 31 agosto Ambrogio Vaghi raccontando come sia abbastanza semplice fare diretta esperienza nei pubblici uffici “di telefoni che suonano a lungo a vuoto e nei casi migliori un impiegato che dichiara la sua incompetenza e ti suggerisce un altro settore … fino alla noia e alla resa del buon cittadino”.

Nei soli primi due mesi di vita, tagliati però dalle ferie estive, dai nuovi inquilini di Palazzo Estense qualche segnale incoraggiante in tema di degrado sta arrivando. Sopralluoghi nei punti più critici della città, inventario delle situazioni sempre più a rischio nell’area delle stazioni, ripulitura di Piazza Repubblica, presa d’atto dello stato comatoso pluridecennale della pubblica illuminazione autorizzano un certo ottimismo. Niente di eccezionale sia chiaro ma finalmente una serie di interventi che dovrebbero far parte della normalità manutentiva di una città come Varese troppo penalizzata dall’accidia, almeno trentennale, dei precedenti governi locali.

Del resto per avere una città ben tenuta i varesini pagano fior di tasse e dunque la nuova giunta deve fare di tutto e di più per rimuovere la ruggine dagli uffici e ridare smalto alla macchina comunale, cominciando proprio dal decoro urbano. Suona dunque quanto meno fuori tempo l’appello dell’assessore al verde pubblico Dino De Simone a dar vita a manipoli di volontari che assumano in proprio la responsabilità manutentiva delle strade cittadine in collaborazione con Aspem. No, il Comune deve prima dimostrare, con i mezzi e le forze di cui dispone, di essere all’altezza del mandato ricevuto dagli elettori e solo in un secondo tempo potrà far ricorso, se necessario, a una sorta di volontariato istituzionalizzato. Fermo restando, è ovvio, l’incondizionato apprezzamento per quanti si danno da fare in difesa del territorio con Legambiente, con altre associazioni o individualmente.

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