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Zic & Zac

TRA I SILENZI STORICI

MARCO ZACCHERA - 03/02/2017

lineaRicordate Dino Buzzati e il suo “Il deserto dei tartari” ? In Italia quell’atmosfera fantastica in attesa di un nemico che non arrivava mai si può ancora rivivere camminando tra i silenzi della “Linea Cadorna”, il grandioso e mai utilizzato approntamento difensivo costruito ai confini con la Svizzera sui contrafforti delle Prealpi prima e durante la Grande Guerra e che fu ultimato giusto un secolo fa.

Un confine che dal punto di vista geografico e militare era ed è una incongruenza visto che il confine naturale dell’Italia ingloberebbe anche tutto il Canton Ticino e il confine dovrebbe correre sulla creste alpine, ma da secoli il confine italo-elvetico passa invece attraverso Chiasso, il varesotto fino alle rive del Lago Maggiore e quindi le Prealpi rappresentano un incudine in territorio italiano arrivando a pochi chilometri da Milano.

Una direttrice di invasione teoricamente facile da superare se il nemico austriaco avesse violato un secolo fa la neutralità svizzera e preso così alle spalle l’esercito italiano schierato sui fronti del Trentino e della Venezia Giulia.

Già con la nascita del Regno d’Italia e l’unificazione della penisola si era posto il problema di difendere questo confine ma il progetto di una linea difensiva fissa rimase sulla carta anche perché appariva improbabile una violazione austriaca del territorio svizzero e poco reale un eventuale attacco tedesco, anche in base agli accordi diplomatici con Germania e Austria-Ungheria consacrati con la Triplice Alleanza.

I problemi tornarono a porsi nel 1911 quando l’Italia cominciò a progettare l’ipotesi di abbandonare la “Triplice” per schierarsi con le forse dell’ “Intesa” e il 18 aprile 1911 lo Stato Maggiore affidò i lavori di una progettazione generale alla Direzione Lavori Genio Militare Milano, che si preoccupò inizialmente di allestire delle prime linee di difesa allo sbocco della Valtellina.

Quando nel 1915 iniziò la Grande Guerra e il Regno d’Italia uscì dalla neutralità per dichiararla all’ex alleato austro-ungarico la possibilità di invasione assunse ben altri aspetti e pericolosità tanto che nel settembre dello stesso anno il generale Carlo Porro sottolineò ufficialmente al Capo di Stato Maggiore generale Luigi Cadorna la concreta possibilità di un’invasione tedesca della Svizzera, una invasione che sarebbe potuta sfociare in un dilagare di truppe nemiche verso la Pianura Padana e direttamente raggiungere Milano, il Comasco e la Brianza, tutte aree fondamentali per le industrie belliche.

Senza tentennamenti e ben a conoscenza dei luoghi, il comandante in capo Luigi Cadorna decise quindi di riprendere un vecchio progetto del 1882 e con le opportune modifiche, ordinò di allestire una imponente linea fortificata estesa dalle valli ossolane fino al Trentino. Della linea difensiva – che presto assunse il nome convenzionale di “Linea Cadorna” – fecero così parte una lungo reticolo di strade, mulattiere, sentieri, trincee, postazioni d’artiglieria, osservatori, ospedali da campo, centri di comando e strutture logistiche, gallerie e fortezze, il tutto realizzato in quota dai 600 fino ad oltre 2000 metri. Furono mobilitate oltre 20.000 persone sotto il comando del genio militare e poiché mancavano gli uomini, chiamati al fronte, la manodopera impegnata fu soprattutto femminile. oltre a quella fornita coattivamente da prigionieri di guerra. Fondamentali nella progettazione e realizzazione dell’opera il colonnello del genio Luigi Michelini e l’allora capitano Cesare Chiodi che nel ventennio successivo divenne uno dei più noti urbanisti italiani.

Fu un lavoro titanico visti i mezzi e le difficoltà logistiche dell’epoca ma un anno dopo l’entrata in guerra dell’Italia erano state già realizzati 72 km di trincee, 88 postazioni di artiglierie di cui 11 in caverna, 25.000 metri quadrati di baraccamenti, 296 chilometri di strade e 398 chilometri di mulattiere, per un costo valutabile oggi in oltre 200 milioni di euro.

Per l’economia alpina delle zone interessate fu un grande ed insperato aiuto economico: le paghe erano discrete, ma soprattutto affluivano materiali e derrate alimentari per nutrire le lavoratrici con le loro famiglie, tutte mobilitate per portare a braccia i materiali nelle zone più impervie.

Da notare che i piani dello Stato Maggiore italiano prevedevano – in caso di invasione austriaca – di attraversare subito in contrattacco il confine tra Chiasso e Mendrisio per occupare le alture svizzere più facilmente difendibili.

Si pensava infatti che gli elvetici avrebbero subìto o accettato di fatto un’invasione (tedesca, più ancora che austriaca) permettendo un tacito attraversamento del loro territorio.

Le opere in caverna prevedevano così l’installazione di cannoni a lunga gittata e capaci di sparare da posizioni coperte fino a Melide (sul lago di Lugano) distruggendo il lungo ponte ferroviario e stradale già allora esistente, strategico per l’attraversamento del lago verso sud e con la possibilità di occupare anche il Monte Generoso, baluardo montuoso alle spalle di Lugano, e di qui contrastare l’eventuale avanzata nemica bloccando le diverse valli circostanti.

Temendo una scarsa disponibilità di truppe, gli sbarramenti furono costruiti lungo una linea più corta ed arretrata rispetto al confine, ma sfruttando l’orografia del territorio e incuneandosi lungo dorsali ed avvallamenti per permettere veloci contrattacchi.

Le fortificazioni della Linea Cadorna erano innovative rispetto ai metodi costruttivi del tempo: furono abbandonati i presidi isolati, vulnerabili ai grossi calibri, a favore di cupole corazzate in acciaio, opere campali semi-permanenti, postazioni per mortai, obici e cannoni soprattutto in caverna. Furono progettati nidi per mitragliatrice visto il largo utilizzo di questa nuova arma, ma realizzati in modo tale da assicurare un tiro coordinato in grado di battere aeree estese e proteggersi a vicenda.

Il 16 gennaio 1917 fu costituito il “Comando Occupazione Avanzata Frontiera Nord” (OAFN), stabilito a Varese a Villa Pfitzmajer, alle dipendenze dirette della 5ª Armata con sede a Varese e furono elaborati da quel comando piani di difesa e contrattacco.

Nei primi mesi del 1917 le opere erano infatti quasi totalmente ultimate, ma dovendo affrontare gravi problemi sul fronte orientale già a metà dello stesso anno parte delle artiglierie vennero trasferite in Veneto e il sistema fortificato passò quindi sotto il controllo di 6 battaglioni della Regia Guardia di Finanza.

Dopo la rotta di Caporetto anche questi 6 battaglioni furono inviati al fronte del Piave e la Linea Cadorna rimase così sguarnita fino alla fine del conflitto.

Il 10 gennaio 1919 l’OAFN fu sciolto per sempre e il sistema di fortificazioni abbandonato, restando però di pertinenza del demanio militare.

Alcuni forti furono occupati come ricovero dai partigiani durante la 2° guerra mondiale e vi fu anche qualche scontro, poi sulla “linea Cadorna” scese definitivamente l’oblio.

Oggi le montagne che un secolo fa erano spoglie sono nuovamente coperte di boschi, ma quelle opere sono ancora lì, quasi ad aspettare quell’ invasione che non ebbe mai luogo.

A un secolo di distanza alcune trincee sono arrivate fino a noi in buone condizioni come quelle di Ornavasso (Verbania) all’ingresso della Valdossola, l’osservatorio del Morissolo sul Lago Maggiore, le fortificazioni di Cassano Valcuvia (dove è stato allestito un museo ben documentato) e del monte Marzio in provincia di Varese. Si possono così ancora attraversare camminamenti, trincee e postazioni di artiglieria godendo a volte di meravigliosi punti panoramici là dove un osservatorio o una trincea sboccava in un punto dominante.

Qua e là – come nella zona di Ornavasso – le opere sono state restaurate e riportate quasi alla loro condizione originaria, singolare esempio di architettura militare moderna e ricollocando anche batterie di cannoni storici che rendono perfettamente l’idea di quell’ attesa inutile e silenziosa, quasi fosse appunto un improbabile fronte da “Deserto dei tartari”.

Oggetto di visite da parte di appassionati di trekking (per ironia della sorte oggi quasi tutti turisti tedeschi) quelle trincee restano così un muto omaggio ai sacrifici di quella guerra che mai le vide coinvolte e al lavoro faticoso ma ormai dimenticato di migliaia di persone.

PER VISITARE I LUOGHI E SAPERNE DI PIÙ

Per la parte piemontese, Valli dell’Ossola e Lago Maggiore: www.distrettolaghi.it/it/luoghi/linea-cadorna, sono possibili visite in loco contattando www.associazionelineacadorna.it, info alc.lineacadorna@libero.it.

Per il settore di Varese, prealpi lombarde e Valcuvia: Centro Documentale di Cassano Valcuvia (dove è stato allestito un museo con sale espositive, reperti, pannelli e impianti audiovisivi). www.cheleomultimedia.it, info tel. 349.6649821.

L’area delle difese sul Lago di Como è ben dettagliata sul sito www.viagginellastoria.it che propone escursioni e visite con percorsi di varia lunghezza e difficoltà.

In occasione del centenario della prima guerra mondiale è stata allestita anche un interessante mostra sul sistema delle fortificazioni presso la sede dell’Archivio di Stato di Verbania, Via Cadorna 12 a Verbania Pallanza (tel. per info e visite guidate: 0323-501403)

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