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Editoriale

SNODO

GIUSEPPE ADAMOLI - 09/12/2016

mattarellaMatassa molto complicata da sbrogliare per il presidente Mattarella. Dal punto di vista istituzionale siamo tornati a prima della rielezione di Giorgio Napolitano nel 2013, a prima del mandato delle Camere al governo per la revisione della Costituzione (29 maggio di quell’anno), a prima delle sei approvazioni in Parlamento della riforma e speriamo di non tornare alla Prima Repubblica.

Intanto ci terremo l’enorme spreco di efficienza di Camera e Senato con identiche funzioni, non cambierà la sovrapposizione delle competenze Stato-Regioni, conserveremo un ente inutile come il Cnel e, il cielo non voglia, potrebbero tornare le Province elette dai cittadini formando ancora un’altra rigonfia classe politica fra Comuni e Regioni sotto la spinta soprattutto del centrosud. Per quanto tempo? Una generazione, c’è da temere. Quelli del No che s’impegnavano ad un’intesa rapida per una nuova riforma si sono dileguati come neve al sole.

Errori da parte di Renzi e del fronte a favore della riforma? Certamente. Inesatto dire che gli elettori non hanno capito. La responsabilità è sempre di chi aveva l’onere della prova. Ma certamente hanno pesato (oltre alla polemica politica feroce e in parte irresponsabile) fattori che con la riforma nulla avevano a che fare: le difficoltà del ceto medio, il disagio sociale, la paura dell’immigrazione. Di tutto ciò che non va, i cittadini danno la colpa solo alla classe politica che si trova al momento al governo ignorando la situazione preesistente. Ma è così e bisogna prenderne atto.

C’è anche dell’antipolitica in tutto questo? Si, ma attenzione, solo in parte quando al voto si reca il 70% degli aventi diritto. Semmai non si è riusciti a spiegare bene che le Istituzioni troppo vecchie sono un cancro. Che il buon governo si appoggia sempre su due pilastri: la qualità della classe dirigente e la qualità delle Istituzioni. Che con la legge è possibile intervenire solo sulle Istituzioni che possono però aiutare a migliorare la politica togliendo tutti gli alibi a chi non è adeguato.

Renzi paga anche la crisi della sinistra europea nella quale ha cercato di apportare forti elementi di innovazione: l’UE ha bisogno di una sterzata per salvare sé stessa e continuare la sua missione di pace e progresso; la crescita economica e l’occupazione sono le priorità; i fenomeni epocali dell’immigrazione vanno affrontati insieme; occorre una sola politica estera.

Perché il rischio del ritorno alla Prima Repubblica? Perché la Seconda si è fondata sulla caduta del sistema politico crollato, ma dal punto di vista strutturale non ha mai operato un profondo adeguamento delle regole fondamentali ma solo una riforma in parte maggioritaria del sistema elettorale. Ebbene il rischio di cancellare questo orientamento è reale. Inutile precorrere i tempi ma se l’attuale maggioranza si allargherà con chi lo farà? Con Berlusconi molto probabilmente, il quale vorrà il proporzionale che sarebbe la polizza di assicurazione per il suo malfermo partito contro l’OPA di Salvini, cioè la destra lepenista.

Giustissime, inevitabili e tempestive le dimissioni di Renzi. Rischiosa la ricerca di una rivincita elettorale immediata senza prima avere chiarezza sulle leggi elettorali (la Consulta deciderà sull’Italicum il 24 gennaio) Necessario piuttosto tenere il congresso del Pd alla scadenza naturale del 2017 semmai anticipandolo leggermente. Dire che si tratterebbe di un evento autoreferenziale quando votano milioni di cittadini è una inaudita stramberia di chi ha paura dell’esito.

In ballo la scelta fra una democrazia dell’alternanza e del governo stabile ed efficace e una democrazia consociativa con conseguente esecutivo imbrigliato e debole. Sono nettamente per la prima ipotesi.

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